L'inflazione USA di gennaio non cambia le prospettive sulle prossime mosse della Fed

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Engin Akyurt. (Unsplash)

Un rallentamento ma minore rispetto alle aspettative. L'inflazione degli Stati Uniti a gennaio fa registrare un tasso annuale del 6,4% rispetto al consenso del 6,2% e discesa dal 6,5% di dicembre. Il dato, come precisato dal Bureau of Labor Statistics americano, ha rappresentato "l'aumento sui 12 mesi più contenuto dal periodo terminato a ottobre 2021".

Su base mensile il CPI è salito dello 0,5%, in linea con le aspettative. L’indice core (ovvero il dato che esclude energetici e alimentari) ha mostrato una crescita del 5,6% (con una previsione del mercato al 5,5%, a dicembre +5,7%). Su base mensile l’aumento dei prezzi core è stato pari allo 0,4%, stesso livello delle attese e del mese precedente.

“In particolare, ho apprezzato che la metà dell'aumento dei prezzi su base mensile provenga dai beni rifugio, una componente che rumors, dicono, rallenterà significativamente già nei prossimi mesi”, commenta Alvaro Sanmartin, chief Economist di Amchor.

Secondo l’esperto, alla luce di ciò, anche se la componente dei beni dovesse registrare una lieve ripresa, è probabile che i prezzi sottostanti continuino a moderarsi in futuro. “Ciò premesso, continuo a pensare che la Fed abbia ancora uno o due rialzi e che non cambierà prospettiva fino a quando non sarà sicura che l'inflazione stia convergendo a un ritmo ragionevole verso l'obiettivo del 2%”, prosegue Sanmartin. Pertanto, per il professionista di Amchor, l’atterraggio morbido rimane il più probabile e questo costituisce delle buone notizie per gli azionari, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti, dove c'è più spazio per un rialzo delle valutazioni.

Fed ancora falco

Spacchettando il dato sui prezzi al consumo, quello relativo ai prezzi delle case rimane la componente più difficile da mitigare, seguita da generi alimentari ed energia, commenta Jon Maier, CIO di Global X.

Inoltre l'esperto è convinto che “un aspetto importante da sottolineare è quello della recente revisione annuale del CPI. Il Bureau of Labor Statistics ha pubblicato la sua revisione annuale dei prezzi al consumo ridistribuendo l'inflazione nel corso dell'anno. Queste revisioni rendono difficile fare ipotesi sul futuro, poiché cambiano di colpo la narrazione. In ogni caso, è chiaro che un'inflazione più persistente dovrebbe indurre la Fed a un atteggiamento da falco”.

John Lloyd, Multi-Sector Credit strategies & Portfolio manager di Janus Henderson Investors è persuaso che, se il tasso di diminuzione dell'inflazione rimane invariato, con queste revisioni ci vorrà più tempo per raggiungere l'obiettivo della Federal Reserve del 2% di inflazione. “Ciò avvalora la tesi di un aumento dei tassi della Federal Reserve per un periodo di tempo più lungo. Questi dati non dovrebbero modificare in modo sostanziale l'ipotesi della Federal Reserve di almeno altri due aumenti dei tassi di 25 punti il base, attualmente prezzati nel mercato dei forward”, prosegue.

Anche Eric Winograd, Senior VP e director DM Economic Research di AllianceBernstein è d’accordo con questa previsione che vuole la Fed nella rotta di rialzo dei tassi a marzo, e, sulla base delle informazioni disponibili, per maggio un rialzo sembra più probabile che non.

“Ritenevo che il rialzo di marzo sarebbe stato l'ultimo, con un tasso di policy del 4,75%-5,0% sufficiente a contenere l'inflazione. Tuttavia, da quando la Fed ha segnalato un ritmo più lento di rialzi alla fine dello scorso anno, le condizioni finanziarie si sono notevolmente allentate”, aggiunge il professionista.    

Come sottolineato da Winograd, sulla scia dei solidi dati sui salari all'inizio del mese, il mercato ha riformulato le aspettative della Fed in modo ragionevole, con una spinta del tasso finale oltre il 5% (che incorpora un rialzo dei tassi a maggio), "ritardando la data del primo taglio e riducendo l'entità dell'allentamento previsto finora per quest'anno".

In conclusione, secondo il professionista di AllianceBernstein, l'aumento del tasso di inflazione negli ultimi due mesi non significa che si debba rinunciare all'idea di disinflazione, "resto fiducioso che l'inflazione continuerà a scendere nel corso dell'anno. Ma significa che dovremo essere pazienti”.