Il 2020 non è il 2008: perché le Banche Centrali sono impotenti? La view degli asset manager internazionali

Fed-building
Federal Reserve Building Washington

Da molto tempo le Banche Centrali non intervenivano con un’azione congiunta per affrontare una crisi sistemica. È accaduto la scorsa domenica, quando la Federal Reserve (Fed) ha annunciato un ulteriore taglio dei tassi allo 0%, ma si è anche coordinata con altre banche centrali (Bank of Canada, Bank of England, Bank of Japan, BCE e Banca Nazionale Svizzera) per rafforzare la disponibilità di liquidità attraverso accordi di linea di swap in dollari statunitensi.  

L'idea del coordinamento degli istituti centrali per fornire liquidità al sistema ha funzionato molto bene in passato, dopo lo scoppio della crisi dei mutui subprime e il crollo di Lehman Brothers, ma questa volta sembra non averlo dato i risultati sperati. Lunedì Wall Street ha subito il nuovo peggior crollo dal ‘black Monday’ del 1987: il Dow Jones ha perso quasi 3.000 punti in caduta del 12,93% mentre lo S&P 500 e il Nasdaq sono collassati relativamente dell'11,98% e del 12,32%. Stessa sorte per gli indici europei che hanno chiuso le sessioni di lunedì con perdite che vanno dall'8,3% dell’IBEX spagnolo al 4,57% del FTSE 100. E il ribasso dei listini del Vecchio Continente sta continuando, nonostante l'inasprimento delle misure dell'ESMA di restrizione sulla detenzione di posizioni corte. Senza dimenticare il crollo del prezzo del petrolio, con il Brent che è arrivato ad essere scambiato al di sotto dei 30 dollari statunitensi al barile, e le quotazioni in calo anche dell'oro, il bene rifugio per antonomasia.  

L’impotenza delle banche centrali

Ma cosa è cambiato rispetto al passato che impedisce ai mercati di reagire in modo positivo alle nuove iniezioni di liquidità da parte delle Banche Centrali? La prima cosa ad essere evidenziata da molti esperti è la natura differente di questa crisi rispetto a quella del 2008, seguita al fallimento della Lehman Brothers. Docidci anni fa le misure delle banche centrali funzionarono perché il problema era concentrato su un solo settore, quello finanziario, mentre appaiono insufficienti per affrontare una crisi che oltre ad essere sanitaria coinvolge ogni singolo settore economico.

Il 2020 non è il 2008, all’epoca si temeva che le banche in fallimento potessero far collassare il sistema finanziario. Si spera che questa recessione globale abbia vita breve, ma sarà profonda”, commenta Vincent Chaigneau, head of research di Generali Investments. “La preoccupazione è che, visto l’elevato indebitamento, la brusca frenata dell'economia possa fortemente impattare sulle imprese, piccole e grandi. La Fed ha fatto molto per affrontare il crescente stress finanziario”, spiega, “ma ci sono cose che non hanno fatto o non potevano fare”.

“Negli ultimi decenni i mercati si sono concentrati soprattutto sul compito delle banche centrali di definire la politica monetaria. In altre parole, la loro capacità di spingere più in basso e appiattire la curva dei rendimenti dei titoli di Stato”, osserva Willem Verhagen senior economist del team Multi-Asset, di NN Investment Partners. “Data l'attuale posizione di questa curva dei rendimenti, questo strumento di politica monetaria sembra essere diventato in gran parte impotente”, afferma.

“Stando all’OMS, l'epidemia di coronavirus è diventata pandemia e le misure drastiche di quarantena si stanno moltiplicando a ritmo sostenuto in tutto il mondo. Se, da un lato, queste misure si rivelano ora indispensabili dall’altro provocano una frenata repentina e di grande impatto sulle attività economiche. Gli utili aziendali attesi sono già stati rivisti al ribasso del 20% almeno e una recessione globale sembra ora inevitabile”, sottolinea il team di gestione di La Financière de l’Echiquier. “In un simile contesto è logico che i mercati degli asset a rischio siano in perdita, a maggior ragione al termine di un 2019 dove erano cresciuti molto contrariamente agli utili aziendali che lo erano di poco o per nulla”, aggiunge LFDE.

Dal coordinamento monetario a quello fiscale

"I Paesi europei stanno annunciando significativi piani di stimolo che dovrebbero far guadagnare tempo mentre l'epidemia viene contenuta. Una volta contenuta, saranno necessarie misure di stimolo della domanda aggregata per garantire un significativo rimbalzo della crescita", afferma Amundi.

D’altronde come sottolinea Esty Dwek, capo economista di Natixis IM: "Il problema non è la liquidità, le banche sono piene di liquidità. In questo momento sono le misure fiscali ad essere assolutamente necessarie. I dati economici di marzo saranno scarsi e l'impatto continuerà ad aprile”. I dati pubblicati finora non fanno che confermare questo scenario scoraggiante: l'indice della produzione industriale cinese, che incorpora la diffusione del Covid-19, è sceso a febbraio del 13,5% e le vendite al dettaglio del 20%.

"Date le reazioni dei mercati di questi giorni, la risposta fiscale (e monetaria) non è stata ancora sufficientemente ampia da ridurre in modo credibile il rischio. Si spera che vengano annunciate ulteriori iniziative per rendere questo evento transitorio per quanto riguarda l'economia", conclude Frank Haüsler, chief strategist di Vontobel AM.