La fotografia del private equity italiano nel 2019

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C Dustin, Unsplash

L’Osservatorio Private Equity Monitor – PEM della LIUC Business School ha presentato i risultati del private equity del 2019.

“Il settore del private equity conferma ed anzi consolida nel 2019 l’eccellente stato di salute già evidenziato ormai da un triennio, affermano Anna Gervasoni, presidente PEM e Francesco Bollazzi, responsabile PEM. "In particolare, il 2019 segna il record in termini di numero di operazioni: il dato di riferimento in tal senso, in precedenza, era rappresentato dalle 175 operazioni registrate proprio l’anno precedente. Nel 2020, poi, il private equity si conferma industry caratterizzata da elevata maturità e resilienza, contenendo con grande efficacia l’impatto negativo generato dal Covid in ambito economico”.

I buy out confermano la leadership di mercato

Dal punto di vista delle principali evidenze, nel 2019 il mercato conferma la tendenza già registrata negli ultimi anni (dopo la parentesi del 2011 e del 2012), con una netta prevalenza delle operazioni di Buy out, che si attestano al 75% delle preferenze (in aumento rispetto al 72% dell’anno precedente). Non evidenziano segnali di ripresa gli Expansion, con una quota del 19% rispetto al 21% del 2018 (rappresentavano il 35% del mercato nel 2014). Il residuo 6% del mercato è costituito principalmente dai Turnaround (4%, in flessione rispetto all’anno precedente, ma numericamente di pari significatività a fronte delle maggiori dimensioni del mercato), mentre il 2% è relativo ad interventi di Replacement.

Anche se molto probabilmente con modalità differenti rispetto a quanto avvenuto in passato, questo dato conferma come gli operatori continuino ad indirizzare l’attenzione verso operazioni in cui l’acquisizione della maggioranza consenta sia una massimizzazione dei rendimenti, sia un approccio in linea con le professionalità maturate nel tempo, pur in presenza di una leva finanziaria ormai da qualche anno sempre piuttosto contenuta.

Sempre con riferimento alla tipologia di deals realizzati, sono stati registrati 46 add-on (21% del mercato complessivo), in aumento rispetto al dato del 2018 (33 operazioni, 19% del mercato), a conferma di un ruolo ormai di assoluta rilevanza assunto dai progetti di aggregazione industriale nel settore.

Ad aggiudicarsi il titolo di operatore più attivo nel corso del 2019, come già l’anno precedente, risulta Xenon Private Equity, che chiude con 9 operazioni (di cui la metà corrisponde a deals di tipologia add-on). Segue, con 7 investimenti, Ardian. Nel dettaglio, poi, diminuisce ancora leggermente il livello di concentrazione nel corso del 2019: 32 operatori hanno raccolto intorno a sé il 50% dell’attività d’investimento, rispetto ai 29 del 2018.

Le imprese familiari le più ricercate

In termini di deal origination, non emergono particolari inversioni di tendenza. Le imprese private e familiari, mantenendo il livello delle preferenze (77% nel 2019, in linea con l’anno precedente), continuano a rappresentare larga parte delle opportunità di investimento. Le cessioni di rami d’azienda di imprese italiane salgono dal 2% al 6%.

Si attenua la rilevanza dei Secondary Buy out, che evidenziano una significativa decrescita rispetto al 2018 (10% vs 17%). In aumento, inoltre, le cessioni di rami d’azienda di imprese straniere (5% nel 2019), mentre risulta stabile al 2% il passaggio di quote di minoranza tra operatori.

La Lombardia ed i prodotti per l’industria si confermano ai primi posti

Sul fronte della distribuzione regionale, la Lombardia, regione che da sempre risulta essere il principale bacino per gli operatori, nel corso del 2019 ha rappresentato il 38% del mercato. Seguono Emilia Romagna (14% del totale), Veneto (13%) e Toscana (8%). Nel Mezzogiorno, si sono chiuse quindici operazioni (nove nel 2018), di cui quattro rispettivamente in Sicilia e Campania.

Per quanto concerne i settori d’intervento, il 2019 conferma l’ormai consolidato interesse degli operatori verso i prodotti per l’industria, comparto che attrae il 25% delle operazioni di investimento, anche se in calo rispetto al 2018 (32%). I beni di consumo confermano la loro seconda posizione tra le preferenze degli investitori (22%), sostanzialmente in linea rispetto all’anno precedente (20%). A seguire, si rileva la presenza del settore alimentare, con il 12% (13% la quota del 2018), e di quello del terziario (servizi professionali ad eccezione di quelli finanziari, 11% vs 10% nel 2018). Al quinto posto, si riaffaccia l’industria ICT (8%), grazie alla crescente richiesta di nuove applicazioni in numerosi ambiti industriali.

In diminuzione la dimensione media delle imprese target

Con riferimento alle caratteristiche economico-finanziarie delle imprese target e, quindi, al volume di ricavi, il dato mediano risulta pari a 35,6 milioni di Euro, in diminuzione rispetto al valore del 2018 (44,5 milioni di Euro). Il 75% degli investimenti è indirizzato verso imprese che non superano un fatturato di 60 milioni di Euro, in aumento rispetto a quanto registrato l’anno precedente (58%). Diminuisce, invece, la presenza di imprese con fatturato compreso tra 61 e 100 milioni di Euro (10% vs 17%). Anche i deal su aziende di grandi dimensioni diminuiscono la propria quota: essi hanno rappresentato il 3% del mercato, in diminuzione rispetto al 9% del 2018.

In contenuto calo i multipli di ingresso

Da ultimo, una ulteriore evidenza è relativa al multiplo sull’EBITDA, che ha registrato un valore mediano pari a 9,1x. Tale dato risulta in contenuta diminuzione rispetto allo scorso anno (10,1x). Dopo un triennio di multipli in impennata, il 2019 vede una frenata ed una contrazione di tale dato. Il valore mediano di Enterprise Value delle società oggetto di acquisizione si è attestato intorno ai 75,0 milioni di Euro, in diminuzione sul dato dell’anno precedente (95,0 milioni di Euro), evidenza che trova spiegazione nelle minori dimensioni medie delle target, sia a livello di revenues, che a livello di numero di dipendenti (112, rispetto ai 142 del 2018), ma anche in parte nella contrazione riscontrata nel settore proprio per quanto concerne il dato precedentemente riportato relativo ai multipli.

“Il nuovo contesto di mercato richiede sempre più capacità di evolvere e sistematicità nella innovazione, entrambi verso modelli di business sempre più sostenibili; il private equity è uno dei migliori strumenti a disposizione delle aziende Italiane per accelerare questa fase”, spiega Gianni Galasso di EOS IM.

Il primo semestre del 2020

Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio, nel primo semestre 2020 sono state annunciate 93 nuove operazioni di investimento (esclusi gli start up, i reinvestimenti in società già partecipate e le operazioni poste in essere da veicoli di investimento pubblici), in linea rispetto al medesimo periodo del 2019 (quando furono esattamente 95). In termini di tipologia di operazione, la maggior parte degli investimenti ha riguardato interventi di buy out (80%), seguiti dagli expansion (14%), dai turnaround (4%) e dai replacement (2%).

Le operazioni di add-on ammontano al 42% del totale, registrando un ulteriore deciso incremento rispetto agli ultimi anni, che già avevano sempre più evidenziato e sottolineato la rilevanza ed il ruolo dei processi di aggregazione industriale. In termini settoriali, si conferma la consolidata presenza di aziende che operano nel comparto dei beni di consumo e dei prodotti per l’industria, rappresentando quasi il 50% del mercato. Con riferimento alla distribuzione geografica, il mercato è risultato fortemente concentrato tra la Lombardia, il Piemonte, il Veneto e l’Emilia-Romagna, che insieme hanno catalizzato il 73% delle aziende target. Sempre residuale è risultato, invece, il coinvolgimento di imprese del Sud (stabile al 4%).

“In questo momento di particolare difficoltà per l’economia del nostro Paese, gli operatori di private equity si confermano attori estremamente importanti per rafforzare la competitività delle imprese italiane, dotandole di strumenti finanziari, manageriali e tecnologici e sostenendo processi di crescita e aggregazione e in tale ambito Fondo Italiano d’Investimento SGR intende consolidare il proprio ruolo sia come investitore diretto che attraverso l’attività di fondo di fondi”, ha affermato Roberto Del Giudice, partner di Fondo Italiano d’Investimento SGR.

Marco Canale, presidente e amministratore delegato di Value Italy SGR, aggiunge: “Il mecato del private equity si conferma vitale. Le competenze e l’esperienza dei gestori, insieme alle risorse finanziarie, possono fornire un contributo ancora più importante per le imprese italiane nell’attuale congiuntura”.

Profilo medio dell’investimento nel corso del 2019

Tipologia d’operazione

Buy out

Quota acquisita

77%

Deal origination

Family & Private

Regione

Lombardia

Settore

Prodotti per l’industria

Volume dei ricavi (Mln €)

35,6

Enterprise Value (Mln €)

74,6

EV/EBITDA

9,1x

Fonte: Osservatorio Private Equity Monitor – PEM della LIUC Business School.

2008-2019: L’evoluzione dell’attività d’investimento

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Fonte: Osservatorio Private Equity Monitor – PEM della LIUC Business School 

L’Osservatorio Private Equity Monitor – PEM della LIUC Business School pone in essere la sua attività di ricerca grazie al contributo di EOS Investment Management, EY, Fondo Italiano di Investimento SGR, McDermott Will & Emery Studio Legale Associato e Value Italy SGR ed è presieduto da Anna Gervasoni e coordinato da Francesco Bollazzi. L’Osservatorio da oltre quindici anni effettua un monitoraggio costante dell’attività di investimento in private equity.