Veicoli di private equity, private debt, infrastrutture, immobiliare privato e altri strumenti hanno dimostrato la loro capacità di accrescere la diversificazione in un portafoglio riducendo la volatilità e, nel contempo, generare extra rendimenti. Ma come confrontarsi con lo scenario attuale? “Come Cassa Dottori Commercialisti siamo attivi da oltre dieci anni nei mercati privati, un tempo relativamente breve per questo tipo di investimenti”, afferma Fabio Lenti, direttore investimenti presso la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Dottori Commercialisti. Confermando l’interesse degli istituzionali nei confronti di questo segmento, Lenti ricorda: “Abbiamo intrapreso questo percorso nel momento in cui abbiamo ritenuto di essere pronti, sia in termini di opportunità, sia a livello di gestione e monitoraggio successivi. Se è vero che questi investimenti offrono un contributo positivo in termini di decorrelazione dall'andamento dei mercati tradizionali e di diversificazione, è vero anche che richiedono una certa sofisticazione lato investitori, a maggior ragione in un contesto macro di maggiori difficoltà”. Quanto al contesto di mercato, l’esperto aggiunge: “Occorre una forte attenzione. Veniamo da anni in cui tutto appariva facile, tutti potevano gestire fondi di private markets agevolati dalla possibilità di potersi finanziare a tassi zero puntando di conseguenza all’espansione dei multipli e al ricorso alla leva. Oggi invece i gestori dovranno ricercare altri driver di performance, quali ad esempio una crescita più strutturale derivante dalla capacità di generare ricavi e dal miglioramento dei margini di guadagno. Allo stesso tempo, i rallentamenti del mercato e le pressioni inflazionistiche incideranno fortemente sulle capacità delle aziende di espandere i propri margini e, di conseguenza, risulterà ancor più determinante l’esposizione tramite gestori esperti nel controllo delle partecipate e nella creazione di valore in diversi cicli economici, apportando un valore aggiunto e garantendo diversificazione rispetto al mercato”. Per Lenti, “in generale, meglio un’opportunità persa, che una grana in portafoglio. Quindi la selezione deve essere molto rigida, a costo anche di rinunciare a talune opportunità potenzialmente di interesse. L’impegno di investimento in questi mercati, infatti, non si riduce alla selezione del gestore. Da quel momento parte un’attività di monitoraggio anche molto time consuming: analisi del portafoglio sottostante, revisioni regolamentari, variazioni nelle key man, assemblee, ecc. È quindi importante individuare con cautela e severità le controparti, e di queste le strategie più appropriate, con cui lavorare nel tempo e magari continuare a investire nei vintage successivi”.
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