Secondo Michele Morra, portfolio manager e responsabile investimenti ESG di Moneyfarm, “nel breve periodo ci sono due principali aspetti che possono influenzare la transizione energetica: il rischio geopolitico e la politica monetaria. Per quanto riguarda il primo fattore possiamo prendere ad esempio l’impatto che il conflitto in Ucraina ha avuto sia sulla politica energetica di alcuni Paesi sia sulle azioni delle società del comparto energy che hanno sovraperformato nettamente il mercato. Queste circostanze possono influenzare le decisioni di investimento di breve termine e anche la politica monetaria. A tal proposito abbiamo visto che in un contesto caratterizzato da tassi di interesse molto elevati parecchie imprese come le utility hanno sofferto, principalmente in termini di valutazione e utile per azione: inoltre, molti fondi dedicati agli investimenti in energia pulita sono stati penalizzati”. In un’ottica di lungo periodo, prosegue l’esperto, “è invece importante monitorare l'effetto della regolamentazione che può essere diretto, come l'eliminazione graduale dei veicoli Ice, ma anche indiretto, come la Tassonomia europea che può allontanare gli investimenti privati e pubblici da determinate tecnologie. Le altre tendenze da monitorare sono gli stimoli fiscali, lo sviluppo tecnologico e la competizione geopolitica tra Cina e Stati Uniti”. Nel complesso, conclude Morra, la transizione energetica “può rappresentare un rischio per alcuni Paesi e settori e un’opportunità per altri. Ed è molto difficile cogliere il giusto trend macro e capire quali saranno la geografia, la tecnologia e le aziende vincenti. Quindi, a nostro avviso, è cruciale mantenere un alto livello di diversificazione e selezionare con attenzione i fondi in cui investire”.
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