Investitore retail, tassello principale per la strategia europea

Salone del Risparmio 2022

Valutare il ruolo del risparmio gestito alla luce delle proposte sulla Capital Market Union e della Retail Investment Strategy. Il tema è stato al centro di una conferenza organizzata da Assogestioni in occasione della 12^ edizione del Salone del Risparmio e si presta ad approfondimenti puntuali, soprattutto sulla definizione della disciplina sui gestori di fondi alternativi e di fondi Eltif. “l’Italia non ha un problema di risparmio ma di investimento”, ha affermato nel suo intervento Alessandra Atripaldi, deputy head of Securities Markets Unit, DG FISMA della Commissione UE, sottolineando che “l’industria del capitale di rischio è molto piccola e non ha fondi sufficienti da veicolare alle imprese”. Appunto questo limite si pone come spinta endogena al piano d’azione CMU lanciato nel 2020 “che rimane il quadro di riferimento per il miglioramento del mercato unico europeo” e il cui avanzamento, per l’UE, “è una necessità”.

Il pacchetto di proposte sulla CMU

Atripaldi ricorda che lo scorso 25 novembre la Commissione ha adottato un pacchetto con quattro proposte legislative importanti: la creazione di punto di accesso unico europeo (European Single Access Point - ESAP) “snodo fondamentale per favori l’accesso all’informazione su tutte le società”; la proposta di revisione sul Regolamento Mifir e la creazione del Consolidated Tape; gli interventi sul Regolamento Eltif; e quelli sulla Direttiva Aifmd “e, in una separata fase, sui prospetti di revisione di Mifid e IDD”. Appunto la revisione della normativa sull’investimento in fondi alternativi acquista, in questa sede, una rinnovata centralità, dal momento che questa industria “è stata colpita dalla pandemia in minima parte”. I numeri danno conto di un mercato di 8 mila miliardi di euro di masse nel solo 2021, con gli istituzionali che occupano una veste centrale nel panorama degli investimenti.

Eltif, interesse dell’Italia

Nell’ambito della CMU, Atripaldi focalizza l’attenzione in particolare sul Regolamento Eltif e sulla Direttiva Aifmd, la revisione di quest’ultima “ha toccato solo aspetti problematici senza modificare l’impianto generale della normativa” con interventi definiti “chirurgici”. La disciplina sugli European long-term investment funds, ha invece introdotto una “label” a livello europeo, assegnando un ruolo centrale all’interno del piano comunitario anche “per raccogliere investimenti di lungo periodo in aree come l’energia pulita, il trasporto sostenibile, le infrastrutture sociali e le nuove tecnologie necessarie per sostenere la ripresa”. L’idea è quella di raccogliere fondi alternativi a quelli raccolti dal mercato bancario. A oggi, tuttavia, “il numero di fondi Eltif è modesto con uno sviluppo ancora limitato in Europa”. L’Italia si è distinta nel panorama comunitario “con un reale potenziale nello sviluppo di questo segmento”. La proposta in avanzato stato di lavori (“ci si aspetta che il consiglio formalizzi un accordo prossimanamente”) include la possibilità di ampliare le strategie dei fondi Eltif (come l’introduzione di fondi di fondi), rivedere la composizione del portafoglio, i requisiti di diversificazione e i limiti di concentrazione. “Alcuni stakeholder hanno espresso preoccupazione su alcuni di questi aspetti, c’è invece un forte consenso da parte delle associazioni di categoria europee in merito all’introduzione di una maggiore flessibilità per i gestori di fondi Eltif”.

Rafforzare il mercato retail

Un ultimo punto toccato da Atripaldi ha riguardato la revisione della Mifid e della IDD nell’ambito della cosiddetta Retail Investment Strategy, “nel solco dell’obiettivo dell’economia al servizio delle persone”. La strategia è in corso di elaborazione, c’è stata una prima consultazione pubblica “e muove nella considerazione che nonostante la rilevanza del risparmio in Europa, la partecipazione dell’investitore al dettaglio è ancora limitata nella maggioranza degli Stati membri”. Uno dei motivi addotti è una “scarsa fiducia” da parte dell’investitore “La sfida di questa strategia sarà verificare l’adeguatezza del livello attuale di trasparenza sull’inducement e capire se tale disciplina è sufficiente”. Secondo la vicedirettrice generale di Consob, Tiziana Togna, “Dentro ognuna di queste misure ci sono molti aspetti che vanno approfonditi ma anche alcuni capisaldi: la necessità che dietro questa strategia non si dimentichi il bisogno di tutela del risparmio dell’investitore”.

L’investitore “semiprofessionale”

Togna fa il punto sulla definizione della clientela retail richiamando la necessità (alla luce della disciplina Mifid) di “aggiungere un’altra categoria”: quella del cliente semiprofessionale. Un processo utile per la definizione del cliente, farebbe appello all’introduzione di criteri quantitativi (limiti sulla detenzione di determinati strumenti in portafoglio o la loro “size”) e di criteri qualitativi, maturati dalla “necessità di accompagnare il cliente, in un mondo del risparmio più diversificato e rischioso, attraverso servizi a valore aggiunto di consulenza e gestione”.

In tal senso le proposte avanzate dalla Commissione UE con il regolamento Eltif “strumento elettivo per avvicinare il risparmio all’economia reale”, secondo Togna “hanno l’obiettivo di coniugare apertura e tutela”. Tuttavia, “le ultime soluzioni raggiunte possono destare qualche perplessità”. In particolare in merito all’eliminazione della consulenza come obbligatoria, legato al fatto che, nonostante nella proposta di Bruxelles resti il test di adeguatezza, nel momento in cui questa non si realizzi, lascia al cliente la decisione di proseguire o meno con l’investimento. “La nostra esperienza non è positiva in tal senso, soprattutto perché il nostro è un Paese in cui quanto più si centralizza la catena dal produttore al distributore tanto più questo tipo di aspetti va coniugato con il conflitto di interessi che a nostro avviso merita di essere attentamente valutato”, afferma Togna.

La risposta dell’industria

Una risposta da parte dell’industria in merito alla strategia europea sugli investimenti retail arriva nel corso della tavola rotonda moderata da Roberta D'Apice, direttrice Affari Legali Assogestioni.  “Noi come Gruppo abbiamo iniziato a cercare soluzioni per accompagnare la clientela retail già nel 2016”, commenta Manuela D'Onofrio, head of Investment Strategy di UniCredit Group. Da qui il lancio del primo Eltif (con una terza casa con una forte esperienza in private debt) e poi la pandemia, che ha cambiato lo scenario. “Il successo del progetto europeo dipende dalla nostra capacità di diventare quanto prima autonomi da un punto di vista energetico – afferma D’Onofrio –. E per fare questo c’è bisogno di enorme quantità di capitali per investire nella transizione energetica e creare infrastrutture resilienti in Europa. In Italia abbiamo una risorsa incredibile: il nostro stock di risparmio”.

Torna, invece, sul tema dell’inducement Alessandro Melzi d’Eril, presidente del Comitato Regolamentazione di Assogestioni e AD e DG di Anima SGR. “Spesso si  afferma che con il modello italiano il costo è esorbitante per il cliente, comparato ad esempio al modello anglosassone (nel nostro caso infatti incorpora anche il costo della consulenza e della distribuzione). Ma non è tanto un tema di costo – afferma il top manager – quanto di gestione del conflitto di interessi, dove la nostra regolamentazione nazionale già con Mifid aveva imposto una serie di regole che imponevano al settore la trasparenza”. Secondo Melzi d’Eril il modello in Italia porta dei vantaggi che con modelli alternativi non si avrebbero. Sicuramente il modello ha bisogno di migliorie “ma funziona bene e riesce, a maggior ragione in un Paese come l’Italia caratterizzato da una clientela mass importante e bassa alfabetizzazione finanziaria, un cambiamento di modello potrebbe essere ‘disruptive’ con un ulteriore effetto di una ulteriore chiusura dell’offerta”. Riemerge in chiusura il tema della fiducia, collegato all’iniziativa Value for money assessment della FCA inglese. “Non si può parlare di costi senza parlare di aspettative di rendimento aggiustato per il rischio”, afferma Luca Tenani, presidente Comitato Esteri Assogestioni e Country head Italy Schroders che, in merito all’iniziativa UK parla di un “sette punti di osservazione”. In primis un’analisi dei rendimenti, seguita da un’analisi dei costi e una valutazione dei costi rispetto ai competitor. A questi tre elementi segue l’analisi delle economie di scala, quella della qualità del servizio offerto, un’ulteriore valutazione se i servizi offerti da ogni operatore avesse una struttura dei costi comparabile a quella di altri servizi, e l’ultimo elemento riguarda l’analisi non solo sul singolo fondo ma anche sulle singole classi di azioni a cui i sottoscrittori hanno accesso. “Questa esperienza – conclude Tenani – oltre a rafforzare i presidi product governance di ogni player, ha generato trasparenza, aumentando il livello di fiducia che il cliente ha verso il risparmio gestito”.