Le performance degli investimenti socialmente responsabili

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Giorgio Fata

È diventata ormai opinione comune che gli investimenti socialmente responsabili non compromettono in alcun modo le perfomance: gli ISR riducono i rischi e la volatilità dell’investimento. Ormai la letteratura economica propone innumerevoli studi che dimostrano quanto l'investimento sostenibile e responsabile sia in grado di generare performance soddisfacenti e competitive rispetto al mercato. Senza considerare che esiste un altro grande vantaggio derivante dall’ISR: avere la possibilità di individuare le migliori opportunità di business sostenibile (e quindi redditizio) come i rischi connessi anche a fattori riconducibili a temi ambientali, sociali e di governance. 

“Essendo l’ISR il nostro core business da sempre, abbiamo sviluppato una metrica proprietaria dal connotato statistico e predittivo in grado di misurare il ‘Rischio ESG’: emerge che, per tutte le asset class e per tutti i settori e i Paesi, il rischio finanziario è strettamente connesso al rischio collegato a metriche ESG così come non sorprende appurare che gli emittenti più rischiosi siano quelli con il punteggio ESG (assegnato in base alle nostre analisi) più basso, spiega Francesca Colombo, responsabile analisi e ricerca di Etica SGR, “Se gli ISR non producessero performance Etica SGR non esisterebbe, dato che investiamo solo seguendo questi criteri”.

Secondo Wolfgang Pinner, CIO sustainable & responsible investments di Raiffeisen CM, la ragione del successo sono le maggiori informazioni e un’analisi dei rischi a un livello più alto. Le performance dipendono anche dalle classi di attivo, è più facile ottenere sovraperformance azionarie che obbligazionarie. “Gestisco fondi sostenibili da ormai sedici anni, soprattutto di azionari globali, e posso dire che ho una prova empirica che funziona. Ho sempre visto che è possibile ottenere una riduzione del rischio, meno volatilità e rendimenti più stabili”, spiega Pinner. “Inoltre noi di Raiffeisen escludiamo solo un 10% dell’universo di titoli e ci focalizziamo sull’approfondimento dettagliato”.

Dobbiamo però prendere in considerazione la tipologia di prodotto: “nel caso di prodotti che integrano i criteri ESG con l’analisi fondamentale, si punta su aziende che hanno vantaggi competitivi di lungo periodo e l’aspettativa è di poter ottenere migliori rendimenti aggiustati per il rischio nel lungo termine”, spiega Corrado Gaudenzi, responsabile long term sustainable strategies di Eurizon Capital SGR . “Con gli investimenti sostenibili non si consegna solo una performance finanziaria, ma anche una performance ambientale e sociale. Ad esempio è possibile calcolare e pubblicare l’impatto della CO2 di un portafoglio rispetto sia agli indici di mercato sia alla media della categoria”.

Sempre in termini di prodotto, quello che ha fatto Sella SGR è stato di introdurre la terza dimensione (gestione a 3D), che è l’impatto. “Ci siamo resi conto che spesso nelle nostre valutazioni ESG rientrano titoli che seguono i trend di business del momento. Le energie rinnovabili e l’efficientameto di risorse energetiche sono diventati dei trend secondo le prospettive di rendimento”, spiega Nicola Trivelli, amministratore delegato dell'Sgr. “Se certi temi non vengono risolti dalle aziende in un futuro non lontano, queste saranno tagliate fuori dal mercato. Spesso un gestore seleziona un’azienda non per criteri ESG, ma perché vuole investire su innovazione e sviluppo. Non vedo differenza su performance pura, ma vedo differenza se inserisco variabili di rischio”, fa notare Trivelli. “Un altro concetto interessante che sta entrando con la MiFID II è chiedere al cliente se sia sensibile ai temi della sostenibilità”. 

La domanda che ci rimane da fare è come misuriamo questa performance? “Personalmente non sono molto propensa a indici etici o sostenibili: l’indice deve essere quello di mercato. La domanda quindi è: siamo capaci di battere l’indice di mercato?", si interroga Isabel Reuss, senior portfolio manager Investimenti Europei SRI e membro del Conviction Strategy team di AllianzGI. “Negli ultimi 15 anni la nostra performance a lungo termine è stata positiva. La misurazione dell’impatto non è ancora possibile farla correttamente, perché non esiste la tassonomia sulla quale ci sta lavorando adesso la Commissione Europea nel suo Action Plan. Ad oggi, riusciamo a misurare solo alcuni aspetti, mentre per altri dobbiamo aspettare ancora la commissione”.