Amundi ha commissionato una ricerca dal titolo Decoding Digital Investment che ha coinvolto 4.186 investitori retail di età compresa tra i 21 e i 60 anni in 11 mercati europei e asiatici per capire come investono, perché e in quale modo lo fanno.
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In Italia il 43% degli investitori retail investe in modalità digitale (del tutto o in parte) contro i quasi due terzi (64%) degli investitori retail a livello internazionale, totalmente (25%) o con un approccio ibrido online/offline (39%). A rivelarlo è una ricerca commissionato da Amundi dal titolo Decoding Digital Investment, che ha coinvolto 4.186 investitori retail di età compresa tra i 21 e i 60 anni in 11 mercati europei e asiatici.
Focus Italia
Non solo, In Italia le donne sono molto meno orientate a investire in modo digitale (35%) rispetto agli uomini (51%). Tre investitori retail italiani su cinque (61%) si avvalgono attualmente dei servizi di un consulente finanziario professionista, un dato di gran lunga superiore alla media mondiale (46%). Ciò detto, in Italia gli uomini sono meno propensi ad accedere alla consulenza professionale rispetto alle donne (65% contro il 58% degli uomini). Solo il 17% degli investitori retail italiani prevede di investire di più nei prossimi 12 mesi. Secondo la ricerca, la diminuzione del reddito a disposizione è il fattore chiave che per quasi la metà (47%) degli investitori retail italiani che spiega la riduzione dell’investimento nel 2024. "La ricerca condotta da Amundi in materia di modalità di investimento da parte dei clienti retail evidenzia in Italia significative differenze di genere per quanto attiene a esempio all’utilizzo di soluzioni digitali e al ricorso alla consulenza professionale", dice Ilaria Pisani, head of Sales ETF, Indexing & Smart Beta di Amundi SGR. "Conoscere questi dati è di grande importanza per orientare l’approccio di marketing e l’attività di consulenza in modo mirato sui bisogni e sui gap di conoscenza della clientela, aumentando così la sua soddisfazione”.
L'indagine
La ricerca, realizzata in collaborazione con alcuni partner in Europa e in Asia, rivela che quasi due terzi (64%) degli investitori retail a livello internazionale investono in modo digitale, totalmente (25%) o con un approccio ibrido online/offline (39%). Tuttavia, mentre l'esplosione delle opzioni di investimento digitali nell'ultimo decennio è spesso attribuita a cambiamenti di natura generazionale nei comportamenti, la ricerca mostra che l'utilizzo del digitale è generalmente elevato in tutte le fasce d’età e ancora più elevato tra gli investitori più facoltosi. Il 66% degli investitori retail di età compresa tra i 21 e i 30 anni investe almeno una parte del proprio portafoglio in modo digitale, mentre si registra un dato leggermente più basso nella fascia tra i 50 e i 60 anni (59%).
Inoltre, la ricerca mostra che l'investitore retail medio investe generalmente oltre la metà (53%) del proprio portafoglio in modo digitale senza avvalersi dei servizi di un professionista degli investimenti. Tuttavia, gli investitori continuano a fare affidamento su una consulenza finanziaria qualificata, con 2 intervistati su 5 che si rivolgono a un consulente professionista quando investono una somma pari a un anno di stipendio, quasi cinque volte di più di coloro che si rivolgono ai social media.
Guardando al prossimo futuro, è molto probabile che i livelli di utilizzo del digitale aumentino da qui a cinque anni: quasi la metà degli investitori retail digitali prevede un aumento della percentuale dei propri investimenti digitali. Sebbene questo dato differisca notevolmente da Paese a Paese, con un massimo del 60% tra gli investitori in Svizzera e Singapore e un minimo del 31% in Francia e del 35% in Italia, sono gli investitori retail relativamente più abbienti e con una maggiore consapevolezza a prevedere un aumento dei propri investimenti con modalità digitale. Il 38% di coloro che hanno un patrimonio investibile inferiore a 20.000 euro prevede di aumentare la percentuale del proprio portafoglio investita in modo digitale, percentuale che sale al 55% tra coloro che hanno un patrimonio investibile superiore a 150.000 euro.
Non solo, c'è anche un tema di gender gap. Infatti la ricerca mostra come l’industria finanziaria e degli investimenti debba adottare misure per favorire un maggiore coinvolgimento e inclusione delle donne che investono. Solo il 16% delle donne che investono è pienamente fiducioso di prendere le giuste decisioni finanziarie, mentre il 27% ritiene di essere poco informato. Il genere influisce anche sulle scelte dei prodotti: le donne sono molto più propense a investire in un conto deposito o in soluzioni di investimento a scadenza rispetto agli uomini (44% contro 34%) e molto meno propense a investire in ETF (26% contro 36%), spesso perché non sanno come farlo. Gli intermediari hanno l'opportunità di supportare e favorire l’acquisizione di una quota più ampia della ricchezza femminile se si impegnano ad intervenire su questo gap di fiducia e di informazione.
"Stiamo assistendo a una profonda e duratura trasformazione della nostra industria, intensificata dalla rapida digitalizzazione e dai cambiamenti demografici", conclude Fannie Wurtz, head of Distribution & Wealth Division, Passive Business Line della società.