L’assemblea dell’associazione ha fatto incontrare operatori del settore, istituzioni e parti sociali. Balzani (Covip): un bonus per favorire l’ingresso dei giovani. Landini (CGIL): per dare una prospettiva ai sistemi pensionistici occorre una stabilità del lavoro.
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Intervenire sull’economia reale, sulla fiscalità, estendere il progetto sul voto nelle assemblee e puntare su sensibilizzazione e informazione finanziaria e previdenziale (con una nuova campagna informativa istituzionale che incentivi gli under 34 e riporti sul tavolo il meccanismo del silenzio assenso). Obiettivo? Rispondere alle conseguenze dell’ormai prossimo “inverno demografico” in Italia. L’assemblea dell'associazione dei fondi pensione negoziali, che si è tenuta il 23 aprile a Roma, mette sul tavolo tutte le sfide che coinvolgono la previdenza complementare, certo, ma anche il corretto funzionamento della macchina politica, istituzionale e, in ultima analisi, demografica, del nostro Paese. D’altronde sono le tendenze demografiche, in primis, a guidare l’azione degli attori istituzionali e, in parallelo, quelli del risparmio gestito.
L’invecchiamento della popolazione è certo un fatto acquisito. “Non stiamo perdendo soltanto i nuovi nati ma anche le competenze”, afferma Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione nell’introdurre i lavori assembleari, indicando che “ogni anno la forbice è negativa per 120 mila persone”. Da qui lo stesso titolo dell’assemblea “La previdenza complementare e le sfide del futuro: tra ‘l’inverno demografico’ e le nuove frontiere digitali” è evocativo e mette subito l’accento sulle intenzioni degli interlocutori: verso le istituzioni (politiche e autorithy), verso gli iscritti, verso gli attori finanziari. “L’Italia è il Paese al mondo in cui l’inverno demografico è più accentuato. Il centro italiano di statistica ha lanciato l’allarme indicando che il numero di persone di età superiore ai 65 anni ha superato quello di persone di età inferiore ai 25 anni”. In prospettiva, afferma Maggi, “il Paese dovrà stanziare più risorse per sostenere gli anziani e avrà meno risorse per la produttività, mentre diminuisce la componente demografica che crea ricchezza”.
I numeri
I tempi per intervenire sono stretti e i numeri del settore parlano chiaro. Gli iscritti alla previdenza complementare a fine 2023 sono oltre 4 milioni su 32 fondi pensione negoziali, per un risparmio accumulato superiore a 67 miliardi di euro (dati Covip). Si tratta della categoria di fondi pensione più rilevante sia dal punto di vista delle posizioni in essere, sia dal punto di vista patrimoniale in quanto gestisce circa il 30,5% del totale del risparmio previdenziale complementare (che al 31 dicembre dello scorso anno ammontava a 223 miliardi). Nel corso dell’anno, continua Maggi “la previdenza complementare ha raccolto 14,6 miliardi (senza considerare i fondi pensione preesistenti), di cui il 44% i soli fondi pensione negoziali”.
Economia reale e voto
Sulla base di questa forza numerica acquisita nel tempo, la previdenza complementare opera su diversi fronti, individuati sulla base delle prospettive di crescita (anche finanziaria ed economica). Un tema molto sentito dai fondi pensione è certo quello dell’economia reale. Qui il presidente cita il Progetto Economia Reale avviato in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti che, con il fondo Private Equity Italia (FOF PEI), con il fondo di private debt (FOF PDI) e con il FOF Infrastrutture, ha permesso a Assofondipensione e CDP di “attivare risorse finora pari a circa 1,15 miliardi”. Non solo: i dati a disposizione mostrano che il Progetto crea valore per gli stessi lavoratori iscritti ai fondi pensione (al 30 giugno 2023 il FOF PEI registra un valore totale dell’investimento in rapporto al capitale investito maggiore di uno). “Ora occorre lavorare per fare crescere ancora i fondi di fondi già operativi anche in nuovi settori da coinvolgere, affrontando in il tema del progressivo invecchiamento della popolazione e la frontiera della silver economy”. Qui entra in gioco anche il tema della tassazione. Per incentivare l’investimento dei fondi pensione in attività private italiane, afferma Maggi, “si potrebbe rimodulare la fiscalità di vantaggio che è stata concepita per i PIR e poi estesa agli investitori previdenziali, che permette di non sottoporre a tassazione i rendimenti degli investimenti effettuati in imprese italiane”.
Altro tema caldo è quello della sostenibilità, affrontato con un progetto (unico in Europa) relativo all’esercizio dei diritti di voto, con il quale 13 fondi pensione (“ma ci aspettiamo l’adesione di un’altra dozzina entro il prossimo anno”) hanno iniziato a votare in modo coordinato nelle assemblee delle società di cui i fondi possiedono pacchetti azionari. L’obiettivo per il 2024 è il voto “in circa 100 assemblee di quotate europee”, afferma Maggi.
Precarietà fa il paio con assenza di previdenza complementare
I richiami dell’associazione si rivolgono a diversi interlocutori e le risposte arrivano già nel corso dell’assemblea (da cui sono assenti, tuttavia, i decisori politici). Un elemento portato all’attenzione da Maurizio Landini, segretario generale della CGIL nel suo intervento è che le adesioni ai fondi complementari di natura contrattuale sono “stabili”. Insomma: non si assiste a una crescita. Le ragioni della scarsa adesione di giovani (e donne)? La condizione lavorativa. “Il livello di precarietà è un tema che va affrontato: se si vuole dare una prospettiva ai sistemi pensionistici occorre una stabilità del lavoro” stigmatizza Landini indicando come alle nuove generazioni manchi il primo pilastro. Da qui la richiesta delle parti sociali di “una pensione di garanzia” volta anche ad allargare la potenziale platea del secondo pilastro. Appunto la platea (potenziale o meno) è al centro dell’intervento di Vito Lamonica, direttore centrale pensioni INPS, che ricorda come la riduzione della massa degli aderenti ai fondi pensione è una criticità derivante dal rischio demografico, e si pone come un “tipico rischio del sistema a ripartizione”. Ci sono però altri problemi: “Uno è l’eccessiva frammentazione tra i fondi pubblici”, continua Lamonica, e il fatto che esistono due sistemi di calcolo paralleli: contributivo e retributivo, “e oggi tutti gli interventi sulla previdenza hanno effetti ‘opposti’ sui due sistemi”.
Un “bonus” per favorire l’ingresso dei giovani
Come intervenire per incentivare l’adesione alla previdenza complementare? “Si è parlato molto degli strumenti fiscali vedi la deducibilità dal reddito imponibile, e infine un regime favorevole per l’erogazione delle prestazioni”, afferma Francesca Balzani, presidente facente funzione della Covip che ricorda come, tuttavia, la soglia di deducibilità dei redditi oggi abbia un contraltare: “Il contributo medio si ferma a 2.170 euro, e poi ci sono molte fette del Paese molto lontane dalla previdenza complementare”. Le donne, su tutto, i lavoratori del Sud Italia, i giovani: “Un gap reddituale difficilmente colmabile con strumenti collegati alla titolarità di un reddito. Pensare a uno strumento pubblico che agganci i giovani e li spinga a entrare nel sistema previdenziale, forse questo è il terreno su cui inventare un bonus per favorire chi non ha reddito capiente a entrare nel prezioso sistema della previdenza complementare”, con una ricaduta importante sulla previdenza complementare e sulla collettività.
Drogati di futuro
In chiusura dell’incontro il vicepresidente di Assofondipensione, Ignazio Ganga, allarga lo sguardo al tema generazionale e ricorda come le generazioni precedenti (i baby boomers, nello specifico) siano state “drogate di futuro”. “futuro che per noi è stato sempre promessa e certezza di miglioramento oggi è minaccia. Dobbiamo creare le condizioni perché non lo sia”. Il richiamo va alla politica, assente in sede di dibattito. “Welfare e previdenza sono i due strumenti principali per tradurre in forma cogente il concetto astratto della partecipazione, esplicitamente richiamato dalla carta costituzionale. I corpi intermedi – conclude – hanno una grandissima responsabilità a rendere viva ed esigibile questa partecipazione”.