Jesper Koll (Wisdom Tree): "Il mercato giapponese ha migliorato i fondamentali"

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Da diversi anni, l’economia del Paese del Sol Levante sta attraversando un periodo di notevole cambiamento sotto diversi aspetti: il primo ministro giapponese Shinzō Abe ha introdotte diverse politiche sociali ed economiche per far ripartire l’economia nipponica e ristrutturare il debito pubblico del Paese. “Il Giappone sta registrando delle ottime performance sia dal punto di vista economico che finanziario: negli ultimi 13 anni è sempre stato considerato il ‘sick man’ del mercato Asiatico, a causa della deflazione, delle bad bank e delle pessime politiche”, spiega Jesper Koll, Head of WisdomTree in Giappone. “Ma qualcosa è cambiato”.

Prima di tutto il Paese ha una stabilità politica che non aveva da diversi anni. Il primo ministro Abe, al potere da ormai cinque anni, è stato rieletto per il secondo mandato, vincendo le elezioni con la maggioranza dei due terzi del parlamento.  Questo determina una continuità nelle politiche strutturali per la crescita del Paese. Tra le politiche promosse dal primo ministro, troviamo una maggiore deregolamentazione, la privatizzazione e lo sviluppo delle pari opportunità in campo lavorativo. “A tal proposito, credo che quella giapponese sia l'unica economia avanzata, in cui vedremo l'ascesa della nuova classe media, grazie al miglioramento della qualità dei posti di lavoro”, ritiene Koll. “Abbiamo assistito alla creazione di posti di lavoro a tempo pieno, a differenza dell’America in cui circa l'80% delle nuove occupazioni create sono part-time. Questo rappresenta un chiaro segnale di stabilità. Un mercato del lavoro forte permette di creare leva finanziaria, accesso al credito e far ripartire tutti i settori dell’economia”.

La rivoluzione Abenomics

Secondo Koll gli impatti positivi della politica sono tre. Il primo riguarda un maggior coordinamento nelle politiche economiche e sociali promosse dallo Stato. In relazione al mercato europeo, in Giappone c’è una maggiore coerenza nell’attuazione di riforme strutturali. Il secondo impatto riguarda un risanamento dei debiti societari delle imprese. Le società giapponesi sono diventate molto competitive a livello globale, non solo le società high tech e robotics, ma in tutti i settori come quello finanziario: “Il Giappone è passato da 21 banche regionali a tre megabank, con un forte potere all’interno del territorio nazionale e capaci di competere in un panorama internazionale. La nazione è diventata il più grande player in Asia per quanto riguarda il mercato dei prestiti. Inoltre, è interessante sottolineare come le aziende nipponiche abbiano cambiato le loro politiche in materia di dividendi. Negli ultimi anni, le società hanno reso le politiche di dividendi il punto focale per attrarre nuovi investimenti".

Terzo e ultimo è il ‘demographic sweet spot’. In Giappone c’è un dato in controtendenza rispetto agli altri Paesi: la popolazione sta diminuendo invece che aumentare, e questo significa che se la forza lavoro diminuisce, le aziende saranno costrette ad offrire condizioni di lavoro migliori con retribuzioni più elevate. Oltre all'aumento dei salari vi sarà anche un miglioramento delle condizioni lavorative, come la sicurezza sul lavoro, piani pensionistici e benefit aziendali. “Molti pensano che la crisi demografica giapponese sia una condizione sfavorevole, io la considero un’opportunità”, puntualizza Koll.

Il team di ricerca di Wisdom Tree in Giappone

“Siamo un team di nove professionisti, il più numeroso in Tokyo, e svolgiamo attività di studio, promuovendo le nostre strategie globali agli investitori istituzionali, assicurativi e retail”, spiega Koll. La particolarità del team di Wisdom Tree è lo sviluppo di metodologie innovative sul mercato.

Oltre il Giappone

“Guardiamo anche alla Cina. Agli investitori piacciono particolarmente gli indici che abbiamo creato sulle ‘Free State Owned Enterprises’. In Cina moltissime aziende sono partecipate dal governo e ciò mette in difficoltà gli investitori nel valutare l’indipendenza di un’azienda dal partito. Noi abbiamo creato degli indici che possano identificare il grado di autonomia delle imprese cinesi e che permettano quindi investimenti sulle Free State Owned Enterprises", conclude Koll.