L’impatto del coronavirus sull'economia italiana

CDC, Unsplash
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Piazza Affari ha registrato un crollo maggiore del 5% a seguito delle notizie sulla diffusione Coronavirus in Italia. "Il crollo della Borsa di Milano della giornata del 24 febbraio è dovuto principalmente alla paura. Fino alla settimana scorsa si pensava che il problema coronavirus fosse limitato principalmente alla Cina, ma che, anche in quella zona, la situazione si stesse normalizzando, tanto che lentamente, alcuni stabilimenti produttivi stavano riaprendo", spiega Andrea Carzana, gestore azionario Europa di Columbia Threadneedle Investments. Ora si sta diffondendo il timore che, anche in Italia, alcune imprese possano chiudere e che vengano limitati gli spostamenti di merci e persone per circoscrivere la diffusione dell’infezione.

"Questo avrebbe un impatto negativo sull’economia europea, soprattutto in un contesto, come quello attuale, di crescita bassa. A livello industriale, le aziende avevano aumentato le scorte di magazzino in vista del Capodanno cinese, quindi, nel breve, non ci saranno problemi di scorte, ma se la produzione non venisse riavviata rischieremmo di avere un problema a livello di supply-chain. Lato consumi, la Cina sta indubbiamente soffrendo e questo ha ricadute anche sull’Europa e sull’Italia". 

Gli analisiti di Equita SIM, si aspettano un impatto negativo ma temporaneo sul PIL. “La Lombardia e il Veneto rappresentano il 30% circa del prodotto interno lordo nazionale. I rischi principali sono relativi alle società che hanno attività direttamente collegate ai flussi turistici e alla gestione di eventi, alle societa' con elevata esposizione ai consumi/attivita' commerciali in Italia (Nexi, Marr, Geox, OVS, IVS, Amplifon) e alle società che hanno elevata concentrazione di attività produttive in Nord Italia, in caso di deterioramento della situazione che porti a blocchi produttivi (IMA, Interpump, Zignago)". 

Secondo Matteo Ramenghi, chief investment officer di UBS WM Italy, bisogna pensare alle ripercussioni economiche del coronavirus, che saranno significative: ci aspettiamo un impatto negativo fino a 2 punti percentuali per il PIL cinese e anche l’Italia avrà un danno economico derivante dall’emergenza emersa in questi giorni. "Il terziario potrebbe reggere meglio rispetto al passato, grazie alla possibilità di lavorare da casa; d’altra parte, in Occidente le aziende hanno ridotto i magazzini dopo il credit crunch del 2008 e di conseguenza possono incorrere più rapidamente in problemi di approvvigionamento".

Secondo Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, la debolezza persistente all'inizio dell'anno ci ha portato a rivedere al ribasso allo 0,8% le nostre previsioni di crescita per il 2020 nell’area Euro (rispetto ad un consensus dell’1,1%): l’impatto del coronavirus rappresenta chiaramente un ulteriore fattore di rischio al ribasso”, spiega. “Il calo negli ordini per l’esportazione segnalato dal PMI manifatturiero, se prolungato, costituirà una sfida per le aspettative di una ripresa sostenuta da un forte commercio globale, mentre la fiducia delle imprese è ancora a livelli bassi”.

Un po' di numeri

La prima reazione alla diffusione del virus è all’insegna della preoccupazione con cali marcati dei listini azionari e corsa all’acquisto di Treasury Bund e oro. La curva a termine dei future sul Vix presenta nuovamente una pendenza negativa di circa l’1% sulle scadenze fino a 5/6 mesi. Il tasso Treasury 10 anni si è posizionato circa 50 punti base al di sotto delle aspettative di inflazione, avvicinandosi ai circa 60 punti base raggiunto a metà 2016, quando il Treasury 10 anni raggiunse il minimo storico in prossimità dell’1,30%. La curva dei tassi negli Usa si è nuovamente fortemente invertita sul segmento 3 mesi 10 anni, con marcato aumento delle aspettative di quasi 50 punti base di taglio tassi entro marzo 2021. Il petrolio e il rame son in calo ma al di spora dei minimi di metà febbraio.

"L’impressione è che, di fondo, si stia ancora ripetendo quanto visto da inizio anno e cioè forte impatto emotivo inziale con calo dei listini azionari concentrati soprattutto dove il focolaio del virus in quel momento è più forte e/o dove più forte è il timore del contagio. Contestualmente lo sguardo si rivolge di nuovo alle Banche centrali, in particolare la Federal Reserve cui viene di fatto chiesto implicitamente un marcato taglio dei tassi, ma soprattutto un eventuale maggiore flusso di iniezioni di liquidità in forma più estesa e duratura rispetto allo status quo", spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte SIM

"Le ultime dichiarazioni di membri Fed sono state piuttosto contrastanti ma con diversi esponenti di peso (tra cui il vice presidente Clarida) che di fatto hanno etichettato come temporaneo l’effetto del virus. Si tratta di dichiarazioni allo scorso venerdì che sarà bene verificare questa settimana (oggi e domani attesi i discorsi di membri Fed tra cui nuovamente Clarida) ma che riflettono in parte l’impressione dal lato Usa di una situazione tutto sommato sotto controllo, forti di un numero di infetti al momento poco al di sotto di 40. Del resto, recentemente la Fed ha ribadito l’intenzione anche di ridurre progressivamente le iniezioni di liquidità iniziando dai Repo (dal 3 marzo il cap delle operazioni a 14 giorni verrà ulteriormente ridotto da 25 a 20 miliardi di dollari) con possibilità (si veda quanto scritto nelle minute dell’incontro di fine gennaio) di procedere d una riduzione degli acquisti anche di bills , al momento fermi a 60 miliardi di dollari mensili". 

Cesarano continua, "l’estensione dell’impatto del virus diventa pertanto sempre più la cartina tornasole per comprendere quanto i mercati azionari stiano davvero beneficiando di un mare crescente di liquidità piuttosto che della percezione di un quadro macro in miglioramento a breve, in attesa cioè di un’ipotesi di ripresa a V in Cina, appena passato il picco del virus. Le possibili manovre fiscali in arrivo potrebbero rappresentare l’importante ulteriore ingrediente utile soprattutto su un’ottica di medio termine, ma nel breve l’appeal esercitato dalla maggiore liquidità da parte delle Banche centrali rimane probabilmente ancora l’oggetto primario del desiderio".