Lo scambio automatico di informazioni previsto dall’OCSE avverrà tra il 2017 e il 2018

lego
foto: autor cemre, Flickr, creative commons

Oltre alle banche svizzere, anche quelle di Monaco, del Liechtenstein si trovano a chiedere ai clienti italiani di dimostrare la loro regolarità fiscale dal punto di vista delle somme depositate e degli investimenti che detengono. Intanto si avvicina la data del 30 settembre, il termine della finestra per l’adesione alla procedura di collaborazione volontaria. Ma una proroga, già richiesta dalle associazioni di categoria, pare scontata dal momento che, finora, la voluntary disclosure ha ricevuto scarse adesioni e gli stessi chiarimenti sulla procedura sono arrivati tardi. Il presunto nuovo termine dovrebbe posticipare la scadenza di 6 mesi, al 31 marzo 2016. È tempo quindi di esibire il quadro RW o la documentazione che attesti l’avvenuta regolarizzazione.

Questo prevedono i quattro disegni di legge (c’è anche il Vaticano) contenenti la ratifica degli accordi fiscali firmati dall’Italia con i tre paesi. È arrivata infatti l’approvazione dal consiglio dei ministri e adesso i testi dovranno passare il vaglio del parlamento. La medesima cosa avverrà negli stati partner e, una volta che sarà notificato il completamento dell’iter legislativo, gli accordi diventeranno efficaci. Poi, in attesa che lo scambio automatico di informazioni previsto dal Common reporting standard dell’OCSE diventi pratica (questo avverrà tra il 2017 e il 2018), l’Italia potrà iniziare a trasmettere istanze di scambio di informazioni su richiesta. Le domande potranno trasmettere situazioni che si sono verificate dalla data di firma dell’accordo fiscale, vale a dire 23 febbraio 2015 per la Svizzera, 26 febbraio 2015 per il Liechtenstein e 2 marzo 2015 per il Principato di Monaco.

La faccenda è diversa per il Vaticano con cui l’accordo è stato siglato lo scorso 1° aprile 2015. In questo caso, lo scambio di informazioni è sugli anni di imposta dal 2009 in avanti con una procedura su misura di regolarizzazione fino all’anno di imposta 2013. Come indicato dal Commentario del 2012 all’articolo 26 del modello OCSE, le istanze potranno interessare le azioni di quei clienti italiani che cercano di evadere i propri obblighi fiscali a partire dalla data della firma degli accordi. Ma le regole OCSE fissano dei precisi limiti oltrepassati i quali l’istanza di gruppo si trasforma in una ‘fishing expedition’, espressamente vietata tanto dall’organizzazione con sede a Parigi quanto dai protocolli fiscali siglati dall’Italia. Sta di fatto che lo scambio automatico, bilaterale o multilaterale, richiederà comunque nuovi negoziati e ulteriori accordi giuridici.

Parallelamente alla ratifica delle intese firmate nel 2015, l'Italia si è impegnata a portare avanti altri tavoli di lavoro con i tre paesi partner volti a fare disciplina su questioni tributarie di lunga data. Soprattutto per quanto riguarda la Svizzera: si dovranno definire i nuovi meccanismi impositivi sui frontalieri (fondato sul principio della reciprocità), la tassazione dei residenti di Campione d'Italia e, in futuro, il tema del libero accesso al mercato italiano da parte degli intermediari finanziari elvetici.

Cosa prevedono i DDL
In base alla convenzione stipulata tra Italia-Svizzera le misure emanate prevedono che siano evitati casi di doppia imposizione fiscale per i contribuenti italiani che detengono capitali in Svizzera e che decidono di farli ‘emergere’. Lo stesso ddl regola anche altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio. Il secondo e il terzo DDL relativi all’accordo tra Italia e Principato di Monaco e all’accordo tra Italia e Liechtnestein regolano soprattutto lo scambio di informazioni in materia fiscale; l’accordo con il Principato di Monaco disciplina anche i casi di doppia residenza fiscale, quelli di doppia imposizione e l’applicazione del credito d’imposta, disciplinata secondo le regole consuete che l’Italia applica nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Il quarto DDL riguarda i rapporti fiscali tra Italia e Santa Sede.

Cosa è l’opzione ’waiver svizzero’
I contribuenti che intendono accedere alla procedura di voluntary disclosure possono usare, in alternativa al modello italiano, anche il modello waiver svizzero, predisposto dall’Agenzia delle Entrate insieme all’Associazione Bancaria Ticinese, con l’Associazione Svizzera dei Banchieri. Il modello waiver (che tecnicamente rappresenta la rinuncia volontaria a una delle condizioni contrattuali) dà più dettagli sull’identificazione della relazione bancaria rispetto alla quale il nuovo modello svizzero è stato uniformato al modello italiano. Nelle istruzioni per la compilazione viene precisato anche che nel modello waiver svizzero dovranno essere comunicati anche i rapporti di conto corrente collegati al pagamento dei canoni per le cassette di sicurezza. La presentazione del waiver dà diritto alla riduzione delle sanzioni della metà del minimo edittale, in caso di violazione di obblighi dichiarativi, anche nel caso in cui mantenga o trasferisca i propri capitali presso un istituto di credito al di fuori dell’Italia o dell’UE; in caso di presentazione del waiver non si applica il raddoppio dei termini, nei casi in cui si lascino i capitali in Svizzera, Liechtnestein o Monaco o siano trasferiti in Italia.