Markowitz + Asimmetria + Curtosi = Progressi nell’assegnazione degli asset

Nel 1952 Harry Markowitz rivoluzionò il settore della finanza con un articolo sulla composizione dei portafogli sul Journal of Finance. L’autore, che successivamente vinse il Premio Nobel, proponeva che i portafogli non dovessero essere una mera aggregazione di valori selezionati individualmente, ma il risultato di una combinazione di asset che proporzionassero  il maggior rendimento possibile per un determinato livello di rischio. Nacquero così la frontiera efficiente e la teoria moderna della gestione dei portafogli. Per costruire un portafoglio efficiente, gli ingredienti necessari sono i ritorni previsti (proiezione dei rendimenti medi storici), le deviazioni tipiche e le correlazioni tra i differenti asset che compongono il portafoglio.  Dalla combinazione tra la media e la varianza nasce il suo acronimo inglese MVO, o Mean Variance Optimization.

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Thomas Idzorek, responsabile delle Ricerche Metodologiche e dell’Analisi Economica di Morningstar, ha speso tutta una vita ricercando  l’assegnazione degli asset e in una recente conferenza europea della compagnia ad Amsterdam ha voluto ripassare i progressi che sono stati realizzati dalla rivoluzione di Markowitz nel 1952. Le critiche al modello sono varie, così come le alternative proposte.  Il modello di Black Litterman era focalizzato sul fatto che nelle combinazioni di asset ottenute poteva esserci poca diversificazione, per cui proponeva di incorporare livelli di fiducia “personalizzati”. Proposte come la parità del rischio o la assegnazione fattoriale di asset cercano di capovolgere la costruzione dei portafogli, partendo più dal rischio che dal rendimento previsto.  Altre critiche partono dal fatto che la MVO non prende in considerazione gli obblighi ai quali potrebbe dover far fronte l’investitore, come nel caso delle assicurazioni o dei fondi pensionistici, per i quali il vero rischio è proprio non poter affrontare questi obblighi. Per la tendenza “Nessun portafoglio è un’isola”, il problema è che la MVO contempla solo gli asset finanziari e, nella sua visione, se ogni investitore prendesse in considerazione, per esempio, il suo capitale umano o le sue circostanze vitali, dovrebbe orientarsi verso portafogli diversi da quelli che risultano dalla semplice ottimizzazione tra la media dei rendimenti degli asset, la loro dispersione e la loro correlazione.

Markowitz 2.0

Bisogna inoltre prendere in considerazione tutto quello che si potrebbe racchiudere nella definizione di Markowitz 2.0, e che,  in buona sostanza, si basa sul fatto che il problema più importante della MVO è che i rendimenti delle classi di asset non hanno una distribuzione normale. In questo campo c’è un po’ di tutto, dalla ricorrenza, ai frattali di Mandelbrot, all’idea che in realtà la distribuzione dei rendimenti nel lungo periodo segue fondamentalmente la regola di Pareto, con eventi minori che occorrono molte volte ed eventi estremi che solo si verificano ogni tanto. Tenendo in conto che la distribuzione normale assegna una probabilità infima ad eventi estremi che, empiricamente, succedono dieci volte di più di quello che prevede la curva di Bell, Idzorek e il suo team si sono focalizzati sulla possibilità di disegnare modelli con rendimenti la cui distribuzione non è normale. Così, in un articolo pubblicato nel 2011 sul Financial Analysts Journal, insieme a James X. Xiong –“The impact of Skewness and Fat Tails on the Asset Allocation Decision”- si risaltava l’importanza dell’asimmetria della curva e della sua curtosi, o la misura della forma della sua distribuzione ( una maggior curtosi significa una maggior concentrazione di dati vicino alla media). 

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Di fatto, la distribuzione di molti asset si inclina di più verso sinistra (risultati negativi) della media prevista dei rendimenti. Inoltre, è leptocurtica, o con code più grandi delle distribuzioni normali, per cui gli eventi estremi hanno più spazio. Nel loro studio del 2011,  Idzorek y Xiong hanno modellizzato i rendimenti non normali di molteplici classi di asset (usando una distribuzione multivariata troncata di Lévy) e li hanno incorporati ad una ottimizzazione utilizzando un VaR condizionale. In una serie di ottimizzazioni controllate, scoprirono che sia l’asimmetria sia la curtosi influenzano la ottimizzazione con il VaR condizionale e portano a composizioni di portafogli con assegnazioni di asset differenti da quelli risultanti dalla MVO tradizionale. Allo stesso tempo, hanno potuto confermare che questo tipo di ottimizzazione con VaR condizionale avrebbe potuto essere utile durante la crisi finanziaria del 2008.

Facendo un ulteriore passo, Idzorek e Xiong, insieme al professor Ibbotson, si sono concentrati ad analizzare l’impatto che avrebbe prevedere l’asimmetria nell’assegnazione degli asset. Il risultato dei loro sforzi è uno studio di marzo del 2015, “Forecasting Tail Risk and the Asset Allocation Decision” (Morningstar Investment Management – Working Paper), nel quale cercano di prevedere l’asimmetria della distribuzione dei rendimenti. L’asimmetria prevista sarebbe il risultato della somma tra la asimmetria passata e la sua accelerazione (asimmetria di dodici mesi – asimmetria di sei mesi); il rendimento a dodici mesi; il cambiamento nella deviazione standard e la deviazione standard. Secondo Idzorek, “i portafogli che si costruiscono quando si usa l’asimmetria prevista sono più redditizi con meno rischio, ed hanno una ratio di Sharpe più elevata. Ci siamo resi conto che il fattore più importante è l’accelerazione dell’asimmetria. Per il momento, lo studio si è focalizzato sul mercato azionario statunitense, ma continueremo a studiare come funziona con altre classi di asset”. La soluzione non è perfetta, perché non è possibile evitare i draw downs, però è importante continuare a cercare alternative alla MVO.