L’irrefrenabile bisogno di sentirsi liquidi

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Giorgio Fata

A partire dal 2008 si è registrata una vera corsa verso la liquidità. Negli ultimi dieci anni sono cresciute sempre di più le strategie che garantiscono una liquidità giornaliera: possono essere degli esempi le strategie alternative in formato Ucits oppure i nuovi ELTIF. “Purtroppo, con il senno di poi, è stato un esperimento deludente che ha determinato performance mediocri e anche la qualità dei gestori è rimasta sotto la media”, spiega Matteo Santoro, portfolio manager di Kairos. 

Per quanto riguarda il mondo fixed income, una volta era indubbiamente più semplice ottenere rendimenti rispetto ad oggi. “Penso però che comprare fondi UCITS più costosi in formato alternativo non permetta di ottenere delle buone performance al netto delle fee”. Secondo il gestore, si ricomincia a capire che è meglio avere fondi con liquidità mensile o trimestrale rispetto ad averne uno con liquidità giornaliera. “Inoltre abbiamo visto cambiare l’assetto dell’industria in questo periodo: in Europa si cominciano a vedere fondi hedge con veicoli offshore che offrono rendimenti molto più alti. Se il gestore o l’investitore in questi momenti di mercato non si pone un orizzonte temporale più lungo, ottiene dei rendimenti limitati”. 

Anche secondo Massimiliano Orioli, partner e responsabile gestioni patrimoniali, Anthilia Capital Partners, il mercato negli ultimi dieci anni ha registrato una sempre maggiore specializzazione e conseguente crescita sia delle strategie absolute e total return. Il mercato si è evoluto attorno a due mondi, gestioni alternative liquide e gestioni passive, a scapito del segmento delle gestioni e dei fondi a benchmark che ha rappresentato per decenni il cuore del mondo dell’asset management.

“Dal nostro punto di vista, prediligere fondi attivi con un’attenta due diligence che non premiano è poco conveniente. Per questo motivo, optiamo per strategie unconstrianed total, return con asset allocation più efficiente”, spiega Orioli. “Alla luce dell’effetto del quantitative easing che negli anni ha prodotto un aumento delle valutazioni dei risky asset, preferiamo fare affidamento sui fondi passivi al fine di raccogliere premi al rischio nel breve periodo, prediligendo strategie alternative nel lungo termine”. 

Il quantative easing

Un elemento alla base dell’evoluzione dei prodotti è stata la massiccia presenza delle banche centrali che ha impattato i rendimenti e la liquidità. “Questo elemento hanno reso sempre più sottile il differenziale tra chi produce alpha positivo e chi produce alpha negativo (trasparenza e limiti di concentrazione hanno per certi versi appiattito i differenziali di qualità tra i gestori)”, spiega Alessandro Angelini, portfolio manager di Euromobiliare Advisory SIM. “Comparti costruiti per fronteggiare il nuovo contesto (fondi bilanciati e multi asset) hanno fatto la voce del leone. D’altro canto, i gestori alternativi, incapaci di generare ritorni soddisfacenti in un contesto in cui, a causa della normativa, il premio di liquidità è venuto a mancare (elemento tipico dei tradizionali fondi hedge) dopo un primo periodo di successo sembrano oggi soffrire”. 

"Un’altra cosa che ha favorito lo sviluppo di strategie alternative sono state le direttive europee che hanno trasformato il mercato europeo dell’investimento collettivo con l’obiettivo di ricercare rendimenti interessanti. Infine, negli ultimi anni hanno preso particolarmente piede i fondi tematici legati alle trasformazioni sociali e/o economiche che avanzano a velocità diverse. Molti prodotti inoltre stanno integrando criteri di sostenibilità all’interno del processo di selezione”, conclude Marco Frattolillo, fund selector per la componente azionaria, Monte dei Paschi di Siena.