La triplice dimensione del futuro dell’asset management

Foto: Funds People
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Il 2015 è stato un anno fondamentale per lo sviluppo della coscienza globale sul tema della sostenibilità. Sono, infatti, state poste due pietre miliari decisive: la prima è la definizione degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e la seconda è rappresentata dagli accordi di Parigi sul clima. Questi i punti di partenza di respiro globale di un cammino intrapreso dalla Commissione Europea per l’applicazione dei criteri ambientali, sociali e di governance anche all’ambito finanziario. Un percorso iniziato con il designare un gruppo interdisciplinare di esperti per arrivare alla definizione di un Action Plan in grado di fornire linee guida concrete per il raggiungimento dei target fissati dagli accordi internazionali.

“Ci sono tre fondamentali convincimenti a guidare l’azione delle autorità europee”, afferma Natalie Westerbarkey, head of EU Public Policy di Fidelity International. “Il primo è che il cambiamento climatico sia reale, il secondo è che sia per una parte consistente dovuto all’azione dell'uomo e il terzo è che il tempo per un’azione efficace su questa problematica sia in esaurimento”, spiega.  “Sono dieci i punti individuati dall’Action Plan della Commissione Europea”, prosegue, “e al centro vi è la tassonomia, che definisce il vocabolario della finanza verde sostenibile. Questa è fondamentale per l’integrazione di criteri di sostenibilità all’interno di strategie di investimento, risk management e processo di distribuzione dei prodotti finanziari”.

Il ruolo del regolatore

Il cammino è solo all’inizio, concordano i partecipanti alla tavola rotonda organizzata da Funds People sugli investimenti sostenibili, con specifico focus sulle novità regolamentari e sul ruolo che queste possono avere nella promozione di un approccio globale sempre più consistente al tema. “Certamente abbiamo bisogno dell’intervento normativo”, commenta Roberta Rudelli, responsabile del team di fund selection di Cordusio SIM, “poiché molte delle discussioni in atto riguardano il fatto che i confini dell’universo ESG non siano definiti”. “Non credo si arriverà mai a stabilire una linea di demarcazione netta tra ciò che è sostenibile e ciò che non lo è in materia finanziaria, ma una maggiore chiarezza, in particolare relativamente a quali e quante informazioni siano indispensabili rendere disponibili al cliente, è necessaria”, aggiunge.

La definizione della tassonomia è dunque un punto di partenza, che può, inoltre, contribuire a risolvere il problema delle differenze riscontrabili tra i diversi provider di metriche ESG presenti sul mercato. “Ad oggi”, prosegue Rudelli, “è possibile vedere per una stessa azione o emissione obbligazionaria rating discordanti”. Uno stato di cose che offre il fianco a fenomeni di greenwashing, oltre a generare confusione in fase di selezione dei prodotti di investimento così come di comunicazione nei confronti della clientela.

Framework ESG

Il risultato della mancanza di un framework condiviso porta tanto il lato della gestione quanto quello della selezione alla costruzione di sistemi di valutazione indipendenti ma alla ricerca di punti di contatto da sviluppare in un’ottica di network.

“Abbiamo integrato i fattori di sostenibilità nei nostri processi di investimento in ambito Multimanager”, spiega Gaia Resnati, fund selector del team Multimanager Investments & Unit Linked di Eurizon. “Ci siamo avvalsi nella fase iniziale di questo cammino di un data provider esterno, Morningstar (che fornisce i dati di Sustainalytics), ma affidarsi solo ad analisi quantitative comporta due ordini di problemi: in questo momento di rapida evoluzione del settore è importante valutare l’affidabilità e la volatilità dei dati che portano ad assegnare uno score ad un portafoglio. In generale, poi, per ogni fondo il singolo punteggio si basa sul punteggio ESG delle asset in portafoglio, non sulle scelte ex ante (in ambito ESG) del singolo Portfolio Manager, motivo per cui l’assessment di sostenibilità non viene svolto solo per prodotto, ma anche a livello di casa di gestione attraverso un  questionario inviato alle terze parti per capire le azioni concrete messe in atto in relazione all’integrazione dei principi ambientali, sociali e di governance nei processi di investimento.

In coerenza con il processo d’innovazione intrapreso da tempo, Banca Generali si posiziona tra i pionieri sul mercato nell’ambito della sostenibilità attraverso una specifica offerta caratterizzata da un nuovo approccio commerciale. “Attraverso la partnership con MainStreet Partners, operatore indipendente con solida esperienza in ambito ESG confermata da un track record superiore a 10 anni e da Asset Under Management in advisory superiori a 600 milioni di euro, siamo riusciti a sviluppare un piattaforma proprietaria in grado di certificare il livello di sostenibilità dei singoli prodotti anche in termini di esposizione ambientale, sociale e di governance e di calcolare l’impatto dell’investimento sui singoli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile individuati dalle Nazioni Unite, fornendo materialità attraverso specifiche metriche il contributo positivo”. “Grazie a questo tool, sostenuto da una infrastruttura che poggia su un’offerta ampia e diversificata per asset class, stili, processi d’investimento ESG e copertura sui singoli SDGs, siamo riusciti sia a creare un collegamento diretto e tangibile tra l’investimento e il contributo positivo che lo stesso ha in termini di sostenibilità oltre che a trovare una modalità semplice ed intuitiva per comunicarla all’investitore finale". Questo è quanto dichiara sul tema in esame Andrea Florio, head of Market Intelligence di Banca Generali, che conclude affermando come il nuovo approccio commerciale offerto da Banca Generali consenta di orientarsi nel contesto della sostenibilità con una prospettiva e una consapevolezza decisamente più ampia rispetto al solo tema ambientale su cui al momento si sta concentrando la maggiore attenzione”.

Il punto di vista degli analisti della ricerca è fornito da Luca Romano, Sustainable Investing associate di Fidelity International, che rivela come uno dei principali progetti degli ultimi mesi dell’asset manager sia stato proprio la creazione di un rating interno di sostenibilità per i comparti azionario e obbligazionario. “Uno dei fondamentali problemi che abbiamo riscontrato nell’utilizzo dei dati provenienti da provider esterni”, dichiara Romano, “è che fotografano la situazione presente eliminando la dimensione prospettica”. “Continuiamo a utilizzarli come input all’interno dei processi di investimento, ma non possono rappresentare l’unica sorgente di informazioni in merito alla sostenibilità, bensì un punto di partenza per la nostra analisi che costituisce il vero valore aggiunto che possiamo portare alle nostre controparti”.

La centralità del cliente

Le affermazioni di Rudelli, Resnati, Florio e Romano testimoniano la centralità del tema della sostenibilità all’interno del panorama finanziario italiano, con un’accelerazione, fa notare Paolo Biamino, responsabile Strategie, Third Parties & Business di Euromobiliare SGR, avvenuta proprio negli ultimi anni. “Da molto tempo il nostro management promuove un dibattito interno sulla giusta modalità con cui sviluppare la nostra offerta ESG, ma per molti anni ci siamo confrontati con un’assenza di domanda, soprattutto in ambito retail”, afferma. “Dalla metà del 2018 abbiamo avviato una riorganizzazione interna molto profonda”, continua Biamino, “che ha comportato ad una serie di decisioni strategiche prese grazie ad una attenta analisi del contesto di mercato. “Ci siamo così convinti”, conclude, “che nell’asset management sia avvenuto un fondamentale cambio di mentalità con all’origine lo sviluppo della consapevolezza che la sopravvivenza stessa del settore sia legata direttamente all’adozione di un modello di business improntato alla sostenibilità”. Il futuro che ci attende avrà come iniziali “E”, “S” e “G”.