La reflazione traina i rendimenti dell’obbligazionario

Forsaken Fotos, Flickr, Creative Commons
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Dallo scorso settembre i rendimenti obbligazionari sono tornati a salire per una serie di fattori congiunti come la vittoria di Trump alle elezioni americane, un atteggiamento più restrittivo delle banche centrali e l’accelerazione della crescita a livello globale. Nei primi mesi del 2017, gli investitori obbligazionari hanno beneficiato di rendimenti core tra stabili e in calo, di un buon carry e spread di credito più bassi. Nel contesto attuale, nonostante il miglioramento della crescita, i tassi di interesse sono ancora bassi e finora i rendimenti obbligazionari non sono negativi.

Chris Iggo, chief investment officer obbligazionario di AXA Investment Managers, analizza le dinamiche del mercato obbligazionario a livello globale. A febbraio, il rendimento complessivo della maggior parte dei settori obbligazionari è risultato molto buono. I tassi hanno smesso di salire e in molti casi hanno scambiato su valori inferiori a quelli di fine 2016, mentre il credito ha potuto contare sul carry e su un certo restringimento degli spread.

L’esperto spiega che ¨scommettere sulla reflazione ha pagato finora nel 2017, anche se sul fronte politico non è accaduto ancora molto¨. Il prossimo rialzo dei tassi da parte della Fed avverrà a fronte di un’economia solida negli Stati Uniti, e questo sarà un fattore positivo per gli utili aziendali. I più ottimisti credono che l’Amministrazione Trump introdurrà una riforma fiscale, tagliando le aliquote delle imposte personali e per le imprese, e che ci sarà un forte aumento della spesa per la difesa e le infrastrutture. I più scettici si interrogano sulle tempistiche di applicazione di tali politiche e sulla loro portata, considerato che il Congresso repubblicano potrebbe pretendere che tutti i piani fiscali siano interamente finanziati.

La reflazione diventerà inflazione?

Chris Iggo spiega che ¨qualche preoccupazione potrebbe avere ragione di esistere nel momento in cui la reflazione si trasformasse in inflazione¨. Il sentiment attuale si basa sull’aspettativa che lo stimolo principale per l’attività economica passerà da un regime di politica monetaria che ha combattuto contro la deflazione per diversi anni a un sistema fiscale che potrebbe avere effetti moltiplicatori forti nel breve termine.

Considerato lo scenario economico ciclico, l’inflazione potrebbe dunque salire e le autorità monetarie dovranno gestire un cambiamento importante da una politica anti-deflazione al controllo dell’inflazione. Questo comporterà un forte rialzo dei tassi di interesse e molte economie non sono ancora pronte ad affrontarlo, soprattutto in Europa. 

L’esperto precisa che ¨per i prossimi due anni, molto dipenderà dal fatto che si sia trattato solo di un rimbalzo dell’inflazione complessiva, con l’inflazione core ancora intorno al 2%, oppure se inizierà un rialzo prolungato dell’inflazione a causa di un insieme di politiche pro-cicliche e fattori strutturali che potrebbero influire sui prezzi relativi con un aumento delle aspettative inflazionistiche a più lungo termine¨. Certamente ci sono numerose ragioni per cui le tendenze inflazionistiche a lungo termine potrebbero restare molto basse: dinamiche demografiche, automazione e l’impossibilità di fare dietrofront sulla globalizzazione.