Con le nuove generazioni di investitori, il private banking si prepara al cambiamento di modelli e redditività

Andrea Ragaini News
Andrea Ragaini, foto ceduta (AIPB)

Un numero che dà la misura della capacità futura di un mercato: 250 milioni. Sono i potenziali clienti attesi da qui al 2030 dal settore del private banking. E a foraggiare questa crescita attesa sono i soggetti appartenenti alla generazione Y e quelli appartenenti alla generazione Z.

Il private banking prevede quindi una profonda trasformazione nella platea degli investitori che andrà di pari passo con l’interesse verso servizi e strumenti diversi rispetto a quelli diffusi oggi: alla fine del decennio, quasi il 60% del patrimonio sarà investito in prodotti innovativi.

A certificare questo cambiamento nel mondo private la ricerca “Navigare le onde del cambiamento: la rotta del Private Banking” condotta da Bain & Company e Associazione italiana private banking - AIPB che hanno analizzato le principali tendenze evolutive dell’industria.  Dal 2007 a oggi il settore ha registrato una crescita “superiore a quella della ricchezza italiana e del PIL, arrivando a gestire oggi circa la metà degli investimenti delle famiglie italiane”, commenta Andrea Ragaini, presidente AIPB, che ricorda come questa tendenza sia proseguita “anche in un anno complesso come il 2022”. Per questo motivo l’industria è tenuta a comprendere e anticipare “gli effetti di uno scenario economico, finanziario e sociale in continua evoluzione, individuando precise priorità di azione”.

Cambiano competenze e asset class di riferimento

E questa capacità di anticipare il mercato è presente anche nelle evidenze dello studio che indica, al contempo, un cambiamento nei modelli distributivi e di lavoro.

Non soltanto nel rapporto tra private banker e cliente dunque (ciascuno avrà un portafoglio medio di 300 individui), ma anche nelle competenze “di nuova generazione” degli stessi professionisti. “Questo implicherà, per gli attori dell’industria italiana del private banking, un’accelerazione del proprio grado di innovazione per poter cogliere le opportunità e proseguire il percorso di distintività ed eccellenza offerte alla propria clientela”, precisa Franco Baronio, senior partner di Bain & Company. La ricerca rileva infatti l’emergere di nuove dinamiche di profittabilità con un 25% di aumento dei ritorni grazie ai modelli abilitati dal digitale rispetto ai modelli tradizionali di qui al 2030. “Investire in infrastruttura tecnologica, dati e analytics – rimarca baronio – è quindi non più solo un’opportunità, ma un imperativo per i player del private”

A cambiare saranno poi le asset class di riferimento con una crescita significativa della penetrazione di investimenti alternativi, a scapito dei prodotti tradizionali. Non solo soluzioni ESG (che rappresenteranno circa la metà di tutti gli investimenti in prodotti di risparmio entro il 2030, rispetto al 33% che si registra oggi), ma anche digital asset: nei prossimi cinque anni, questi rappresenteranno una quota compresa tra l’1% e il 5% dei portafogli dei clienti.