Il mercato indiano cambia faccia

varshesh-joshi-65554
Varshesh Joshi, Unsplash, Creative Commons Zero

Dopo una leggera flessione di inizio anno, ad aprile il Sensex ritorna verso i massimi. L’indice indiano al 23 marzo registrava una perdita YTD del 9,2%, mentre nel mese di aprile è riuscito a recuperare il 7,8% (dati al 30/04). 

Nel giugno 2013, l'India si è trovata nel punto più basso del ciclo economico. Il Paese era governato dalla corruzione e questo ha portato il capex nel settore pubblico e privato a un punto morto. “La crescita del PIL è stata la più bassa del decennio e l'inflazione ha superato il 10%, lasciando deficit delle partite correnti e di bilancio a livelli insostenibilmente elevati, rispettivamente del 5,0% e del 5,2%”, commenta Hiren Dasani, lead portfolio manager India equity strategies di GSAM

Negli ultimi quattro anni, l'India è riuscita a ribaltare la sua situazione economica. “La spesa per le infrastrutture è aumentata in modo considerevole, e l’introduzione di importanti riforme strutturali hanno permesso di ridurre la burocrazia statale, in particolare con l'introduzione di una tassa sui beni e servizi (GST) e il codice di insolvenza e fallimento”, spiega il manager.Captura_de_pantalla_2018-05-02_a_las_17Fonte: Goldam Sachs, 2018

Tra le diverse riforme che il Paese sta vivendo ricordiamo la demonetizzazione del 2016 ossia il ritiro dal mercato di tutte le banconote di grosso taglio (500 e 1.000 rupie) per un valore pari a circa l'86% del contante indiano”, ricorda Avinash Vazirani gestore di fondo Jupiter India Select. Si è trattato di un tentativo di ridurre i livelli di ricchezza non contabilizzata, o "black money", e di contribuire a ufficializzare il sistema finanziario. “L'India è un'economia basata prevalentemente sulla liquidità e, di conseguenza, la demonetizzazione ha causato problemi nel breve termine. Tuttavia, ciò dovrebbe produrre notevoli risvolti economici positivi a lungo termine”. 

L’introduzione della Goods & Services Tax (GST, Tassa sui Beni e Servizi) del luglio 2017 che ha trasformato la varietà di imposte sui beni e servizi statali in un unico regime fiscale. “L'India è costituita da 29 stati e, prima della GST, una società indiana che avesse voluto vendere beni o servizi attraverso confini statali diversi, avrebbe dovuto pagare ogni volta diverse tasse: la GST ha sostituito 17 imposte statali e federali. Il sistema precedente rendeva la logistica molto onerosa e costosa, ora per la prima volta dalla sua indipendenza nel 1947, l'India è un mercato comune”, spiega Vazirani.

La sfida di quest’anno sarà l’India Stack, che permetterà agli sviluppatori di accedere al vasto archivio di dati biometrici in possesso del governo per creare un software che migliorerà l'efficienza e l'accesso ai servizi del governo. “È la più grande Application Programme Interface (API) al mondo, che combina sistemi per il riconoscimento biometrico con la piattaforma DigitalLocker, le firme elettroniche, i pagamenti digitali e i processi digitali di verifica delle identità (gli e-KYC, Know your customer)”. Un altro tema chiave per il 2018 sarà l'influenza dell'online sull'offline. Ciò è particolarmente evidente nei pagamenti digitali, in quanto il 90% dei consumatori indiani è disposto a utilizzare i pagamenti digitali sia per le transazioni online che offline (le transazioni non in contanti dovrebbero superare quelle in contanti entro il 2023).

Anche secondo Alejandro Arevalo, gestore del team fixed income di Jupiter, ci sono diversi segnali positivi: “Con ogni probabilità, i consumi rimarranno il motore della ripresa in India. Una solida performance del settore agricolo del Paese, combinata con l'attenzione del governo al miglioramento del tenore di vita della sua numerosa popolazione rurale, farà aumentare i consumi nei prossimi trimestri. Dovrebbe essere d'aiuto anche la decisione dell'attuale amministrazione Modi di accettare il disavanzo di bilancio superiore al previsto per il prossimo anno, anziché tagliare la spesa pubblica”.

Rennie McConnochie, head of global banks di Aberdeen Standard Investments riporta un sondaggio condotto da Bloomberg a febbraio 2018, dove gli investitori scontano un rialzo del tasso di riferimento indiano al 6,5% entro fine anno. “Alcuni fattori, come il miglioramento delle prospettive di crescita e il rialzo dell’inflazione, potrebbero influenzare anche le prospettive di politica monetaria per l’anno in corso”, spiega il manager. 

Il Nomura India Equity Fund 

Tra i fondi con Marchio Funds People che investono in India troviamo al primo posto in classifica il Nomura India Equity Fund. Il fondo, gestito da Vipul Mehta, investe nel mercato azionario indiano in società di qualunque dimensione. Il benchmark di riferimento è MSCI India Index, non limitando l’universo di investimenti ai soli titoli dell’indice. Il fondo investe il 100% sul mercato indiano, quindi è esposto maggiormente al rischio di concentrazione di mercato. Malgrado ciò ha registrato una volatilità limitata nel corso dell’anno rispetto alla media di categoria (11,36%).

I settori che predilige sono gli investimenti finanziari (40%), i consumer cyclical (16%) i consumer defensive (13%)e l’industrial (11%).

Fondo Società di Gestione Rend. % (in euro) Volatilità Morningstar Category
Nomura Fds India Equity  Nomura 21,29 11,36 India Equity
Schroder ISF Indian Opports  Schroders 21,00 11,36 India Equity
SLI Indian Equity Midcap Opps  Standard Life 20,09 14,67 India Equity
Invesco India Equity  Invesco 19,33 12,89 India Equity
GS India Equity  Goldman Sachs 17,90 12,45 India Equity
Amundi Fds SBI FM Equity India  Amundi 16,13 13,28 India Equity
Schroder ISF Indian Equity  Schroders 15,88 11,89 India Equity
Mirae Asset India Sctor Leader Eq Mirae Asset 15,69 14,29 India Equity
Fidelity India Focus  Fidelity 15,23 12,23 India Equity
JPM India A  JPMorgan 14,10 14,63 India Equity

 

Fonte: Morningstar dati al 30/04