Gli ETF? Ora piacciono anche a distributori e pubblico retail

Sagone
Giorgio Fata

Gli ETF continuano la loro evoluzione. Con l’arrivo di MiFID II il 2018 potrebbe essere l’anno giusto per una maggiore diffusione di questo segmento di prodotti anche da parte dei clienti retail, attraverso reti di distribuzione e piattaforme online. Se infatti il mercato europeo degli ETF, così come quello italiano, è ancora dominato dai clienti istituzionali, che rappresentano circa l’80% (negli USA la proporzione tra clienti istituzionali e retail è più equilibrata), l’incentivo normativo allo sviluppo di soluzioni più trasparenti ed a costo contenuto, come quella di MiFID II, rappresenta di certo un utile punto di partenza per diffondere l’utilizzo degli ETF anche al pubblico retail. Ne è convinto Vincenzo Sagone, head of ETF, indexing & smart beta business unit in Amundi SGR che afferma come “anche dal punto di vista dei distributori, e non solo dei clienti, gli ETF stanno iniziando a rappresentare una valida alternativa rispetto ad altre soluzioni finanziarie: i distributori infatti devono sforzarsi di modificare il proprio business model, prendendo in considerazione il nuovo contesto normativo, la competizione da parte di nuovi canali di distribuzione e, chiaramente, il contesto di mercato. Gli ETF rispondono all’aumentata esigenza standardizzazione e di trasparenza che ne deriva”, spiega l’esperto.

Senza contare lo sviluppo della gamma degli ETF disponibili in Europa. “Penso ad esempio agli ETF obbligazionari, la cui varietà è nettamente aumentata negli ultimi due anni, facilitando l’accesso dei clienti retail a mercati altrimenti difficilmente accessibili”, continua il manager. “Si tratta di un processo in continuo divenire, basato sullo studio delle esigenze dei clienti e sullo sviluppo delle soluzioni più adatte, senza per questo rinunciare al giusto livello di liquidità ed alla competitività di costo. Il mercato europeo degli ETF è più giovane di quello americano, ma è un mercato in pieno  sviluppo da più punti di vista, quali l’innovazione di prodotto e la diffusione di nuovi canali di accesso per la clientela retail”.

Cambio di tendenza nella richiesta dei clienti

Date le loro caratteristiche di prezzi bassi e liquidità, con gli ETF sarà più facile anche affrontare le prossime sfide, come l’aumento della volatilità, l’innalzamento dei tassi e i rischi politici che impongono una rapida rotazione di portafoglio, evitando la ricerca dei titoli. Un trend che sembra affermarsi anche in Italia. Secondo il responsabile ETF di Amundi infatti c’è un cambio di tendenza nella richiesta dei clienti: da una performance potenziale ad un maggiore controllo del rischio: “se in precedenza il cliente era particolarmente orientato verso la ricerca delle performance potenziale, assistiamo ora ad una più marcata ricerca di controllo del rischio, che non vada però a detrimento della performance stessa. Tale cambio di approccio è dovuto a diversi fattori : esigenze normative, per esempio per i clienti appartenenti all’ambito assicurativo (Solvency II). Dall’altra parte, il ricordo della crisi finanziaria e del debito sovrano ha reso gli investitori molto più prudenti. Infine, l’attuale contesto macroeconomico ha contribuito a modificare le scelte degli investitori: i bassi rendimenti obbligazionari hanno spinto gli investitori verso le azioni, ma con l’esigenza di controllare la volatilità del portafoglio. Tutti questi fattori concorrono verso uno spostamento delle preferenze degli investitori verso soluzioni orientate alla gestione del rischio, a cui Amundi è in grado di rispondere attraverso la propria gamma smart beta”.

Più smart beta ed ETF obbligazionari

A riguardo la società nel corso dell’ultimo anno ha sviluppato ulteriormente le proprie soluzioni smart beta, “con un approccio olistico che include gestione sia attiva che passiva”, sottolinea Sagone. Amundi gestisce infatti più di 20 miliardi di euro in soluzioni smart beta, anche grazie all’esperienza decennale, avendo lanciato il primo fondo min var nel 2007. “La nostra gamma si compone di due famiglie”, spiega l’esperto: “la prima si basa su un’efficiente gestione del rischio. Questa comprende soluzioni di tipo 'minimum variance', che hanno l’obiettivo di costruire portafogli che abbiano un basso livello di volatilità, e quindi di rischio, ed una buona diversificazione dei rischi. La seconda famiglia invece è costituita dalla strategie fattoriali, che sono volte a catturare i premi al rischio legati a diversi fattori. In questo ambito abbiamo recentemente lanciato soluzioni proprietarie basate su in intenso lavoro di ricerca interno. A queste - continua Sagone - si aggiunge la capacità di customizzare la nostra offerta  ritagliandola su misura in funzione delle esigenze del cliente specifico. Tale capacità comprende l’inclusione, ad esempio, di criteri ESG o l’analisi di portafogli esistenti per identificarne l’esposizione a determinati fattori e correggerne le distorsioni”.

Altro trend da non sottovalutare riguarda la richiesta da parte della clientela di sempre più ETF obbligazionari. “Abbiamo quindi lanciato, ad esempio, degli ETF su indici Global Aggregate, per consentire un’esposizione quanto più  diversificata alle obbligazioni investment grade, che prendono in conto diversi Paesi, settori, divise ed emittenti. Per coloro che hanno invece l’esigenza di affinare la propria esposizione, in un’ottica più tattica, abbiamo lanciato diversi ETF sulle obbligazioni corporate. I più interessanti nel contesto attuale sono certamente gli ETF sulle obbligazioni a tasso variabile, sia americane (con o senza copertura del rischio cambio) che europee, che consentono di proteggere il portafoglio dal rialzo dei tassi di interesse”, afferma il responsabile per l’Italia.

Per quanto riguarda la gestione passiva invece Amundi, oltre ad offrire una gamma completa di ETF mono e multi-fattoriali, ha lanciato a fine 2017 il primo ETF azionario europeo multi-fattoriale Market Neutral, che sta riscontrando un grande successo ed ha già raggiunto più di 600 milioni di masse in gestione.