Fixed income, il capitolo Coronavirus non è ancora chiuso

Peter De Coensel, CIO Fixed Income, DPAM
Peter De Coensel. Foto concessa: DPAM

La scorsa settimana, il rendimento totale delle obbligazioni high yield europee si è attestato all'1,12%. In sostanza, i livelli raggiunti dai mercati globali del credito mettono in dubbio l'esistenza stessa di una crisi economica. È quindi solo un'esuberanza irrazionale quella che li sta caratterizzando o c'è qualcos'altro? 

“Come sempre, riteniamo che la verità stia nel mezzo”, spiega Peter De Coensel, CIO Fixed Income di DPAM e gestore del DPAM Bonds Universalis Unconstrained con rating Consistente FundsPeople. “Da un lato, FED, BCE, la Bank of England e la Bank of Japan hanno la flessibilità necessaria per adeguare le quantità di titoli acquistati in base alle circostanze ma anche la possibilità di ampliare il campo di applicazione degli strumenti adoperati”. 

Pertanto, gli operatori di mercato non hanno altra scelta se non quella di schierarsi dalla parte delle Istituzioni e, di conseguenza, aumentare la loro detenzione di strumenti di rischio. “Se il programma di quantitative easing diventerà permanente, i premi al rischio potrebbero crollare del tutto, spingendo di conseguenza le metriche di valutazione verso l'alto, accanto a livelli di prezzo degli asset rischiosi sempre più elevati”, spiega il manager. “Il moral hazard, il rischio morale, verrebbe così istituzionalizzato. La base, sempre maggiore, di investitori in ETF non fa che esacerbare questo fenomeno. D'altra parte, vediamo una regolamentazione finanziaria sempre più rigorosa e un crescente controllo governativo, che fa da contrappeso all'abbondanza monetaria”. 

Una maggiore regolamentazione e l'influenza del governo dovranno però essere in grado di contenere dinamiche di azzardo morale: le Banche centrali hanno effettivamente abbandonato questo obiettivo e questo frena la discesa dei premi al rischio.

Economia reale

Alla fine, ci rimane il collegamento con la situazione dell'economia reale. Le aspettative dell'economia reale dovrebbero fornire agli investitori informazioni sul livello dei premi di rischio richiesto e sul suo profilo di volatilità (atteso). “Sfortunatamente, la crescente finanziarizzazione delle economie nei mercati sviluppati sta andando di pari passo con il ruolo delle Banche centrali degli ultimi 40 anni. La realtà ci impone di distinguere tra il tipo di prodotti finanziari che rientrano nella sfera diretta delle Autorità centrali e quelli che si trovano al di fuori di essa”, spiega Peter De Coensel. “Private debt e private equity, così come molte azioni di società quotate e il credito ad alto rendimento rimangono fuori dal loro mirino. Ciò impedisce che il legame con l'economia reale si spezzi completamente”. 

Inoltre, la funzione di segnalazione che normalmente proviene dai mercati dei tassi è stata permanentemente impattata e limitata, in quanto le Banche centrali controllano (implicitamente o esplicitamente) i livelli dei tassi lungo la curva dei rendimenti. “La maggior parte delle economie dei mercati sviluppati ha superato i picchi di infezione nei mesi di aprile o maggio. Pazienza e prudenza saranno necessari. Le attuali condizioni economiche e quelle previste per i prossimi sei mesi hanno registrato divergenze estreme. Qualsiasi scostamento dal percorso di una perfetta ripresa economica potrebbe infliggere correzioni di mercato eccessive alle classi di attivi a rischio”.

Sono passati tre mesi e la maggior parte dei mercati ha seguito un movimento circolare quasi perfetto. Un movimento che ha inflitto il massimo dolore possibile, unito ad un'ampia liquidazione in un periodo di tempo molto breve. “La risposta monetaria senza precedenti ha causato una ripresa così potente in tutti gli asset finanziari, da lasciare molti operatori di mercato in uno sconcertante stato di incredulità”.

Il secondo capitolo della saga COVID-19 nel 2020

L'estate vedrà quindi una prosecuzione del momentum positivo per le classi di attivi più rischiose, riportando le performance in territorio positivo, o è opportuna una pausa? 

“Il buon senso opta per quest'ultima opzione, poiché la spesa fiscale richiederà tempo per incidere positivamente sull'intensità degli investimenti e dei consumi. Tuttavia, dovremmo anche prendere in considerazione la possibilità di un'altra ondata di restrizioni. Questo può riaprire il vaso di pandora scoperchiato nel mese di marzo, ma che era stato chiuso immediatamente dalle Banche centrali”, conclude il gestore.