Il Covid-19 e gli impatti sull'oro

Xiaobing Wu, Flickr, Creative Commons
Xiaobing Wu, Flickr, Creative Commons

L'incertezza a seguito della pandemia del COVID-19 ha generato nel primo trimestre dell'anno ingenti perdite sui mercati fino al 30% sul versante azionario e fino al 15% su quello del reddito fisso. In questo scenario a tinte rosse, ci sono state però delle asset class che per la loro natura di beni rifugio hanno archiviato i primi tre mesi in positivo. Una di queste è l'oro, che è salito dell'11,6%, con una quotazione di 1.700 dollari statunitensi l'oncia.

Questo aumento è stato sostenuto da una crescita della domanda, nonostante non si sia data in modo uniforme. Infatti, secondo i dati appena pubblicati dal Word Gold Council, la domanda mondiale totale di oro è cresciuta appena dell'1% nel primo trimestre su base annua. Il rapporto esamina le quattro aree della domanda di oro: quella che proviene dai gioielli, quella dalla tecnologia, quella che dipende dalle banche centrali e infine la domanda dagli investitori. Di queste, solo un'area ha visto un forte aumento durante la pandemia, ma abbastanza grande da compensare il calo della domanda nelle altre aree.

Come ci si può aspettare, l'area che ha registrato una forte impennata è stata quella degli investimenti, in particolare degli ETF. "Quando la portata della pandemia, e il suo potenziale impatto economico, ha cominciato ad emergere, gli investitori hanno cercato beni sicuri. Gli ETF con sottostante l'oro hanno attirato enormi afflussi, portando questi prodotti a un nuovo record", si legge nel rapporto. In termini percentuali, si tratta di un aumento su base annua di oltre il 300%, abbastanza elevato da compensare il forte calo della domanda registrato altrove.

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Ad esempio, la domanda di gioielli ha subito un calo del 39% su base annua (325 milioni di tonnellate, un minimo storico) a causa degli effetti che il coronavirus ha avuto sulla domanda in Cina e in India. Anche la domanda di tecnologia è scesa a un nuovo minimo di 73,4 tonnellate, il che significa un calo dell'8% su base annua. E anche se le banche centrali hanno continuato ad acquistare oro, gli acquisti netti sono stati pari a 145 tonnellate, con un calo dell'8% su base annua.

La questione è ora se le tendenze osservate nel primo trimestre proseguiranno nel breve termine. Queste non solo saranno influenzete dall'evoluzione dell'economia - un suo miglioramento potrebbe stimolare la domanda di utilizzo dell'oro, come la gioielleria o la tecnologia - ma anche dal modo in cui il mercato interpreta tale evoluzione economica, che è fondamentale per giustificare una continua crescita o il calo dell'oro. “È probabile che diversi parametri raggiungano livelli mai visti prima. Ma proviamo a partire da due scenari principali: una ripresa economica a forma di V e una ripresa economica a forma di U”, affermano da Wisdom Tree. Il comportamento dell'oro come bene d'investimento nel primo caso sarebbe verso il basso e nel secondo verso l'alto, come mostrato in questa immagine.

72f0f45d9f958e94"Mentre la domanda degli investitori dovrebbe rimanere forte fintanto che la crisi persiste, la questione chiave per l'oro rimane se il contesto economico migliorerà dopo una breve e brusca recessione o se si deteriorerà ulteriormente, portando ad una depressione più duratura. Una breve e brusca recessione rimane il nostro scenario di base, per cui vediamo un limitato rimbalzo dell'oro nel breve termine, mentre nel medio-lungo termine riteniamo che i prezzi dovrebbero gradualmente diminuire", afferma Carsten Menke, responsabile della Next Generation Research, Julius Baer.

Il legame tra la domanda d'oro e le politiche delle Banche centrali

“La crisi rischia di far aumentare il debito”, avvertono da Flossbach von Storch. “Gli investitori cominciano a rendersi conto delle conseguenze a lungo termine della crisi e degli enormi pacchetti di aiuti governativi che l’accompagneranno con un massiccio aumento del debito globale”, spiegano. E in questo scenario gli occhi sono puntati sulla natura assicurativa dell’oro: “L’oro è sempre forte quando le valute (cartacee) sono deboli, situazione che nei prossimi anni si prospetta alquanto probabile. L’oro quindi non è tanto un “metallo di crisi”, quanto più una “valuta forte” (la valuta di ultima istanza) che a nostro avviso non dovrebbe mai mancare in un portafoglio ampiamente diversificato”, concludono.

Il legame tra il metallo prezioso e i considerevoli quantitativi di liquidità iniettati nel sistema dagli Istituti centrali è messo in evidenza anche da Norman Villamin, CIO Wealth Management di Union Bancaire Privée (UBP). “L'impegno delle banche centrali e delle autorità fiscali per evitare un significativo shock creditizio rimarrà forte. Tenendo conto dei programmi non ancora attuati che la Fed e il Tesoro statunitense hanno presentato a marzo e aprile, la crescita del 50% del bilancio della Fed a 6 mila miliardi di dollari potrebbe raggiungere i 10 mila miliardi entro la fine dell'anno, fornendo un vento di coda per l'oro nei mesi a venire”, fa notare. 

Il metallo prezioso è prezzato in dollari ed esiste generalmente una relazione inversa tra rendimenti auriferi e forza del dollaro. Nonostante ciò, tale correlazione è diventata abbastanza attenuata di recente. “Il dollaro di per sé non sembra essere sufficiente a fermare il rally dell’oro, dato che sia l’oro che il dollaro vengono percepiti come beni rifugio ed entrambi sono cresciuti quest’anno”, osserva Sean Markowicz, strategist di Schroders.  

In ottica di diversificazione dei portafogli l’oro potrebbe risultare una carta vincente contro i rischi di inflazione, considerata l'enorme quantità di debiti che grava sul sistema globale, in particolare ora che ne è stato riversato un altro carico. A sottolinearlo è Alastair Irvine, product specialist per le strategie Fondi di Fondi di Jupiter AM: “Le banche centrali non vorranno vedere un’accelerazione significativa dell'inflazione e allo stesso modo devono guardarsi dalla deflazione. E l'oro è tradizionalmente una buona copertura contro l'inflazione”, conclude.