Sostenibilità idrica: Singapore è il leader mondiale ma la Cina lo sta raggiungendo velocemente. A parlarne è il Pictet-Water Advisory Board, comitato consultivo del fondo Blockbuster Pictet-Water.
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L’universo dell’acqua è un segmento che coinvolge diversi mercati, settori e regioni del mondo, con delle opportunità di investimento notevoli, in particolare nei Paesi emergenti. Un tema interessante di investimento è quindi la sostenibilità idrica. La potabilizzazione infatti rappresenta una risorsa, come specificano i membri del Pictet-Water Advisory Board (il comitato consultivo del fondo con rating Blockbuster Funds People 2017 Pictet-Water), il cui compito è quello di fornire pareri al team di investimento del fondo sulle più recenti tendenze e novità nel settore idrico.
Recentemente, gli esperti dell’Advisory Board hanno condotto una visita di ricerca in Singapore, città-stato che potenzialmente potrebbe fungere da esempio per altre regioni afflitte dalla carenza idrica. “La necessità aguzza l’ingegno. Essendo una piccola isola senza sorgenti, con riserve idriche limitate, una popolazione in rapida crescita e un’economia in espansione, non dovrebbe stupire che Singapore sia diventata un leader globale nella tecnologia di riciclo e conservazione dell’acqua. Un ulteriore motivo di impegno è dato dalla dipendenza da un singolo fornitore per l'importazione dell'acqua, la Malesia. Questo espone il Paese a tensioni diplomatiche. Di conseguenza, Singapore è determinata a raggiungere l’autosufficienza idrica entro il 2060, un anno prima che scada il trattato per l'importazione dell’acqua stipulato con la Malesia”, spiegano gli esperti di Pictet AM.
Dalle ricerche, è emerso che il successo di Singapore sia dovuto a diversi fattori. Di questi, la tecnologia è l’aspetto più facile da condividere con il resto del mondo. “Singapore potrebbe insegnare ad altri Paesi ad evitare le perdite idriche con i big data, o spiegare la sua iniziativa NEWater, che ripulisce le acque reflue e poi applica ulteriori processi di trattamento-microfiltrazione, osmosi inversa e disinfezione con ultravioletti. L’acqua resa disponibile grazie a questi processi è ampiamente utilizzata nell’industria ed è sufficientemente pulita da essere potabile. Ma il know-how tecnologico da solo non è sufficiente per alimentare una rivoluzione nel settore dell'acqua”, sostengono.
Occorrono, quindi, anche l’investimento di capitali e le modifiche nelle abitudini dei consumatori. E anche qui, secondo gli esperti, Singapore è al primo posto. “La città-stato non è solo uno dei principali centri di ricerca per la tecnologia idrica, ma attraverso l’istituzione di enti pubblici pionieri nel settore come la National Water Agency, PUB, ha anche garantito che la sicurezza e la conservazione dell’acqua siano saldamente al primo posto nell'agenda politica e legislativa”, affermano.
La Cina, il contendente
A detta dell’Advisory Board, solo Paesi con sfide esistenziali di pari difficoltà possono avere una motivazione sufficiente per seguire la strada di Singapore verso la leadership della sostenibilità idrica, e la Cina si distingue come contendente principale. “Vi abita il 20% della popolazione mondiale, ma solo il 7% dispone di acqua corrente. Le autorità si sono impegnate: solo nella prima metà del 2017, la Cina ha lanciato circa 8.000 progetti di pulizia dell'acqua, per un valore pari a 100 miliardi di dollari. Sono anche in corso iniziative per cambiare il comportamento pubblico, come le campagne educative nelle scuole, multe più elevate per chi inquina e la nomina di 200.000 ‘responsabili dei fiumi’ locali con la responsabilità personale per la qualità dell'acqua nelle loro aree. Con il sostegno - e il denaro - del governo, la tecnologia e l’innovazione non dovrebbero trovare grandi ostacoli. Le società idriche di Singapore sono in prima fila per sfruttare il nascente impegno di Pechino per la sostenibilità”, spiegano.
Un problema mondiale
Tuttavia, il problema dell'acqua non è limitato al mondo emergente. Diverse regioni degli Stati Uniti e dell’Australia, ad esempio, sono minacciate dalla siccità, mentre i Paesi Bassi sono a rischio inondazione. “A volte i Paesi sviluppati non hanno quella forte attenzione verso il problema dell'acqua dimostrata da Singapore e dalla Cina, ma beneficiano di un maggiore coinvolgimento del settore privato”, affermano gli esperti.
Nel complesso, le motivazioni a preservare le acque di superficie e quelle delle falde acquifere sono destinate a crescere: “I modelli di previsione della piovosità stanno cambiando, la popolazione mondiale sta crescendo e le risorse naturali di acqua corrente, di superficie o di falda, si stanno prosciugando. Senza un intervento, entro il 2030, ci sarà una disponibilità di acqua corrente inferiore del 40% rispetto a quella attuale. L’esempio di Singapore mostra che gran parte della tecnologia per un futuro sostenibile dell’acqua è già disponibile, e molto si sta facendo. Altri Paesi stanno adesso iniziando a identificare i rischi esistenziali posti dal problema dell'acqua e le opportunità economiche e commerciali rappresentate dalla sostenibilità. Con un forte impegno verso questa causa, la Cina e altri Paesi possono imparare dall'esempio di Singapore e partire da questo per creare sistemi idrici ancora più sostenibili”, concludono dall’Advisory Board.