La Corea del Nord minaccia ma i mercati non reagiscono

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(stephan), Flick, Creative Commons

Da inizio agosto il mercato è alle prese con il rischio Corea del Nord che, secondo l’intelligence USA, avrebbe la capacità di montare delle testate nucleari sui propri missili balistici. Il lancio di un missile a medio raggio che ha sorvolato il Giappone e la detonazione di un ordigno a idrogeno su suolo nordecoreano in questi giorni di inizio settembre danno la misura dell’allerta. L’acuirsi della tensione ha portato molti a chiedersi quale potrebbe essere l’effetto di un peggioramento della crisi mentre l’attenzione si sposta sul fronte politico. “Il dubbio è quale possa essere la reazione degli USA, in considerazione del fatto che la diplomazia non produce risultati, Cina e Russia sembrano contrari a nuove sanzioni, e l’esecutivo Trump non è in condizioni ideali per accettare smacchi e provocazioni”, afferma Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners SGR.

I mercati non condividono l’ansia dei media
Le ultime settimane sono state caratterizzate dall’aggravarsi della situazione in Corea del Nord. Spiega Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm: "Non è la prima volta che la Corea guadagna le prime pagine dei giornali  ma difficile dire con precisione fino a che punto i mercati abbiano inserito nelle loro valutazioni la probabilità di un evento del genere, sicuramente il problema coreano non è una novità della politica internazionale, ma sarebbe difficile argomentare che i mercati abbiano già preso in considerazione la peggiore delle ipotesi sul campo". E continua: "Non abbiamo visto nelle ultime settimane una vendita delle asset class più rischiose, le valutazioni non sono scese e anche l’aumento della volatilità che ha caratterizzato la seconda metà di agosto non è durato a lungo".

Quale è la spiegazione? "Si potrebbe pensare che i mercati non hanno la capacità di valutare un evento dalla bassa probabilità e dall’alto potenziale di rischio, un cosiddetto cigno nero. Questo è vero nella maggior parte dei casi, ma il contrario logico di questo argomento porterebbe all’inazione: evito di investire perché una catastrofe naturale potrebbe colpire il pianeta, affossando i mercati azionari. Si potrebbe anche sostenere che i mercati non considerino l’ipotesi di un conflitto e che la convinzione generale veda il buon senso prevalere”. Per Phil Poole, capo della ricerca di Deutsche AM, “i mercati finanziari non sembrano immaginare l’imminenza di un'escalation militare. La Corea del Sud è molto vicina all'epicentro della crisi. Quindi, si potrebbe pensare che i mercati finanziari del Paese riflettano la recente escalation. Guardando ai movimenti dei prezzi, tuttavia, sembra che i mercati non condividano l'ansia dei media. La valuta della Corea del Sud, il won, praticamente non ha reagito. I movimenti recenti non sono in alcun modo paragonabili ai colpi che abbiamo assistito durante la crisi finanziaria, per non parlare della crisi asiatica degli anni '90. La volatilità implicita nei mercati delle opzioni, un altro indicatore comune del rischio, rimane altrettanto contenuta. La performance delle azioni sudcoreane non si è scostata molto dagli altri mercati azionari e l'indice azionario coreano (KOSPI) è aumentato di circa il 16% da inizio anno.

Torna di scena un nuovo rischio politico globale
La variabile in più di cui tenere conto adesso è un nuovo rischio politico. Secondo l’analisi di Keith Wade, chief economist and strategist di Schroders, il rischio di una guerra nucleare con gli Stati Uniti esiste, anche se è più probabile che la tensione tra Cina e America continui su fronte della guerra commerciale che è già cominciata ed è fortemente voluta da Donald Trump. I timori di un braccio di ferro commerciale tra Cina e USA, anche a causa della Corea del Nord, secondo l’analisi di Schroders, potrebbe spingere il presidente Trump a imporre il pagamento del 40% sulle importazioni cinesi nel quarto trimestre di quest’anno. La Cina potrebbe rispondere ripagando Trump con la stessa moneta ingessando l’economia mondiale, indebolendo la crescita e facendo schizzare all’insù l’inflazione.

Anche per Carlo Benetti, head of market research and business innovation di GAM (Italia) SGR, "il contesto economico generale resta favorevole al rischio. La crescita economica resta convincente e diffusa, non si avvertono segnali di inflazione preoccupanti, le politiche monetarie restano accomodanti, le normalizzazioni delle Banche centrali sono governate dalla cautela. L’esercizio del pensiero prudente aiuta a guardare ai fenomeni con ponderazione, a riconoscere ad esempio il potenziale di indeterminatezza del rischio geopolitico. Da una parte le tensioni con la Corea del Nord governata da un uomo che pensiamo di conoscere e che probabilmente è meno folcloristico di quello che rivela il taglio dei capelli. Dall’altra gli Stati Uniti, dove un uomo con un altro ardito taglio di capelli deve fronteggiare un’agenda fitta, resa ancora più complicata dalla catastrofe naturale in Texas". E aggiunge: "Il rischio geopolitico suggerisce cautela nelle esposizioni più rischiose".

Cautela è la parola d’ordine 
"Ancora una volta, senza lasciarsi convincere dai catastrofismi e senza correre il rischio di rimanere paralizzati nel punto zero dell’inazione, il consiglio è quello di evitare di caricarsi di asset class rischiose, senza però focalizzarsi sulla crisi coreana, che tra l’altro non è l’unico elemento di preoccupazione presente in giro per il globo", dice Flax. "Il problema coreano potrebbe rimanere sullo sfondo ancora al lungo ed essere apprezzato gradualmente dai mercati. Cautela in questa fase è la parola d’ordine per costruire una strategia che permetta di sfruttare i dati macro incoraggiante nel medio periodo. Ricordando, però, che ci sono sempre dei limiti alla diversificazione, almeno finché non saremo in grado di diversificare su un altro pianeta".