Sul fronte delle sfide, Karni ne individua una paradigmatica, ossia la capacità di “mixare esperienza e visione”. Certo, “il 2022 è stato un anno ‘unico’ per i mercati. Tuttavia molti gestori hanno un’esperienza poco più che decennale. Aver vissuto, ad esempio, la crisi del debito sovrano e magari un po’ anche la bolla dotcom del 2001, consente di affrontare i momenti di mercato in maniera più distaccata”. Il vero problema, afferma il responsabile, è che “oggi molti gestori hanno un bias verso l’acquisto, e questo è stato visibile anche con le diverse reazioni del mercato lo scorso anno: ogni occasione di storno è stata occasione di acquisto”. Karni rileva come molti professionisti abbiano costruito i propri screening e metodi di valutazione degli emittenti sulla base degli ultimi due lustri, “ma non è detto che questi metodi di valutazione funzionino nei prossimi anni, perché avremo tassi più alti, diverse politiche monetarie e diversi atteggiamenti da parte delle banche centrali”. Per contro, lo scenario che si prospetta sui prossimi anni è quello di “un mondo ricco di opportunità che non abbiamo avuto negli ultimi cinque anni”. Il riferimento va al ritorno dei rendimenti obbligazionari. “Questo farà sì che cambino le allocazioni core”, afferma Karni che si aspetta, tra le altre cose, il ritorno sulla ribalta dei bilanciati prudenti, “strumenti che, fino allo scorso anno, davano rendimenti negativi o nulli”. Un cambio di prospettiva, insomma, che contribuirà alla creazione di portafogli meno “estremizzati” (con una forte componente azionaria). In questo scenario, tuttavia si aprono nuove sfide per il risparmio gestito, come quella di “trovare la chiave di lettura giusta versus il banale investimento in BTP”. Questo si sposa con un altro obiettivo: un miglioramento dell’alfabetizzazione finanziaria, sfida questa che in Italia “è lungi dall’essere vinta”.
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