Investitori istituzionali a confronto su policy e investimenti ESG

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L’adozione di politiche sostenibili è la conferma, definitiva, del nuovo corso. Gli istituzionali si muovono sul terreno degli ESG ormai consapevoli della necessità (stimolata anche dalla pressione normativa in sede europea) di allineare le policy interne agli imperativi ambientali, sociali e di governance. E se il 56% delle entità (59 su 106), con riguardo a fondi pensione, casse di previdenza, fondazioni di origine bancaria e assicurazioni, afferma di avere già una politica di sostenibilità, tra chi non ha ancora operato in tal senso la percentuale di quanti ne hanno già discusso in CdA o intendono includere le strategie ESG in futuro sale a 81 punti (38 enti su 47). Lato investimenti, tuttavia (dato assai indicativo) l’acquisto di prodotti ESG è effettuato anche da una parte di quegli investitori che ancora non aderisce “formalmente” alla finanza SRI. Sono alcuni tra i risultati emersi dal Quaderno di Approfondimento 2022 “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”, presentato il 27 aprile a Roma in occasione del Forum ESG e sul Welfare Integrato Itinerari Previdenziali. Dati che, come ha sottolineato Marcella Mallen, presidente di ASviS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, sottolineano l’emergere di una “positiva e generalizzata attenzione nei confronti della sostenibilità” e mentre cresce il numero di investitori che applicano politiche di investimento SRI a gran parte del portafoglio, si conferma come le strategie sostenibili non rispondano “solo a un’esigenza di natura etica ma possono portare benefici anche in termini patrimoniali”.

I numeri

La survey, condotta con il patrocinio di ASviS, ha coinvolto 106 enti (79 nel 2021) per un totale patrimoniale (al netto delle compagnie di assicurazione rispondenti) di oltre 219 miliardi di euro (182 miliardi nel 2021): circa l’83% dei patrimoni finanziari totali degli investitori previdenziali e fondazionali italiani.

Come detto, nonostante l’aumento dei rispondenti, la percentuale degli istituzionali italiani che adotta politiche di sostenibilità resta invariata rispetto alla precedente rilevazione (56%), parallelamente aumenta la quota di investitori che applicano politiche di investimento SRI a percentuali consistenti del proprio patrimonio: il 42% si colloca nella fascia tra il 75% e il 100% del patrimonio (erano il 37% nel 2021) e il 21% (dal 14% del 2021) nella fascia tra il 50% e il 75 per cento. A spingere verso lo SRI, in primis la volontà di contribuire allo sviluppo sostenibile (86%) e una migliore gestione dei rischi finanziari (67%) segue il tema reputazionale (passato dal 38% del 2021 al 42% del 2022) ed emerge, con forza, la pressione del regolatore (dall’8% al 15%). «Un segno tangibile, quest’ultimo, dell’evoluzione normativa comunitaria, che ha imposto nell’ultimo anno l’adattamento degli investitori al nuovo contesto regolamentare», spiegano Niccolò De Rossi e Gianmaria Fragassi, curatori dell’indagine per il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

L’implementazione delle policy ESG

Le esclusioni confermano ancora il primato nella scelta di implementazione delle politiche di sostenibilità (58%), seguono investimenti tematici (38%) e a impatto (35%). Percentuali che, al confronto con gli orientamenti futuri delle entità istituzionali, si spostano verso una maggiore attenzione verso i tematici, che si candidano ad attrarre una quota del 58%, seguiti da esclusioni e impact investing. Novità 2022 è poi l’inserimento di alcune domande relative all’impatto di SFDR sul settore: il 63% dei rispondenti lo giudica “limitato” (contro un 23% che lo indica come “elevato”), anche se in prospettiva potrebbe tradursi in una maggiore propensione verso l’acquisito diretto di fondi ESG. Al momento ancora il 39% degli istituzionali afferma di non avere fondi art. 8 o art. 9 in portafoglio. “Del resto è evidente come la sostenibilità sia ormai una componente essenziale di tutte le attività umane, nonché l’obiettivo che, ancor di più alla luce dell’esperienza pandemica, deve orientare lo sviluppo futuro del Paese e del mondo intero, nel pieno rispetto dei diritti ambientali, sociali e di governance”, ha commentato Alberto Brambilla, presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Istituzionali a confronto

Lo sguardo degli istituzionali consente, infine, di individuare il peso specifico del tema sostenibilità per il settore, in quanto “collegato alle tematiche obiettivo e alle caratteristiche stesse dell’ente che si occupa sia di previdenza sia di assistenza”, afferma Gianni Golinelli, responsabile Area Finanza di ENPACL, che sottolinea come l’ente abbia già inserito la sostenibilità nell’ambito dell’asset allocation strategica. E anche lato policy ESG, pur avendole introdotte su impulso normativo nel 2021, diverse entità come i fondi pensione, avevano già messo in atto una selezione sostenibile nelle convenzioni di gestione. In futuro, afferma Marco Lega, direttore generale Fopen, “passeremo a una situazione di investitore maggiormente attivo che individua dei principi, li cala nelle convenzioni di gestione e cercheremo di lasciare la nostra impronta a partire dal nostro bagaglio di valori”. Altro terreno è quello delle Fondazioni che, come sottolinea Andrea Severi, segretario generale Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, ormai da tempo vedono la sostenibilità come “un tema imprescindibile con due declinazioni: il patrimonio finanziario e il mondo dell’attività istituzionale e filantropica”. Più orientata in termini di investimento, con una forte connotazione environmental, l’attività delle compagnie di assicurazione. Luca Terruzzi, senior Fixed Income portfolio manager Zurich Insurance Group Italia riporta, a questo proposito, come “per tutti gli investimenti, azionari od obbligazionari, in portafoglio sono stati identificati canali per individuare la CO2 prodotta dalle aziende, con un primo obiettivo di riduzione del 25% entro il 2025”. Tempi strettissimi, dunque, per allineare gli investimenti alle richieste internazionali in tema di sostenibilità. Tanto che, stabilire un piano d’azione interno diventa imprescindibile. “Ci siamo dati tre obiettivi concreti per rendere manifesta l’azione sotenibile del fondo”, afferma Orlando Vari direttore generale Fondo Pensioni del Personale del Gruppo BNL/BNP Paribas Italia “avere almeno il 90% del nostro portafoglio investito in società o titoli ESG  (oggi siamo all’88% ma solo sulla componente immobiliare esclusa quella governativa); avere un commitment di almeno 50 milioni (il primo anno) di investimenti a impatto; e un terzo elemento, dal momento che in quanto fondo preesistente abbiamo un ampio patrimonio immobiliare, operare in tal senso con opere di student housing, RSA e social housing, e infine ricollocazione residenziale”.

In chiusura dell’evento, Enrico Giovannini riporta il discorso su una dimensione più europea e internazionale. “Il messaggio – afferma il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili - è che i 17 goal dell’agenda 2030 sono ormai parte comune della cultura ma anche degli asset e dell’offerta complessiva di un settore così importante”. L’Italia, ha concluso Giovannini, contribuisce a rafforzare il modo in cui “il nostro continente e in particolare l’Ue affrontano queste tematiche, e in questo il Next Generation Eu è stato un passaggio fondamentale”.