Gli istituzionali fanno i conti con il nodo fiscalità (e guardano all’economia reale)

Il tema della fiscalità degli investitori istituzionali e le ricadute derivanti da una maggiore attenzione agli investimenti in economia reale hanno agito da filo conduttore dell’ampio approfondimento avviato da Itinerari Previdenziali in occasione del convegno di fine anno “Economia reale e incentivi fiscali: una via da riprendere” che si è tenuto ieri a Roma. L’ambito fiscale, in particolare, sconta una serie di criticità, come ha sottolineato Alberto Brambilla presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nell’introduzione ai lavori, in primis il dettaglio della cosiddetta “doppia tassazione” delle Casse privatizzate (al 26% sui rendimenti e la tassazione sulle prestazioni), che si configura come un “unicum in Europa”; poi quella del 26% sui rendimenti (al netto dei crediti d’imposta) per le Fondazioni di origine Bancaria e del 20% a cadenza annuale per i Fondi pensione. Un sistema fiscale che prevede, al contempo, una serie di agevolazioni come quella dell’esenzione fiscale per i redditi finanziari derivanti dagli investimenti “qualificati” (entro il limite del 10% del patrimonio) per Casse e Fondi Pensione e quella legata all’holding period di cinque anni per i PIR (tradizionali e alternativi, con le dovute differenze sui limiti di investimento).

Oltre al tema fiscale, Brambilla indica poi tre elementi che dovranno essere “tenuti in grande considerazione dal mondo degli investitori istituzionali” nei prossimi anni, ossia la ripresa dell’inflazione, la riduzione del Quantitative Easing già a partire dai primi mesi del 2022, e il ripristino del patto di stabilità (sospeso a causa della crisi pandemica).  Il presidente del centro studi sottolinea la “rischiosità” di questi tre fattori per l’Italia e per il mondo degli investitori istituzionali, soprattutto alla luce dell’elevato debito pubblico del nostro Paese (134,7% del PIL), finanziato in gran parte dal QE, a cui si sommano gli “enormi riflessi” determinati da un aumento dell’inflazione.  Inoltre, se dal 2023 venisse reintrodotto il patto di stabilità “si amplierebbero i problemi italiani con riflessi molto negativi anche sui flussi di finanziamento del PNRR”.

La “valanga” sostenibilità

Questi i rischi paventati, ma nello scenario che si prospetta bisogna tener conto anche dei cambiamenti in atto nella società, sempre più indirizzata verso la consapevolezza di investimenti che siano rispettosi dell’ambiente e del sociale. “Gli investitori istituzionali dovranno modificare la propria ottica e pensare a investimenti sempre più sostenibili”. Usa la metafora della palla di neve che diventa una valanga, Brambilla, e insiste sulla necessità di “prepararsi a metabolizzare questi temi e inserirli negli investimenti”.

Dagli alternativi agli ESG, dunque, indicando tre fenomeni all’attenzione del sistema: la transizione demografica e l’invecchiamento della popolazione (in atto non solo in Italia ma nel contesto internazionale); la sostenibilità ambientale; e la silver economy: “Le tre sfide che abbiamo davanti a partire dal prossimo anno e su cui ci dobbiamo misurare tutti: investitori istituzionali e fabbriche prodotto”.

Poche novità sulla fiscalità degli istituzionali

Il tema della fiscalità degli investitori istituzionali torna nell’intervento di Fabrizia Lapecorella direttrice generale delle Finanze del MEF, che sottolinea come non si riscontrino “novità stravolgenti sulle riflessioni in corso riguardanti la fiscalità degli istituzionali”. Al di là delle novità normative che hanno interessato in anni recenti le fondazioni di origine bancartia, Lapecorella riporta la presenza di un dibattito in sede parlamentare relativo alla fiscalità delle casse di previdenza “ma che non si è ancora tradotto in una presa di posizione da parte del governo”, mentre sui fondi pensione “una novità (non diretta) che potrebbe riaprire delle riflessioni sarebbe la ripartenza nel 2022 dei Piani pensionistici pan europei”.

Mentre in ottica di politiche fiscali si è sviluppata la riflessione di Domenico Fanizza, direttore esecutivo per Italia, Albania, Grecia, Malta, Portogallo e San Marino del  Fondo Monetario Internazionale. Fanizza ha esplorato il tema delle “risposte” che le politiche monetarie e fiscali devono dare al rischio inflazione. “Un fattore fondamentale”, osserva l’esperto “sarà la ‘credibilità’ delle politiche fiscali e monetarie messe in campo in particolare dalle economie sviluppate”.

Le richieste degli istituzionali alla politica

Uno scenario in evoluzione dunque, impattato dalla crisi pandemica anche in termini di risposte fornite dai decisori internazionali e dalla forte ancora per gli investimenti in economia reale gettata in sede europea con il NGEU, declinata, nel nostro Paese, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Tuttavia, sono ancora molte le domande (e le esigenze) del mondo della previdenza e del risparmio. Si sono fatti portatori di alcune di queste istanze i presidenti di altrettante istituzioni che, nell’ultimo appuntamento della mattinata di lavori, hanno dialogato con una rappresentanza parlamentare e governativa.

L’intervento di Valter Militi, presidente di Cassa Forense, ha seguito una serie di direttrici che hanno coinvolto, in prima battuta, le implicazioni connesse a due interventi normativi in particolare (il reddito di ultima istanza e l’esonero contributivo) che avrebbero mostrato l’assenza di dialogo tra politica e casse professionali; a questo si somma poi il tema legato alla mancata identificazione del professionista ‘disoccupato’ “non abbiamo il parametro del lavoro dipendente in cui l’elemento disoccupazione è visibile”, afferma Militi che porta poi ancora una volta l’attenzione sul tema della fiscalità e, infine, introduce quello dei controlli.

La fiscalità torna poi nel discorso di Giorgio Piazza, presidente della Fondazione Enpaia, che chiede alla politica “di equipararci almeno ai fondi pensione sul tema della tassazione”, con l’obiettivo di liberare risorse che poi le casse investono a livello italiano, e si riconnette al nodo dei controlli introdotto da Militi stressando sulla necessità di “controlli più efficaci e più facili da rendicontare”. Un ulteriore punto portato all’attenzione è quello della sostenibilità a cui si affiancano due nodi: infrastrutture e acqua. “Chiediamo alla politica un salto di qualità a livello di strutture – afferma Piazza –. Sfruttando la sinergia tra investitori e fondi del PNRR abbiamo l’opportunità di fare un salto di qualità che avrebbe degli effetti anche sul PIL del nostro Paese”.

“Il legislatore, quando agevola gli strumenti previdenziali con interventi fiscali semplici e chiari ottiene successo e interesse”, afferma Massimiliano Spadari, portando a supporto di questa affermazione i dati (positivi) degli aderenti a Fonchim, fondo di cui è presidente.  E per spingere la crescita del settore, secondo Spadari, un primo passo potrebbe essere la reintroduzione di un nuovo semestre di silenzio-assenso del TFR, mentre sul piano fiscale auspica un ripensamento della tassazione dei rendimenti attraverso una semplificazione. In particolare Spadari invita a riflettere su un dettaglio: “Oggi se un cittadino dovesse sottoscrivere un PIR otterrebbe agevolazioni fiscali consistenti sui rendimenti, lo stesso cittadino che virtuosamente ha una posizione in un fondo ottiene un trattamento fiscale non agevolato, diverso, penalizzante”.

Infine Francesco Di Ciommo, presidente del fondo pensione Previndai, spinge l’attenzione del legislatore due temi: da un lato la concorrenza “in alcuni casi poco opportuna” delle compagnie assicurative “che propongono prodotti alternativi a quelli dei fondi pensione con redimenti oggettivamente più bassi”, determinata anche dalla maggiore capacità di penetrazione del mercato di queste ultime. “Quindi il primo tema sono gli incentivi fiscali per i trattamenti previdenziali, che spingano i nostri iscritti a scegliere un fondo piuttosto che strumenti alternativi di mercato”. Il secondo tema è l’economia reale. Di Ciommo richiama come esempio gli investimenti in FIA effettuati dal fondo in tempi recenti (e previsti nei prossimi mesi)  e ricorda come quella che, anche di recente, la politica ha definito come una sorta di “miopia” degli istituzionali (ossia l’investimento dei risparmi degli italiani sui mercati internazionali) è una dinamica che “da quando la previdenza è stata parzialmente privatizzata, le istituzioni, a iniziare dal legislatore, non hanno cercato di frenare.  Invece – conclude Di Ciommo – noi abbiamo bisogno di interventi che spingano gli investimenti nel made in Italy: marchio ancora e assolutamente trainante nel mondo”.