L’inclusione finanziaria nei mercati emergenti come un’opportunità di investimento

8384455426_27019ed4b9_z_copia
David Stanley, Flickr, creative commons

Quasi la metà della popolazione mondiale in età lavorativa non ha accesso a un conto corrente bancario. La disparità è ancora maggiore per le donne, fra le quali, a livello globale, solo il 65% ha un conto corrente, contro il 72% degli uomini. Il divario è rimasto invariato dal 2011. Il problema della bassa penetrazione bancaria riguarda soprattutto i Paesi emergenti. Infatti, la popolazione che non ha accesso ai servizi bancari è concentrata prevalentemente in sette Paesi: Cina, India, Pakistan, Indonesia, Nigeria, Messico e Bangladesh.

Ross Teverson, head of Strategy, Emerging Markets di Jupiter Asset Management, ritiene che “la tecnologia stia però favorendo l'inclusione finanziaria, in quanto consente anche nelle regioni più remote di accedere ai prodotti finanziari senza bisogno di filiali fisiche. Prendiamo ad esempio il Brasile: sebbene sia una delle maggiori economie emergenti, questi trend sono ancora in una fase iniziale. Tra le aziende che riteniamo possano beneficiare di questo sviluppo c'è Itau Unibanco. L'azienda ha già dimostrato di essere in grado di sopravvivere nelle fasi di crisi, restando fortemente profittevole nella maggior parte delle fasi di mercato. Inoltre, il profilo di crescita delle banche private è sostenuto dalla continua debolezza delle banche pubbliche e da bilanci in grado di contribuire ad un'ulteriore crescita a medio termine senza rischio di dispersione del capitale proprio”.

Il rapido progresso tecnologico è più evidente nell'Africa subsahariana, dove la percentuale di adulti con un conto corrente mobile è raddoppiata dal 2014 arrivando al 21%. Secondo Findex, i conti correnti mobile sono particolarmente diffusi in Kenya, dove il 73% degli adulti ne possiede uno, così come in Uganda e nello Zimbabwe, dove la percentuale viaggia attorno al 50%. Per avere esposizione a questo trend, abbiamo in portafoglio la Kenya Commercial Bank (KCB)”, spiega Teverson.

L’inclusione finanziaria riguarda anche i servizi assicurativi e i fondi pensione. “Entrambi i settori sono estremamente carenti in Turchia. Solo il 20% dei dipendenti ha una pensione coperta dal datore di lavoro, ma il governo turco punta a migliorare questo dato. Lo Stato sta incentivando misure di risparmio con un'integrazione del 25% e, di conseguenza, il mercato è in rapida crescita, con un tasso di crescita annuo composto del 20%, pur partendo da una base modesta. Tra le aziende che stanno cercando di massimizzare questa tendenza vi è AvivaSA, una joint venture assicurativa e pensionistica tra l'assicuratore britannico Aviva ed il conglomerato turco Sabanci. In generale, cerchiamo società poco conosciute e sottovalutate che beneficeranno dei cambiamenti strutturali. Crediamo che ci siano molte aziende ben gestite nei Paesi in via di sviluppo che potrebbero beneficiare degli importanti cambiamenti legati alla maggiore inclusione finanziaria”, conclude.

Anche Steven Bell, chief economist di BMO Global Asset Management, sostiene che "i mercati emergenti offrano delle ottime opportunità di investimento sul lungo termine. Le caratteristiche demografiche sono interessanti e la possibilità di utilizzare la tecnologia per compiere dei balzi in avanti in aree quali l’educazione, la finanza e l’agricoltura rende possibile la crescita globale. Ci sono ancora margini di miglioramento a livello di governo aziendale, che renderebbero i mercati emergenti più resistenti alle flessioni di mercato e i loro mercati azionari più efficienti. Le aziende dei Paesi emergenti continuano a dover affrontare alcuni ostacoli, ma le valutazioni sono convenienti e offrono buone opportunità su base selettiva”.