Markovitz +1, l’equilibrio necessario per investire oggi

Foto: Giorgio Fata
Foto: Giorgio Fata

“Abbiamo tutti studiato i principi di Markovitz relativi al rapporto rischio-rendimento. Oggi probabilmente siamo di fronte ad una evoluzione per cui risulta necessario aggiungere ai primi due criteri quello della liquidità, applicando il tutto ad ogni asset class”. “Come si crea liquidità?”, si chiede Giorgio Pieralli, head of Illiquid Assets di Zurich Italia. “Con attenzione ad ogni singolo oggetto di investimento nel caso dell’immobiliare: opportuna dimensione, localizzazione, analisi del mercato di riferimento. Per quanto riguarda il private equity con la minimizzazione dell'effetto J Curve”, spiega, prendendo ad esempio due dei comparti individuati da Zurich come investibili in ottica di ricerca di rendimento e diversificazione nei veicoli assicurativi.

Tre dimensioni

“Oggi abbiamo la fortuna di essere in un mercato in crescita e la compensazione delle richieste di riscatto con quelle di nuove sottoscrizione è semplice ed automatica”, prosegue Pieralli”, ma ci sono momenti di stress dei mercati per cui è d’obbligo essere preparati a fronte degli impegni che prendiamo con i sottoscrittori”. Ecco che le tre dimensioni di rischio, rendimento e liquidità devono necessariamente combinarsi in un momento in cui la ricerca di rendimento connessa a ritorni sul mercato obbligazionario tradizionale ridotti al minimo spinge a guardare ad asset alternativi. “È chiaro che la combinazione di asset liquidi e illiquidi deve essere fatta a livello di compagnia, valutando l’equilibrio più congruo rispetto alle necessità di flussi di uscita derivanti da riscatti”, afferma Marco Romani, head of Investment Advisory di CNP Partners. “Questo è un aspetto centrale che abbiamo già implementato a livello di casa madre e che stiamo riportando e adattando nei singoli Paesi in cui siamo presenti”, aggiunge. “La strategia che ci ha portare ad abbandonare l’esposizione a BTP per concentrarci sul debito privato è in corso già da quasi due anni”, rivela Dario Lanticina, chief investment officer di Amissima. “Un’allocazione implementata via gestore specializzato”, specifica, “con la compagnia che mette in campo un grande lavoro di governance intesa come documentazione, dimostrazione di conoscenza profonda dell’investimento in atto, operations, elaborazione di grandi quantità di dati e rapporto diretto e la condivisione di informazioni l’autorità garante”.

Mandati di gestione

“Per le compagnie assicurative, la selezione di un partner e l’eventuale delega di gestione sui propri asset è una scelta sensibile, e con un forte impatto sulle strutture interne”, analizza Stefano Colombo, responsabile Business Istituzionale di Legg Mason, “e per questo assisteremo, a nostro avviso, ad una polarizzazione verso gestori specializzati, in grado di fornire sia la soluzione d’investimento che il supporto necessario alla sua implementazione”. “La delega di gestione potrà poi riguardare sia la parte liquida, in particolare per quelle asset class che richiedono competenze specifiche, che quella illiquida del portafoglio. La scelta del veicolo dipenderà poi dalle esigenze delle diverse compagnie, ma le principali soluzioni prevederanno l’utilizzo di mandati di gestione o fondi dedicati”, specifica. “Quello che è possibile delegare”, puntualizza sul tema Lanticina, “è la gestione finanziaria ma non la gestione del rischio”. “Il tema dell’organizzazione e delle risorse non si abbatte, dunque, ma rimane. Solvency II e le nuove regole contabili che entreranno in vigore nel 2022 impongono investimenti in organizzazione e governance che saranno da qui ai prossimi anni fondamentali”, conclude.