La strada verso una Brexit “pura”

Colin Mutchler, Flickr, Creative Commons
Colin Mutchler, Flickr, Creative Commons

Martedì 17 gennaio, il Primo Ministro Theresa May ha tenuto il suo tanto atteso discorso inerente al suo approccio con la Brexit, confermando che porterà avanti una Brexit definendola “pura”. Theresa May ha quindi chiarito la posizione del Regno Unito sulla Brexit, sette mesi dopo il voto a favore del leave, dichiarando la sua intenzione di perseguire una Brexit “pura”, come era stato trapelato dalla stampa lo scorso fine settimana. Il Regno Unito non sarà un membro dell’Unione Europea, né del mercato unico, e molto probabilmente, nemmeno dell’unione doganale. Secondo il Primo Ministro, la decisione di perseguire una Brexit “pura” è logica e razionale, data l’apparente impossibilità di cercare di negoziare l’adesione al mercato unico, ma anche l’impossibilità di riprendere il controllo dell’immigrazione e della sovranità.

Mitul Patel, head of Interest Rates di Henderson, commenta, “la previsione del Tesoro, che è trapelata alla fine dello scorso anno, ha suggerito che una Brexit di questo tipo, potrebbe costare al Regno Unito il 7,5% del PIL in 15 anni; anche se un colpo di crescita è quasi impossibile da prevedere, e inoltre, ci sarà da porre attenzione ai dati inerenti all’indebolimento dell’economia. È probabile che il consumo sia più debole, dato che i salari non riescono a tenere il passo con l’inflazione, mentre gli investimenti rischiano di essere ostacolati dall’incertezza sulla natura di un periodo transitorio e l’accordo di libero scambio, che potrebbe prendere posto in seguito”.

Mark Dowding, co-head of Investment Grade Debt presso BlueBay Asset Management, rimane colpito dal deterioramento delle prospettive future. “Nel Regno unito, il flusso di notizie ha continuato a mettere in evidenza il rischio di una Brexit dura, dato che la scadenza autoimposta dal Primo Ministro Theresa May, nel promulgare l’articolo 50 entro la fine del mese di marzo, è sempre più stretta. Le attività nel Regno Unito sono state in gran parte limitate nel corso della settimana, ma certamente ci colpisce il fatto che le prospettive continuano a deteriorarsi”.

 

Uno sguardo all’Europa

Martyn Hole, Investment director di Capital Group, afferma che dopo numerosi contraccolpi, l’Europa è ancora in ritardo. “Le pressioni deflazionistiche, la crescita economica debole e i rischi politici in aumento pesano sulle prospettive dell’economia europea. I tassi d’interesse negativi penalizzano il settore bancario, mentre gli utili societari, sebbene in miglioramento, restano relativamente bassi. Nel contempo, l’incertezza politica cresce nella regione poiché il referendum nel Regno Unito, che il 23 giugno 2016 ha decretato la fuoriuscita del Paese dall’Unione Europea, e l’ascesa di Donald Trump alla presidenza USA potrebbero incoraggiare i movimenti nazionalisti anti-immigrazione”. E aggiunge l’esperto, “la stabilità dell’UE sta diventando rapidamente la nuova e più acuta minaccia per la difficile ripresa europea dopo la crisi finanziaria del 2008-09. In media, il tasso di crescita economica nell’Eurozona potrebbe essere inferiore a quello evidenziato in passato. Le precedenti aspettative che davano la crescita annualizzata sul 2-2,5% stanno lasciando il passo a previsioni più pessimistiche intorno all’1-1,5%. Una crescita così anemica rende l’Europa più vulnerabile a shock esterni, come un ulteriore rallentamento dell’economia cinese o un’eventuale recessione negli Stati Uniti”.

 

Il futuro in pound

Martin Arnold, analista di ETF Securities specializzato in valute, non si stupisce dalle affermazioni del Primo Ministro Theresa May, affermando che “il discorso del Primo Ministro è stato duro nelle promesse, ma così leggero sui dettagli che, dal punto di vista prettamente economico, c’era poco beneficio nell’ascoltarlo. La sterlina rischia di essere ben sostenuta dopo che il Primo Ministro ha dichiarato di credere in un forte futuro economico, ma in sostanza il discorso non ci ha insegnato nulla di nuovo”.

Anche Steen Jakobsen, chef economist di Saxo Bank, da un parere sul futuro della sterlina. “Se la sterlina non ha toccato il fondo a fine 2016, può farlo rapidamente nel 2017. I pericoli della Brexit sono diversi, ma il prezzo della sterlina è stato fortemente scontato dai drammatici eventi del 2016. Analizzando il calendario politico dell'UE del 2017, e il potenziale di debolezza dell'euro che ne deriva da questo, abbiamo il sospetto che la sterlina potrebbe aver già toccato il suo minimo contro l’euro. Tuttavia, rispetto al dollaro statunitense, non siamo sicuri se vedremo nuovi minimi ancor più bassi per GBP/USD a inizio anno”.