Inflazione e carenza di chip possono frenare la corsa delle Big Tech?

Hancock e Older Notizia
Nicholas Hancock e David Older, immagini concesse (Carmignac)

L’inflazione e la scarsezza di chip possono mettere un freno alla cavalcata dei titoli tecnologici? È un quesito che si pongono molti investitori con l’avvio della stagione degli utili del terzo trimestre. Il post-COVID ha portato con sé una carenza di semiconduttori, che ha prodotto un’impennata del prezzo di queste componenti chiave per il settore tecnologico. E non solo: a complicare le cose sembra che il rischio normativo non sia mai stato così alto per le Big Tech statunitensi, con la maggior parte delle grandi piattaforme che si trova ad affrontare la pressione delle autorità statunitensi ed europee. Questi sono i temi approfonditi in un recente webinar di Carmignac, in cui due esperti della casa di gestione francese hanno cercato di capire quali società sono in grado di generare margini significativi e conseguire una crescita sostenibile facendo leva sulla propria capacità di guidare, promuovere e adattarsi al contesto in continuo cambiamento in cui operano.

SEMICONDUTTORI CERCASI

“La carenza di semiconduttori sta iniziando a creare una certa pressione sui costi delle aziende. Ci stiamo quindi concentrando sulle società che hanno sia il potere di determinare i prezzi che una forza del marchio sufficienti per trasferire questi costi ai consumatori, e che come tali non subiranno una compressione dei loro margini", ha spiegato Nicholas Hancock, analista TMT del gestore francese. Secondo l’esperto le società di pubblicità digitale, come Facebook e Snapchat, sono più colpite del previsto dalle modifiche alla regolamentazione sulla privacy, in quanto rendono più difficile raggiungere i consumatori con annunci personalizzati. "Mentre il 2021 volge al termine, gli investitori stanno naturalmente valutando quello che potrebbe essere il percorso di crescita normalizzata per le società che hanno beneficiato della pandemia. Abbiamo quindi iniziato a concentrarci in modo particolare sulle metriche legate all'engagement. Aziende come Netflix, per esempio, sono già riuscite a rassicurare gli investitori sulla loro capacità di sostenere la crescita".

SU QUALI FATTORI CONCENTRARSI?

Inoltre nei prossimi mesi infatti i tassi di interesse potrebbero aumentare, alla luce delle preoccupazioni correlate all’inflazione e del potenziale cambiamento di rotta delle Banche centrali verso una politica più restrittiva in una fase di rallentamento della crescita. "In questo contesto dovrebbero essere favorite le società meno sensibili al ciclo economico e con un certo potere d’acquisto. Peraltro non sorprende che gran parte di queste società faccia parte del settore tecnologico", dice l'head of Equities David Older. "Con l’aumentare delle notizie sui cambiamenti regolamentari, la nostra missione è valutare il ruolo dei fondamentali al di là del ‘rumore’ di breve termine. Da questo punto di vista la situazione cinese può insegnarci molto", ha spiegato.

Il CASO CINESE

A completare il quadro le recenti strette normative di Pechino che hanno colpito oltre al settore dell’istruzione e del gioco d’azzardo anche quello tecnologico. Tramite queste azioni le autorità cinesi mirano a stabilire nuove linee guida antitrust, applicare norme più severe in ambito di protezione dei dati, promuovere il welfare sociale e migliorare la cybersecurity. Un cambiamento di politica che ha causato dello stress sul settore, con delle correzioni dei titoli tecnologici cinesi negli scorsi mesi. Ma sul lungo termine questo rischio secondo Older può addirittura giocare a loro favore: "Le nuove normative dovrebbero rappresentare un fattore di supporto perché offriranno agli investitori una maggiore visibilità sui business model e miglioreranno gli standard di corporate governance", ha spiegato.

"La pandemia ha accelerato le tendenze esistenti. Anche se lo shopping online, la formazione a distanza, la telemedicina non erano affatto una novità, il Covid ne ha sicuramente accresciuto la diffusione. Un esempio significativo è rappresentato dall’aumento dell’intenzione di investimento in IT da parte delle società non tech, desiderose di accelerare la transizione digitale. Questo fenomeno dovrebbe fornire una spinta di lungo termine favorevole alla performance dei titoli tecnologici”, ha concluso.