Il Bureau of Labor Statistics ha reso noto che, nel mese di giugno, l’indice dei prezzi al consumo ha evidenziato negli Stati Uniti un incremento, su base annuale, del 3% e, su base mensile, un calo dello 0,1 per cento.
L'attesa dei dati macroeconomici è finita. Di uno in particolare, quello relativo all'inflazione statunitense. Il Bureau of Labor Statistics ha reso noto che, nel mese di giugno, l’indice dei prezzi al consumo ha evidenziato negli Stati Uniti un incremento, su base annuale, del 3% e, su base mensile, un calo dello 0,1 per cento. "Sono dati sorprendenti visto che le attese erano fissate per un +3,1% a/a e un +0,1% m/m. Anche il dato più interessante ovvero quello core (esclusi energetici e alimentari) ha segnato un +3,3% su base annuale e un +0,1% su base mensile (previsioni +3,4% a/a, +0,2% m/m)", spiega Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.
Questi sono dati incoraggianti tanto per gli investitori quanto per la Fed. Nel primo caso "si tratta di un motivo di sollievo, dal momento che il dato Supercore era molto elevato all'inizio dell'anno. Mancando meno di tre settimane alla prossima riunione della Federal Reserve, il mercato sta attualmente valutando le possibilità che la Federal Reserve salti la riunione ed effettuerà il suo primo taglio a settembre. Secondo il mercato, le probabilità di un taglio in quella riunione sono ora vicine al 100 per cento", sottolinea John Kerschner, head of US Securitised Products e portfolio manager di Janus Henderson. Ma soprattutto, secondo l'analisi dell'esperto, il mercato si aspetta ora tre tagli entro la fine di gennaio 2025.
Come si diceva prima, buone notizie anche per la Fed. Jerome Powell "sta valutando quando avviare il programma di riduzione dei tassi dai massimi di 23 anni del 5,25-5,5%, un processo che, secondo i mercati, potrebbe iniziare già a settembre", dice Richard Flax, Chief Investment officer di Moneyfarm e dunque in occasione del meeting fissato in agenda per il 17-18 settembre.
Nel frattempo, i mercati sono alla ricerca di nuovi fattori catalizzatori, "ma lo scenario di soft landing e l'inizio del ciclo di allentamento nei Paesi occidentali sembrano già pienamente prezzati. Con i servizi che continuano a spingere l'inflazione ben al di sopra dell'obiettivo e l'accresciuta incertezza politica, è improbabile che la scintilla arrivi da un improvviso e significativo ciclo di tagli dei tassi", sottolinea Morgane Delledonne, head of Investment Strategy Europa di Global X.
Secondo l'esperta, piuttosto, le banche centrali potrebbero essere più lente del previsto nel fornire stimoli, dato che le imminenti elezioni hanno un esito incerto sulle politiche fiscali, che potrebbero avere un impatto sostanziale sulle prospettive di inflazione e crescita. "Nel frattempo, i progressi tecnologici, in particolare l'intelligenza artificiale, hanno il potenziale per continuare a favorire l'aumento della produttività e dell'efficienza in vari settori", ammette.
La reazione dei mercati
Come spiega Diodovich, "la reazione su azionario è stata contrastata dopo forti rialzi iniziali all’uscita del dato si è tornati ai livelli pre-uscita delle cifre macro. I movimenti più significativi sono stati nel valutario con le forti vendite sul dollaro. La coppia valutaria EUR/USD è salita di 50 pips quasi a toccare il limite di 1,09 e quella GBP/USD è passata da 1,2870 a 1,2930", dice. Inoltre, a detta dell'esperto, il movimento più rilevante è stato quello del dollaro/yen sceso di quasi 2 punti percentuali passando da 161,50 a 158,45 "sulla scia delle operazioni di vendita di grandi fondi che avevano tante posizioni long aperte sul cambio", conclude.