Moneyfarm ha condotto un’indagine (coinvolgendo clienti e non) per comprendere le informazioni degli investitori sul documento reso obbligatorio da MiFID II. Il 62% delle donne han una conoscenza nulla o limitata (contro il 34% degli uomini).
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Gli investitori italiani conoscono soltanto in minima parte l’esistenza del documento “Rendiconto costi e oneri” legato ai propri investimenti finanziari e sancito dall’introduzione di MiFID II nel 2018. E le investitrici hanno ancora più carenze in tal senso. Non solo: nonostante le raccomandazioni di Consob in merito a una maggiore disclosure da parte delle società in tal senso, “il livello di coinvolgimento degli investitori sul tema resta minimo: oltre due terzi di quanti dichiarano di aver ricevuto il documento negli anni passati non ne hanno mai discusso con il proprio consulente, e la metà afferma di non aver mai ricevuto neanche una notifica proattiva della pubblicazione del Rendiconto o di averlo dovuto cercare nell’area riservata del proprio home banking”.
A riportare il dato è Moneyfarm, società di consulenza finanziaria digitale, che ha analizzato un campione di 1.329 investitori composto sia da clienti Moneyfarm (709) sia da non clienti (620), in collaborazione con Ascofind. Emergono cifre indicative della strada ancora lunga riguardo alla consapevolezza del risparmiatore in merito ai propri diritti.
Il profilo consapevole: “boomer” e con propensione al rischio elevata
Gli analisti notano come le competenze, anche finanziarie (il 60% dei rispondenti possiede una laurea, e un quarto in discipline economico-finanziarie) non siano sufficienti: il 35% dei clienti e il 48% dei non clienti ha una conoscenza nulla o limitata dell’esistenza di un documento chiamato “Rendiconto Costi e Oneri”, che stabilisce l’obbligo, per le banche e gli intermediari finanziari, di rendicontare tutti i costi e gli oneri effettivamente sostenuti dai clienti per i propri investimenti con una cadenza (almeno) annuale. E sono le clienti a far lievitare le cifre: il 62% delle donne contro il 34% degli uomini.
Altro dato interessante è relativo al profilo degli investitori più preparati, principalmente baby boomer (71%) “con propensione al rischio elevata (70,5%) e un patrimonio medio investito superiore ai 65 mila euro (63%).
Quando si entra nel dettaglio del documento, poi, le competenze calano. Circa metà del campione dichiara di aver ricevuto questo documento nel corso della propria esperienza di investitore, ma soltanto il 33% afferma di averlo letto. Soltano 30 intervistati su 100, poi sanno quali informazioni sono riportate nel rendiconto. Nel dettaglio dei clienti Moneyfarm le percentuali aumento: il 65% dichiara di averlo ricevuto e il 42% di averlo letto e compreso.
Le raccomandazioni Consob
A maggio 2020, Consob ha “formulato una serie di raccomandazioni per stimolare una migliore individuazione della disclosure dei vari costi e oneri all’interno del Rendiconto, e per facilitare la comprensione del significato delle singole voci elencate e della loro incidenza sulla performance totale, nonché la comparazione con i documenti ricevuti da altri intermediari”, commenta Andrea Rocchetti, global head of investment advisory di Moneyfarm. “In ottemperanza a queste disposizioni, l’industria del risparmio è chiamata a impegnarsi per rendere più chiaro il documento (anche attraverso un maggior utilizzo di tabelle, glossari, numeri riepilogativi) e per veicolare in maniera diretta il suo contenuto, senza diluirlo con altre informazioni che potrebbero risultare fuorvianti. L’obiettivo ultimo dovrebbe sempre essere aiutare chiunque, anche i non addetti ai lavori, ad avere una comprensione più immediata del tema”.
Soltanto il 3% sa che può richiedere il documento in forma analitica
Altri numeri sono indicativi di quanto poco sia centrale il tema lato investitori: quasi il 70% degli intervistati ignora o sa solo vagamente che gli intermediari sono tenuti per legge a inviare il Rendiconto entro il 30 aprile di ogni anno e “soltanto il 3% è a conoscenza della possibilità di richiedere il documento in forma analitica e ha effettivamente chiesto di visionare la versione dettagliata del Rendiconto, fondamentale per poter conoscere non soltanto il costo complessivo del proprio portafoglio, ma anche le potenziali inefficienze in termini di costo dei singoli strumenti nell’ambito della propria esposizione complessiva”, si legge nella nota inviata da Moneyfarm.
“Penso valga la pena mettere a confronto queste evidenze con quelle di altre indagini autorevoli effettuate nel mondo del risparmio su campioni simili per numero di rispondenti e prenderei come esempio l’ultimo Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane”, ha aggiunto Massimo Scolari, presidente di Ascofind che indica come in quel caso “il 66% degli intervistati dichiarava di non comprendere i costi sostenuti per investire, per la precisione il 42% rispondeva che non vi erano costi associati agli investimenti e il 24% rispondeva di non sapere. Il quadro dipinto da Consob è ancora più drammatico di questo perché si tratta di un campione più rappresentativo della popolazione italiana”.
“Nonostante siano trascorsi oltre sei anni dall’entrata in vigore della MiFID II, l’indagine di Moneyfarm mette in luce come vi sia ancora un ampio numero di investitori che non sa a che cosa ci si riferisca quando si parla di ‘Rendiconto Costi e Oneri’ e che magari crede che la consulenza prestata dalla propria banca o intermediario finanziario sia a titolo gratuito. Un fatto ancora più paradossale se si considera che in Italia il costo per gli investimenti è tra i più alti al mondo (Fonte: Morningstar, indagine Global Investor Experience, 2022)”, rimarca Rocchetti che sottolinea come istituzioni e operatori finanziari siano chiamati “a un’opera di rieducazione finanziaria, per aumentare la consapevolezza del pubblico retail circa i costi a cui si va incontro quando si sottoscrive un prodotto o un servizio finanziario. I costi – conclude – rappresentano infatti l’unica variabile certa di un investimento e solo avendo accesso a informazioni trasparenti in tempi utili è possibile prendere decisioni con cognizione di causa”.