Titoli di Stato indiani inclusi nel JPMorgan Government Bond Index-Emerging Markets, il più grande benchmark sull’obbligazionario dei mercati emergenti. La mossa spalanca le porte a un mercato che vale 1,3 trilioni di dollari. Non mancano però le controindicazioni.
I titoli di Stato indiani debuttano oggi per la prima volta in assoluto all’interno di un indice obbligazionario globale, il JPMorgan Government Bond Index-Emerging Markets. L’inclusione nell’indice, il più grande sull’obbligazionario dei mercati emergenti, sarà graduale e avverrà nell’arco di 10 mesi, con un peso di circa l’1% al mese fino a raggiungere un massimo del 10 per cento. Questa mossa, annunciata lo scorso settembre, pone le basi per significativi afflussi finanziari nella quinta economia mondiale.
Mentre le azioni delle società indiane fanno parte dei principali indici dei mercati emergenti già da tempo, lo stesso non si può dire per i titoli di Stato: l’India, infatti, non emette obbligazioni denominate in valuta estera e la sottoscrizione dei titoli in rupie è stata storicamente preclusa agli investitori stranieri. La pandemia ha però cambiato le carte in tavola. La necessità di finanziare il pacchetto di stimoli varati dal governo per far fronte all’emergenza ha dato il via ad un percorso di progressiva apertura del mercato dei titoli di Stato ad investitori non domestici, allo scopo di finanziare l'economia con il tasso di crescita più alto a livello globale.
Più investitori e maggior diversificazione
“Si tratta di un traguardo significativo non solo per l’India, ma anche per gli investitori, che da oggi in poi avranno accesso a un pool di debito pubblico indiano da 1.300 miliardi di dollari, che ultimamente ha offerto alcuni dei rendimenti più elevati tra i suoi pari”, analizza Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm. Inoltre, secondo l’esperto, il maggior livello di diversificazione dell’indice sarà funzionale a compensare gli effetti della crisi del debito cinese e dell’estromissione dei titoli russi dalle contrattazioni dopo l’invasione dell’Ucraina. “Essere inclusa nel più grande indice obbligazionario dei Paesi Emergenti consentirà all’India di raggiungere un numero maggiore di investitori, quindi di raccogliere più fondi e ridurre il costo medio del finanziamento”, continua Richard Flax.
Secondo le stime di Goldman Sachs, questa iniziativa sarà in grado di incrementare gli investimenti globali nel debito pubblico indiano di ben 40 miliardi di dollari, portando a un calo dei rendimenti e rafforzando la rupia. Tuttavia, l’aumento dei flussi esteri potrebbe avere anche qualche controindicazione, come ad esempio rendere più volatili i mercati obbligazionari e valutari del Paese, ponendo nuove sfide al governo e alle istituzioni monetarie indiane.