Massimo Scolari (Ascosim), la finanza 2.0 ai tempi di MiFID II

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La finanza sta attraversando un periodo di sviluppo tecnologico e digitale da diversi anni. Si parla di fintech, finanza e tecnologia, un nuovo mondo in cui la digitalizzazione diventa il canale per accedere ai servizi finanziari. I robo-advisor sono dei software, che sulla base di algoritmi complessi, erogano il servizio di consulenza finanziaria. Massimo Scolari, presidente di Ascosim, precisa che ci sono due modi di vedere il robo-advisor: il primo come elemento di standardizzazione e digitalizzazione del servizio di consulenza.  “Non c’è il tradizionale consulente finanziario fisico, ma il cliente s’iscrive al sito internet e la profilazione viene fatta senza alcun intervento umano”. Il secondo elemento invece è la robotizzazione del servizio. “Lo sviluppo di modelli o processi che portano alla creazione in automatico del portafoglio”.

Tuttavia, MiFID II non parla di queste innovazioni nello specifico. La direttiva, sebbene possa sembrare recente, è stata pensata nel 2011 (la MiFID Review) e quindi ha già sette anni di vita. Al tempo i robo-advisor non esistevano ancora e la normativa non da nessuna specifica sui nuovi canali digitali. “Se pensiamo solo alla fase di profilazione del cliente, in una banca c’è tutta una liturgia per cercare di capire le esigenze della persona che ci sta davanti, mentre per quanto riguarda il robo-advisor, il cliente in prima persona con dei semplici click sul mouse crea il proprio profilo”. L’obiettivo deve essere sempre quello descritto dalla MiFID II: conoscere il cliente. “Già il fatto di conoscere il tuo cliente mi da a pensare che è più una cosa che può fare l’essere umano rispetto a un robot”, precisa Scolari. 

Il successo delle soluzioni multicanale deriva dal fatto che possono elargire il servizio anche a quel tipo di clientela con patrimoni più piccoli a un costo più accessibile. Il robot advisor sfrutta le economie di scala fornendo il servizio a condizioni più vantaggiose, primo perché non c’è di mezzo il costo umano, secondo perché prediligono strumenti finanziari più economici, come gli strumenti passivi. “Il cliente però non ha bisogno solo di un vantaggio sui costi, ma anche di una personalizzazione del portafoglio, secondo l’adeguato profilo di rischio” commenta il presidente di Ascosim.

Lo scopo di MiFID II è di diffondere maggiore cultura finanziaria a tutti i risparmiatori. Ciò che il consulente deve fare, è coinvolgere il cliente e capire assieme a lui gli obiettivi che si prefigge. Secondo Scolari, i motivi per cui in Italia l’educazione finanziaria è così bassa sono fondamentalmente due: il primo riguarda lo sviluppo dell’industria finanziaria negli ultimi trent’anni e il secondo riguarda il linguaggio utilizzato. “Gli investitori italiani non sono stati abituati ad essere formati, da un lato perché lo Stato ha sempre promosso le soluzioni obbligazionarie governative (BOT, BTP) dall’altro le banche hanno sempre fatto attività di collocamento prodotti”. In secondo luogo “la finanza ha sempre utilizzato un linguaggio molto specifico, tecnico e specialistica”. E’ come un medico che parla con un paziente e si esprime con una terminologia professionale.

C’è la necessità quindi che anche il mondo finanziario faccia un passo indietro e trovi il modo di tradurre i concetti tecnici in qualcosa che la gente estranea al settore possa capire più facilmente. “Io sono molto ottimista sul futuro dei servizi digitali, e sono convinto che fra cinque-dieci anni, le cose saranno molto diverse”, conclude Scolari.