Luca Riboldi (Banor SIM): “Otteniamo performance dalla forte creazione di alfa”

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Ad oggi, due dei fattori che caratterizzano i mercati sono il rally azionario e la bassa volatilità. In questo contesto vediamo avvicinarsi sempre più la fine delle politiche monetarie ultra espansive delle banche centrali, nonché la crescente incertezza geopolitica globale. Ad affrontare i temi di investimento e i principali rischi sui mercati nel 2017 è Banor SIM, una delle maggiori realtà italiane indipendenti, specializzata nella gestione del capitale e nella consulenza su grandi patrimoni. Massimiliano Cagliero, fondatore e amministratore delegato della società, spiega come una filosofia di investimento da sempre ispirata ai principi value, con approccio bottom-up, e basata su un’analisi settoriale a livello globale, sia orientata ad individuare il valore inespresso delle società, e comprendere quindi a fondo i driver che determinano l’andamento dei mercati.

Con più di 120 collaboratori tra Italia e Regno Unito, la società punta ad un ulteriore crescita sia lato private che asset management. Da inizio anno infatti, in termini di masse, la SIM ha fatto registrare una crescita del 30% circa, grazie all’acquisizione di nuovi clienti istituzionali. Il raggiungimento degli obiettivi di Cagliero e del suo team passa anche dalle soluzioni che racchiudono le strategie alternative long/short di Banor, volte all’ottenimento della performance generata dalla fortissima creazione di alfa, una delle caratteristiche principali dell’asset manager.

“Fin dalla nascita, il nostro investimento principale è sempre stato sulla ricerca. A differenza delle aziende industriali, che investono in ricerca e sviluppo, macchinari innovativi, impianti, ecc., noi investiamo sulle persone, in analisi, nelle capacità di capire quali sono i driver settoriali. La nostra tipicità è quella appunto di avere un approccio settoriale globale”, spiega Luca Riboldi, responsabile investimenti di Banor SIM. Il team di ricerca della società è quindi l’elemento di forza, centro nevralgico di generazione di idee di investimento, composto da analisti quasi tutti certificati CFA, dove ognuno segue da uno a cinque settori. “Abbiamo sempre dato un taglio alla ricerca settoriale. Per esempio, se un analista segue il settore energy, lo fa su scala globale. Già da qualche anno ormai, avere un approccio per country, o su area geografica, non ha alcun senso. Una volta che si ha il quadro globale di un settore, l’analista deve capire le dinamiche fondamentali del segmento. Bisogna venire a conoscenza di qualsiasi avvenimento in qualsiasi angolo del globo. Seguiamo sempre i leader mondiali del settore”, afferma il manager.

Riboldi si sofferma sul fatto che risulta fondamentale capire chi sono i global mader di ogni settore, soprattutto in un mondo dove non ci sono più barriere all’entrata, dove tutti fanno tutto, e dove vi sono colossi che entrano in maniera forte nei vari segmenti di mercato, diventandone dominatori con la loro forza finanziaria. Al netto di ciò, l’obiettivo finale del team di Riboldi è quello di andare ad investire in quelle aziende vincenti, e posizionarsi short in quelle che risultano maggiormente in difficoltà.

Long e short

Entrando nel dettaglio, Riboldi spiega a Funds People quali sono le caratteristiche di investimento delle strategie alternative long/short dell’asset manager, dove sulla componente long vengono considerati due fattori: in primis, si considerano le aziende posizionate in maniera tale che saranno vincenti in futuro, quindi titoli che hanno trend futuri ben posizionati su nuovi mercati ad alta crescita, o che hanno buone possibilità di guadagnare quote grazie ad una buona innovazione di prodotto. In secondo luogo, si considerano aziende sottovalutate. Per questa tipologia di aziende, il manager ci illustra l’esempio del settore dei media in Italia, caratterizzato da grandi società che hanno perso, negli ultimi dieci anni, entrate in pubblicità del 70% circa, e che oggi, secondo Riboldi, presentano delle valutazioni estremamente basse. L’opportunità diventa tale nel caso in cui queste aziende dovessero riuscire a trovare qualche nicchia di crescita, dove circostanze quali ristrutturazioni, potrebbero essere interessanti dal punto di vista delle valutazioni.

“A differenza della componente long, dove manteniamo le posizioni anche per dieci anni, quella short è molto più opportunistica. Cerchiamo di posizionarci allo scoperto in società che hanno utili molto elevati in settori senza barriere all’entrata o, al contrario, in business ormai in fase calante. Bisogna capire quali sono i settori che possono essere degli ostacoli a lungo termine. “Shortiamo” quindi società che vanno in vento contrario, oppure quelle che hanno dei broken business model, o aziende che sono ultra sopravalutate. Cerchiamo di capire dove le aspettative sono andate oltre, e dove basta poco per avere un forte calo delle società in Borsa”, spiega il manager.

Il posizionamento

Per quanto concerne il posizionamento settoriale, Riboldi fornisce un quadro generale delle posizioni short e long di Banor. “Molti degli short degli ultimi 12 mesi sono stati nel settore retail, su società che erano chiaramente esposte all’arrivo dell’e-commerce e prezzavano utili elevati. Altre posizioni allo scoperto sono state assunte nei global industrial particolarmente cari, soprattutto in America e in Italia, in qualche asset manager italiano, che pensiamo siano sopravvalutati e che non prezzano il rischio dell’arrivo di MiFID II, in qualche tema specifico nel settore della raffinazione nordeuropeo, e infine in qualche tecnologico, perché in alcune circostanze vediamo delle esagerazioni nel segmento”, spiega il manager.

Nella componente long invece, il team di investimento si è focalizzato nell’acquisizione di titoli di finanziari europei e americani, alcuni titoli telecom, titoli ad alto dividendo sostenibile nel comparto delle utilities, ma anche qualche retail domestico e real estate europeo, soprattutto nel Sud Europa. “Da qualche giorno, stiamo ricominciando a rientrare nell’energy, perché riteniamo che l’attuale calo del prezzo del petrolio sia ingiustificato”, conclude Riboldi.