La Cina, un elefante in bicicletta

Wen Jiabao è stato Primo Ministro del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese dal 2003 al 15 marzo 2013, nonché membro del Comitato Permanente del Politburo del Partito Comunista Cinese. Questo significa che quando ha pronunciato l’affermazione citata era alla guida di un paese che nel 2007 avrebbe fatto registrare un tasso di crescita del PIL pari a + 14%. Per la Cina questo risultato si sarebbe quindi tradotto come il quinto anno consecutivo nel quale la crescita si attestava solidamente sopra al 10%.  In questi anni, nonostante la crisi mondiale dilagante, con imponenti politiche di stimolo è sempre riuscita a mantenere un tasso di crescita in linea con il profilo di un’economia emergente. Non ci sorprendiamo di certo quando il Dragone viene indicato come la stella più brillante tra i BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), anche se alcuni sono pronti a giurare che nel prossimo futuro l’India sia già pronta a scalzarla.
Le ambizioni politiche ed il crescente peso dell’economia cinese a livello mondiale hanno reso la Cina spunto di numerose riflessioni, apprezzamenti ed aspre critiche. La Cina è come un elefante in bicicletta. Se rallenta, potrebbe cadere e la terra tremare? Un timore diffuso che però ne sottolinea l’importanza crescente negli equilibri internazionali. Il rallentamento della crescita del PIL viene perciò monitorato con particolare apprensione da quei paesi che sono diventati i principali partner commerciali, in questi anni in cui la Cina ha calamitato le esportazioni di materie prime per supportare la forte espansione del settore industriale.Pretendere che la Cina cresca costantemente anno dopo anno è qualcosa di impensabile ed assurdo. 
 
Perché? Se non vi basta il fatto che questo concetto fosse chiaro allo stesso leader del Politburo già nel 
2007, vedremo di approfondire alcune peculiarità del sistema economico e culturale cinese per comprendere come mai un cambiamento sia necessario, quanto auspicabile, per tutti i soggetti in gioco. Anche a scapito del tanto inflazionato tasso di crescita del PIL. Partiamo dal presupposto che la crescita cinese si è fondata nell’ultimo quarto di secolo su due fattori: tasso di risparmio e settore dell’esportazioni. La rincorsa della Cina per diventare una potenza mondiale è partita con le riforme iniziate con Deng Xiaoping nel 1978; queste hanno contribuito sostanzialmente a portare la Cina verso un’economia di mercato, abbandonando la pianificazione centrale che ne aveva frenata la crescita oltre a causare, in alcuni casi come la politica del Grande Balzo in Avanti, gravi perdite sia in termini di risorse che di vite umane (si stimano 42 milioni di morti). Il governo ha quindi cercato di stimolare il paese ad intraprendere questo sentiero verso la prosperità aumentando la concorrenza interna, riducendo l’egemonia delle SOE (imprese di proprietà statale) che con il tempo sono state ristrutturate in modo da aumentarne la profittabilità (anche a costo nel 1994 di rinunciare a raccogliere i dividendi che spettavano al governo in qualità di maggiore azionista) ed aiutando la crescita del settore industriale attirando efficacemente una quantità crescente nel tempo di finanziamenti internazionali e di società straniere che potevano operare nelle SEZ (regioni costiere nelle quali era possibile godere di sussidi e di un trattamento agevolato in materia di prezzi per le risorse ed i terreni).
 
La strategia del governo
La strategia a cui si è sempre attenuto il governo cinese in fase di determinazione e di implementazioni delle riforme è stata quella del ‘sentire la pietra per attraversare il fiume’, ogni scelta viene prima verificata in una regione campione per poi – in caso di successo – essere allargata fino a raggiungere la scala nazionale. Nell’ultimo quarto di secolo la spesa sociale cinese è rimasta praticamente costante in termini di PIL, mentre la società subiva evidenti cambiamenti (una forte urbanizzazione, la crescita della così detta popolazione migrante) trovandosi a doversi confrontare con le conseguenze della riforma del 1998 con la quale gli impegni sociali (educazione, sanità, alloggi), che storicamente gravavano sulle SOE, sono stati cancellati dalle voci di bilancio delle imprese ancora di proprietà dello stato. L’incremento del gettito fiscale derivante dalla crescita costante del paese al contrario non è stato accompagnato da un maggiore contributo pubblico nella spesa sociale, lasciando perciò la popolazione senza un’adeguata protezione. 
 
Quanto descritto ha avuto l’effetto di aumentare il risparmio delle famiglie a causa dei rischi improvvisi ed 
inaspettati che sono costrette ad affrontare senza un sostegno adeguato (le famiglie risparmiano in giovane età per poter garantire le dovute cure mediche ai bambini, poi per poter garantire loro una buona 
istruzione ed infine in tarda età per dover provvedere alle loro stesse cure mediche) e alla necessità di 
dover ora provvedere a loro spese all’alloggio. L’inadeguata rete sociale da parte dallo stato ed il crescente risparmio precauzionale deprimono quindi i consumi interni del mercato cinese, spingendo perciò le imprese a concentrarsi sulle esportazioni approfittando della grande liquidità presente sul mercato e degli investimenti governativi mirati a garantire che la crescita del paese non rallenti.
 
Nonostante le riforme intraprese in ambito bancario mirate a rendere le banche commerciali maggiormente indipendenti, nel tentativo di riordinare il settore a causa delle quote preoccupanti di prestiti deteriorati che detenevano le banche in portafoglio, il credito è essenzialmente distribuito attraverso le così dette guidelines dal governo (la cui influenza è ancora molto forte). I problemi del 
settore finanziario e bancario cinese sono profondi, questa situazione non è tuttavia semplicemente 
giustificabile da un controllo centrale che stabilisce attraverso i piani quinquennali come indirizzare 
l’economia, ma anche dalla situazione di contingenza a livello internazionale dovuta alla crisi globale che ha fatto emergere recentemente il problema di uno squilibrio concorrenziale a livello globale e l’aspettativa che la Cina apprezzi il renminbi per porre rimedio.
 
I bassi tassi di interesse sui titoli di stato americani e le crescenti aspettative di un costante apprezzamento dello yuan hanno generato un flusso di capitale speculativo che la Cina, storicamente preoccupata da un inflazione in crescita, ha affrontato con una serie di manovre di politica monetaria restrittiva, sterilizzando la valuta forte che altrimenti avrebbe invaso il mercato nazionale spingendo i prezzi verso l’alto. La scelta di attuare manovre di politica monetaria condotte fuori mercato, attraverso l’innalzamento delle riserve obbligatorie per gli istituti bancari, ha permesso di evitare un incremento nei tassi di interesse e quindi scongiurato afflussi aggiuntivi di nuovo capitale speculativo.  
 
Se questa è stata una scelta ottima dal punto di vista del governo centrale è innegabile che ha avuto come effetto quello di mantenere un tasso di interesse percepito dal mercato inferiore a quello che la realtà economica avrebbe suggerito. Questa manovra ha avuto quindi un impatto sui livelli di risparmio di tutti i soggetti coinvolti. Bloccare la possibilità di espandere il mercato del credito da parte delle banche ha comportato l’incremento del risparmio dei privati e delle imprese che si sono viste tagliare fuori da questo 
fonte di capitale (FOCUS 1). 
 
L’alta domanda di capitale per finanziare gli investimenti, consuetudine dei paesi che stanno crescendo 
rapidamente, perciò si scontra con queste limitazioni e alla fine è ancora una volta il governo, con la sua 
influenza, a guidare ed indirizzare i prestiti verso quei settori che sono ritenuti strategicamente importanti 
per il paese. Quella parte di capitale, invece, liberamente allocabile da parte delle banche finisce per essere a sua volta assorbito dai grandi gruppi aziendali, di cui si conoscono una quantità maggiore di informazioni, e dalla società politicamente collegate. Finiscono per trarre beneficio del basso costo del capitale quelle imprese quindi ad alta intensità di capitale, come quelle che esportano, e quindi il sistema finisce per accentuare questo squilibrio che tende a premiare il capitale a scapito del lavoro, fattore che in Cina non è certamente scarso visto il continuo flusso di manodopera dalle zone rurali a quelle urbane.
 
FOCUS 1. Relazione tra risparmio delle famiglie cinesi ed i tassi di interesse
 
In precedenza abbiamo commentato che i bassi tassi di interesse deprimono i consumi dei privati in Cina. Un’affermazione affatto banale e scontata, tanto più alla luce di quanto ci viene spiegato nelle scelte di 
politica monetaria di USA, EU, Giappone. La Cina funziona al contrario rispetto alla nostra propensione 
al consumo. Perché? Difficoltà di accedere al credito ed assenza di una qualsiasi forma di rete sociale hanno un ruolo di certo importante. Pensiamo di dover risparmiare perché sappiamo che dovremo 
affrontare, per noi e la nostra famiglia, spese per: salute, educazione, casa. Essendo soli non ci resta che risparmiare, risparmiare e ancora risparmiare.Tassi di interessi bassi ci costringeranno a mettere da parte una quantità superiore del nostro reddito, mentre al contrario dei tassi alti ci permetterebbero ad incrementare i nostri consumi…visto che basterebbe una riserva minore per raggiungere la cifra che in futuro sappiamo ci servirà. Questo aspetto è fondamentale per tentare ad iniziare a comprendere una realtà complessa ed opaca quale la Cina.
 
La ricetta per crescere sani, belli e forti? La Cina deve lasciare apprezzare lo yuan e far crescere i tassi di interesse, ma questo sarà possibile solo se gli USA alzeranno i tassi di interesse - riequilibrando così il flusso dei capitali a livello internazionale. Solo togliendo pressione inflazionistica la Cina potrà continuare i passi intrapresi dall’XI Piano Quinquennale di crescita economica per passare ad un sistema più armonioso e stabile; non affidandosi solo all’esportazione ma dando nuova linfa al mercato interno dei consumi. Altrimenti come detto il paese sarà costretto a continuare il suo perverso percorso per assecondare gli osservatori internazionali ed evitare giudizi che potrebbero creare tensioni interne indesiderate. Come? 
Continuando a sostenere la crescita del PIL conquistando sempre nuove quote di mercato a danno degli equilibri commerciali internazionali.