I risparmiatori italiani? Quasi tutti correntisti

salvadanaio
foto: Fabian Blank, Unsplash

Due italiani su tre preferiscono tenere i propri risparmi in un conto corrente: chi investe lo fa solo con una parte minoritaria dei propri risparmi. Rispetto al 2016 la situazione è costante, anche se si registra una leggera diminuzione dell’orientamento delle famiglie verso gli investimenti ritenuti più sicuri: si riduce la quota dei possessori di certificati di deposito e di obbligazioni (8%, -2 punti percentuali rispetto al 2016), di assicurazioni sulla vita/fondi pensione (25%, -2 punti), di libretti di risparmio (23%, -2 punti), di buoni postali (10%, -4 punti), di fondi di investimento (13%, -1 punto), mentre cresce appunto il numero di correntisti, che raggiunge l’84%.

I dati arrivano proprio durante la 93ª edizione della  Giornata mondiale del risparmio, organizzata da Acri, l’associazione delle fondazioni di orgine bancari e delle Casse di Risparmio Spa. Durante la celebrazione, infatti, dove sono intervenuti anche il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan e il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, si è presentato l’annuale report dal titolo “Risparmio: quali prospettive?”, condotto da Ipsos con la collaborazione di Acri. Secondo lo studio gli italiani sono abbastanza soddisfatti di come gestiscono i propri risparmi (54%), dato che è dovuto principalmente (68%) ai possessori di prodotti finanziari non a rischio (titoli di stato, obbligazioni); sono molto pochi coloro che si dichiarano ‘molto soddisfatti’ (11%); i meno soddisfatti sono coloro che non hanno alcuno strumento finanziario e prediligono la sola liquidità. Pochi si ritengono abbastanza in grado di individuare l’investimento adatto alle proprie esigenze. Molti italiani hanno comunque compreso che devono informarsi sempre di più per essere attori delle proprie decisioni finanziarie: se nel 2006 il 13% si sentiva in grado di cavarsela (il 3% si riteneva un esperto, il 10% uno che se la cava), nel 2011 erano il 16% e nel 2017 sono diventati il 21%.

Sembra che l’investimento ideale, per gli italiani, non esista più: si dividono in 3 gruppi quasi omogenei. Il 33% ritiene che proprio non ci sia (maggioranza relativa, +1 rispetto al 2016 e +6 punti percentuali rispetto al 2015), il 31% lo indica negli immobili (+1 punto percentuale sul 2016), il 29% indica gli investimenti finanziari reputati più sicuri. Ultimi, con il 7%, sono coloro che indicano come ideali gli strumenti finanziari più rischiosi (-1 punto percentuale sul 2016). Il risparmiatore italiano rimane attento alla (bassa) rischiosità del tipo di investimento, ma in misura minore rispetto agli anni scorsi (dal 44% del 2016 al 39% oggi). Ad ogni modo l’educazione finanziaria dovrebbe ancora migliorare.

Per il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti un buon aiuto arriverà con l’introduzioen di MiFID II. “Dopo la negativa esperienza, anche sul piano informativo, dell’introduzione del  burden sharing e del bail in questa volta non è consentito sbagliare sul piano della comunicazione e del coinvolgimento dei risparmiatori. Sarebbe opportuna la redazione di un piano che coinvolga tutti i soggetti che sono tenuti a questo tassativo dovere di informare e accortamente consigliare. I cittadini devono essere attrezzati sempre meglio riguardo all’impiego dei propri risparmi. Considerata anche la crescente allocazione in organismi finanziari esteri, è importante che, con politiche adeguate, si riesca a fissare il risparmio nella nostra economia corrispondendo alla ratio dell’art.47 della Costituzione, che tutela questa risorsa collegandola direttamente allo sviluppo degli impieghi… Nel campo della finanza e degli investimenti pochi sono infatti gli italiani che comprendono fino in fondo quello di cui si sta parlando. Quindi per la tutela del risparmio e della sua valorizzazione è fondamentale anche un miglior livello di alfabetizzazione finanziaria”.