Sebbene quasi tutte le asset class abbiano registrato rendimenti positivi, questo non significa che i gestori abbiano creato alpha.
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L’anno scorso, quasi tutte le asset class hanno registrato rendimenti positivi. Ma i gestori hanno soddisfatto le aspettative dei fund selector? Come ben sappiamo, la qualità di un gestore si misura nel raggiungere gli obiettivi di rendimento o di performance nel caso di un fondo a target e di sovraperformare un indice nel caso di un fondo a benchmark. Funds People ha chiesto ai fund selector se sono rimasti soddisfatti dei gestori di fondi nel corso del 2019.
“La risposta potrebbe essere scontata, ma in realtà dipende da cosa si intende per aspettative soddisfatte. Il 2019 è stato un anno caratterizzato da performance estremamente positive in tutte le asset class tradizionali e questo è dipeso molto al mutato atteggiamento delle Banche centrali (Federal Reserve a inizio anno e Banca centrale europea nel secondo semestre)”, spiega Marco Romani, head of investment advisor di CNP Partners. “La correlazione positiva, al ribasso nel 2018, tra i mercati equity e bond, è continuata anche nel corso del 2019 (ma al rialzo) e questo, assieme al fattore beta (al rischio sistematico ovvero il mercato), ha favorito la generazione di ritorni molto positivi su tutte le asset class direzionali indipendentemente dalla capacità di generare alpha. In sintesi, il 2019, contrariamente alle aspettative, si è rivelato un anno talmente straordinario per cui, paradossalmente, la creazione di alpha può essere risultata più complicata di quanto ci si potesse aspettare” aggiunge.
Secondo David Karni, responsabile portafogli d’investimento di BCC Risparmio&Previdenza, il 2018 e il 2019 sono stati due anni sintomatici per i gestori attivi di alcune asset class direzionali. “Le prime due che mi vengono in mente sono azionario giappone ed obbligazionario emergente. In entrambe le asset class possiamo notare come i gestori attivi abbiano sottoperformato durante il primo anno e sovraperformato nel secondo.
Se questo risultato è stato ovviamente esacerbato dall’effetto calendario a causa della forte inversione dei mercati avvenuta nell’ultima settimana del 2018, è pero chiaro il trend: i gestori attivi, in molti casi, o perlomeno in un mercato con un trend di fondo rialzista come è stato quello dal 2011 ad oggi, salvo brevi pause, devono creare un portafoglio con un beta superiore a 1 in modo tale da poter generare una sovraperformance rispetto all’indice che compensi il costo commissionale dei prodotti”, spiega. “Definito questo moral hazard di fondo di un gestore attivo è dunque ancora più importante andare a selezionare su asset class direzionali e a benchmark, gestori, la cui remunerazione sia focalizzata su obiettivi di lungo periodo, almeno 5 anni rolling, in modo tale da allineare l’interesse dei gestori con quello degli investitori”.
Gestione di portafoglio
Ad inizio dello scorso anno la scelta di allocazione delle Gestioni Patrimoniali di Banca Aletti aveva privilegiato un’impostazione dei portafogli semplice, in anticipazione di mercati finanziari in trend positivo: “in sintonia con questa decisione, nella selezione dei fondi si è provveduto a preferire strategie vanilla”, spiega Lorenzo Campori, Gestioni Patrimoniali di Banca Aletti (Gruppo Banco BPM). “In un anno in cui le performance sono state molto buone in termini assoluti, gli strumenti scelti ci hanno consentito di incrementare ulteriormente i risultati di gestione, in modo particolare con riferimento al debito societario e dei Paesi emergenti: il contributo di strategie obbligazionarie a breve termine con focus su elevati rendimenti a scadenza ha permesso di non dover pagare il prezzo dei tassi negativi dei titoli governativi con duration contenute in Eurozona. Le aspettative sono state pertanto ampiamente rispettate”.
Campori aggiunge: “sull’azionario è stato significativo il contributo in termini di alpha delle strategie europee selezionate, con un conseguente buon grado di soddisfazione; in America, area nella quale la generazione di extra-rendimenti è difficile a causa dell’elevata efficienza del mercato, sono stati invece impiegati strumenti Growth ad alta capitalizzazione, diversificando tuttavia il più possibile l’esposizione effettiva ai titoli sottostanti. In aggregato, la scelta di stile e la selezione degli strumenti ha contribuito al raggiungimento di rendimenti relativi significativi anche in questo mercato. Pertanto, anche in questo caso le nostre aspettative sono state soddisfatte, in virtù dell’adeguato contributo sulla qualità complessiva dei portafogli finali”.
Strategie alternative..ancora deludenti?
Per quanto riguarda invece le strategie alternative total return penso che il 2019 sia stato un anno deludente per molti gestori che non hanno rispettato gli obiettivi di sharpe ratio inizialmente ipotizzati. "In particolare, asset class come long short equity e equity market neutral hanno avuto performance molto negative. Riporto un dato sintomatico: l’indice Hedge Fund Research Equity Market Neutral ha riportato nel 2019 una performance negativa di 1,55%, dopo quella di -3,4% del 2018. Due anni totalmente opposti il cui risultato finale in termini di performance invece non è stato invece così diverso", precisa Karni.
Alcuni comparti total/absolute return, se analizzati in termini assoluti, hanno sofferto. “Al contrario, però, in termini relativi anche ritorni di poco superiori allo 0% si sono rilevati in linea o paradossalmente superiori alle aspettative se consideriamo il contesto di riferimento in cui si sono dovuti confrontare nell’implementazione delle loro strategie gestionali che mirano a ritorni decorrelati dalle asset class tradizionali”, conclude Romani.