Hedge Invest, nel breve termine meglio essere pazienti

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foto flickr: creative common

Si dice che la pazienza sia la virtù dei forti. In tempi difficili e travagliati, secondo la società di gestione Hedge Invest SGR, specializzata in fondi alternativi, gli investitori farebbero bene a tener a mente questo proverbio. Non è che proprio si debba rimanere inerti davanti alle continue oscillazioni del mercato e ai picchi di volatilità che preoccupano la finanza: in futuro questa crisi, dicono gli esperti di hedge in Italia, andrà a creare opportunità di investimento molto interessanti nel futuro. Nel breve però è meglio "essere pazienti e valutare attentamente l'entità e l'impatto della correzione in corso".

Un concetto che in particolare riguarda coloro che investono sui Paesi emergenti. "Negli ultimi 10 anni l'indebitamento in dollari delle società non bancarie è cresciuto da 1.000 a 3.000 miliardi di dollari, con una domanda di credito in dollari venuta prevalentemente dalla Cina, ma anche da gran parte degli altri emergenti", spiega  Erik Renander, gestore del fondo HI Africa Opportunities. "La fine delle politiche di quantitative easing della Federal Reserve ha causato un rafforzamento del dollaro che sta già impattando negativamente sui debitori dei Paesi emergenti, i quali stanno cercando di coprire la propria esposizione valutaria oppure di vendere attività per rimborsare i prestiti in dollari".

Tradotto: le valute locali si deprezzano, i tassi d'interesse aumentano, il valore delle attività finanziarie e immobiliari diminuisce. "Crediamo che la correzione sui Paesi emergenti possa continuare: sulle economie locali si stanno già vedendo i primi impatti negativi dei movimenti recenti delle valute, dei tassi e dei prezzi delle risorse naturali. Ci attendiamo un aumento della disoccupazione, una diminuzione degli utili aziendali e delle entrate fiscali dei Paesi e un aumento dei debiti incagliati nel settore bancario", continua il gestore di Hedge Invest.

Pazientare poi sarebbe meglio anche sul versante delle commodity. "La nostra visione rimane negativa", dice chiaro e tondo Erik Renander. "Ci attendiamo infatti un'ulteriore diminuzione della domanda da parte della Cina a fronte di un aumento previsto dell'offerta legato al completamento dei progetti minerari di lungo termine nei settori del ferro, del rame e del carbone. Questo squilibrio fra domanda e offerta è destinato a pesare negativamente sui prezzi delle risorse naturali per diversi anni a venire. Ad esempio, analizzando il mercato dell'acciaio, le società produttrici hanno operato espandendo il numero di miniere nell'aspettativa di un aumento della domanda cinese che difficilmente potrà verificarsi. Ci attendiamo quindi il proseguimento del bear market per il settore delle risorse naturali: vediamo un prezzo del ferro vicino a 40$ / tonnellata (oggi pari a 55$ circa) e un prezzo del rame sotto i 2$ (oggi circa 2,3$). Le società minerarie andranno incontro ad un periodo di grosse perdite e dovranno raccogliere capitali per essere solventi sul debito", conclude il gestore.