La seconda parte della tavola rotonda HANetf targata FundsPeople, con primari esponenti della fund selection italiana, è un confronto sull'approccio all'investimento nei mercati emergenti.
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La seconda parte della tavola rotonda HANetf targata FundsPeople, con primari esponenti della fund selection italiana, è un confronto sull'approccio all'investimento nei mercati emergenti.
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Buona parte dei mercati emergenti sono difficili da approcciare per un investitore, poiché sono caratterizzati da regole e dinamiche diverse tra loro e rispetto ai mercati sviluppati.
Quali sono gli strumenti e le strategie da preferire per avere esposizione a questi mercati?
La seconda parte della tavola rotonda di HANetf targata FundsPeople è un confronto sui diversi approcci agli investimenti nei mercati emergenti.
I commenti sono relativi al contesto del 10 novembre 2022.
“Investire nei mercati emergenti è difficile perché le transazioni e le normative sono in genere diverse e più costose rispetto ai mercati sviluppati”, osserva Gabriele Montalbetti, gestore multimanager di Consultinvest SGR . “Utilizziamo sia fondi attivi sia passivi e non propendiamo per una strategia o per l’altra, ma le utilizziamo in maniera complementare. Quello che risulta ancora difficile è trovare esposizioni che non siano molto concentrate oppure che possano tracciare alcuni trend specifici come la crescita della classe media in Cina e in altri grandi mercati emergenti, che riteniamo sarà rilevante per i prossimi dieci anni. Mancano strategie indirizzate in modo specifico a questo tipo di tendenze”, prosegue l’esperto “benché esistano fondi apparentemente dedicati, ma che non svolgono un buon lavoro. In generale, in termini di fondi adesso c'è uno scenario molto ampio di opportunità, con prodotti specializzati per singolo Paese, regionali o globali. Penso che l'approccio migliore per un operatore medio-piccolo in Italia sia l'uso di fondi comuni di investimento”.
1/4“Tendenzialmente sono d'accordo con Montalbetti. Il nostro approccio coniuga la ricerca dell’alpha tramite fondi attivi con la gestione del beta selezionando anche investimenti più esposti a specifiche tematiche, come in passato può essere stato ad esempio la crescita della classe media e dei suoi consumi in Cina”. Commenta Daniel Squindo, head of Fund of Funds and Advisory Multimanger Division di BCC Risparmio e Previdenza “Tuttavia, rispetto ai mercati sviluppati, è più complicato adottare un approccio puramente tematico sui mercati emergenti. Inoltre, bisogna essere consapevoli che un approccio tematico porta inesorabilmente ad avere un sovrappeso all’area asiatica, dove si trovano la maggior parte delle società dove l’azionista di maggioranza non è lo stato sovrano” ammonisce Squindo. “In questo tipo di società infatti si trovano le maggiori opportunità di crescita, e non invece nelle enormi società statali come Petrobras o Pemex, che però rappresentano una consistente porzione dell’indice azionario dei mercati emergenti tradizionale. Per raggiungere l’obiettivo di avere un’esposizione focalizzata su queste dinamiche di crescita è dunque necessario mettere in conto di avere un alto tracking error rispetto all’indice tradizionale”.
2/4“Le differenze tra i diversi Paesi emergenti non sono solo economiche ma anche di mercato: dimensione e profondità del mercato sono elementi importanti quanto il grado di partecipazione degli investitori istituzionali, la liquidità degli scambi e i costi di transazione” esordisce Andrea Daffara, portfolio manager di Sella SGR. “Con un approccio selettivo e improntato alla gestione dei rischi finanziari ed ESG si possono minimizzare i rischi idiosincratici sfruttando le diverse correlazioni a livello di area geografica, gestire dinamicamente il portafoglio modulando l’esposizione sia domestica sia internazionale con precise scelte di market cap o di listino, e sviluppare temi di investimento legati alla crescita e alla sostenibilità. Per questo motivo preferiamo affidarci a gestori attivi, con comprovati requisiti di esperienza e conoscenza dei mercati locali del credito e dell’equity. Privilegiamo un approccio all’investimento orientato alla qualità dell’emittente e dell’emissione e al rafforzamento del profilo di sostenibilità" prosegue l'esperto, "scopi che richiedono spesso un forte presidio locale sul territorio e professionisti dedicati all’engagement con i top manager delle società”. Daffara osserva inoltre che tale approccio porta a sovrappesare nell’ambito dell’azionario emergente strategie globali ESG, che concentrano il proprio interesse sulle società che cercano in modo proattivo di gestire correttamente i fattori sociali e ambientali per generare ritorni sostenibili nel tempo. “Lasciamo piena discrezionalità al gestore che ha così la possibilità di sfruttare lo stock picking: pertanto, i portafogli tendono a essere concentrati, con 50-100 titoli per fondo, con un tracking error abbastanza elevato. Integriamo la selezione di fondi attivi con soluzioni passive quando vogliamo aggiungere enfasi su una singola area geografica o su uno specifico stile di gestione. Questo permette di aumentare la decorrelazione di portafoglio: lo abbiamo fatto in passato sia sul lato azionario con un’esposizione sui frontier markets ai tempi della guerra commerciale di Trump sia sul lato obbligazionario con investimenti in bond cinesi e indiani”. Secondo il manager, la decorrelazione viene ricercata sfruttando, in particolare, la complementarietà tra Paesi. “Si pensi, per esempio, alle due principali economie asiatiche, India e Cina, molto diverse tra loro per sistema politico, demografia, stadio di sviluppo, tasso di crescita, livello di redditi e consumi. Se il mercato cinese è entrato ormai in una fase di maturità, riteniamo che il potenziale dell’India sia ancora da sviluppare, non solo in ambito industriale ma anche sul fronte tecnologico e dei consumi grazie alla sfida della digitalizzazione. L’India può, infatti, contare non solo su un vastissimo mercato del lavoro a basso costo, indispensabile per affermarsi come hub manifatturiero globale, ma anche di elevato capitale umano dato che il Paese è il principale esportatore di servizi IT. Trainata da una crescita progressiva dei redditi, ancora molto bassi, l’India potrà gradualmente sviluppare i propri consumi di beni e servizi: è un trend strutturale, che abbraccia tutti i settori, da healthcare e consumi di base fino all’automotive e ai servizi finanziari, e che parte da tassi di penetrazione ancora molto bassi”.
3/4Kevin Carter, fondatore e CEO di EMQQ Global, società che grazie a HANetf ha quotato sulle principali Borse Europee l’EMQQ Emerging Markets Internet & Ecommerce UCITS ETF fa notare come “Nella parola "emergente" è implicito un qualche tipo di crescita. Il problema è che l'indice MSCI non la registra. Un terzo dell'indice, infatti, è composto da aziende statali inefficienti, con conflitti di interessi e governance aziendale non molto buona. Sono stato in Brasile qualche mese fa, e la Petrobras, l'azienda petrolifera di stato brasiliana, è stata saccheggiata sistematicamente per anni da circa un terzo dei parlamentari del Congresso e forse anche da due o tre degli ultimi Presidenti. Ecco perché l’indice è inadeguato. In questi Paesi ci sono miliardi di persone che stanno migliorando la loro condizione e che vogliono sempre più beni, dal cibo, al vestiario o gli elettrodomestici” prosegue Carter “Ma non solo: film, vacanze, auto e molto altro. Se si ha intenzione di investire nei mercati emergenti, è su questo che ci si deve concentrare. Nei prossimi 15 anni ci sarà moltissima crescita, perché questi miliardi di nuovi consumatori stanno ottenendo ciò che nei Paesi sviluppati abbiamo già da molto tempo”. Carter osserva che in questo momento una serie di megatrend stanno attraversando il pianeta. “Il primo è che tutti vogliono più cose. La seconda cosa si chiama computer, non il desktop a cui siamo stati abituati, ma in questi Paesi è attraverso un semplice smartphone Android da 100 dollari che internet sta raggiungendo per la prima volta miliardi di nuovi consumatori, che non hanno l'infrastruttura di consumo che noi diamo per scontata, ossia, non hanno conti bancari con carte di debito, televisione via cavo, ma nemmeno grandi magazzini in cui andare. Queste persone fanno incredibili balzi in avanti e sono anche più digitali di noi. Il risultato è quello che sono abbastanza sicuro di poter definire il settore a più alta crescita che il mondo abbia mai visto in termini di società per azioni e relativi ricavi. Le società dei mercati emergenti che compongono il portafoglio EMQQ crescono di oltre il 35% all'anno da più di dieci anni. La maggior parte di questa crescita è avvenuta in Cina. Alibaba e Tencent hanno digitalizzato tutte le forme di consumo. Si possono definire aziende tech, ma in realtà hanno digitalizzato il commercio, il settore sanitario, l'intrattenimento e perfino il denaro. Quest’ultima è importante in quanto rende possibile l’accesso all'e-commerce e si sta per verificare una terza ondata di Internet, creata proprio dai mercati emergenti al di fuori della Cina in quanto gli altri 45 Paesi insieme hanno cinque miliardi e mezzo di abitanti, contro l’1,3 miliardi cinesi”. Carter suggerisce un altro aspetto da prendere in considerazione, ovvero che molte realtà che nascono in Paesi emergenti hanno imprenditori locali che hanno studiato ad Harvard, Stanford o Oxford e che nel loro curriculum hanno posizioni passate presso Apple, Google o Microsoft. “Costruito il giusto bagaglio e rientrati nella terra natia hanno ricevuto investimenti da Berkshire Hathaway, da US Venture Partners. Molte aziende che vantano una simile storia, però, non sono incluse nell’indice MSCI. MercadoLibre, l'Amazon dell'America del Sud, è una delle 17 società del Sud America che includiamo nel nostro indice EMQQ. È stata fondata da due alunni di Stanford che venivano da Buenos Aires, e finanziata da un investitore statunitense, eppure non si trova nell'indice MSCI. Stessa storia per Nubank, la banca online più grande al mondo, con sede in Brasile, finanziata da Berkshire Hathaway. Nubank e MercadoLibre stanno inglobando i servizi finanziari esistenti, eppure non sono nell'indice MSCI, fermo a petrolio e banche tradizionali. Penso che quello che serva sia un approccio tematico” prosegue il manager, convinto che il consumo digitale nei mercati emergenti sia il futuro “ci sono ecosistemi in tutti questi Paesi, da Bogotá al Pakistan, con imprenditori e fondi di investimento. Esiste un circolo virtuoso per cui ogni MercadoLibre crea 100 o 1000 nuovi investitori e nuove startup. Ci sono anche venti contrari nel mondo, e sicuramente ci saranno rallentamenti. Ma la realtà dell'e-commerce e dell'Internet nel mondo in via di sviluppo è solo agli inizi. L’India inoltre” osserva Carter “rappresenta il principale beneficiario della terza ondata di internet ed è piuttosto interessante: è l'economia più grande al mondo, e raggiungerà la maggior concentrazione di popolazione al mondo entro la fine del prossimo anno. Ha la popolazione più giovane in assoluto, hanno più appartenenti alla Generazione Z di Stati Uniti e Cina messi insieme. Se si considera tutta l'Asia meridionale, inclusi il Pakistan a ovest e il Bangladesh a est, si hanno quasi 2 miliardi di persone e 850 milioni di giovani che parlano inglese e conoscono la tecnologia. Questi due Paesi ai lati dell'India sono il quinto e il nono Paese per dimensioni al mondo e sono in gran movimento” conclude l’esperto.
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