Mercati emergenti, rischi e opportunità a macchia di leopardo

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Molti rischi, ma anche tante opportunità nei mercati emergenti, che si trovano ad affrontare un ambiente sempre più stimolante. Visto il contesto macroeconomico in continua evoluzione, la regola, per gli investitori, è di procedere con cautela. Considerato, infatti, il contesto di mercato globale di rendimenti bassi o negativi, il suggerimento è quello di essere selettivi nei mercati emergenti, anziché respingere le opportunità che si presentano in termini di qualità e rendimento del credito su queste piazze. Questo il consiglio di Loredana La Pace, country head di Goldman Sachs Asset Management (GSAM) per l'Italia, che ritiene che gli investitori devono essere consci di dover agire con cautela. “La crescita è stata deludente e l'interrelazione tra prezzi del petrolio (volatili ma ancora bassi) e dollaro US (volatile ma ancora alto) ha avuto il suo effetto sia sulle valute dei mercati emergenti che sul credito, tuttavia – spiega La Pace - il prevalente consenso al ribasso ci porta a pensare che un trend più positivo per le valutazioni possa ancora verificarsi”. 

Le forze che interessano i mercati emergenti possono in definitiva rivelarsi una manna. In particolare, la Fed ha evidenziato che la recente forza del dollaro statunitense e il relativo impatto sull'inflazione e la crescita siano fattori che potrebbero posticipare l’aumento dei tassi. “Il che sta aiutando ad allontanare e potenzialmente a limitare il tanto temuto ciclo di politica economica restrittiva. Inoltre - prosegue l'esperta - le ondate di quantitative easing hanno ridotto i rendimenti in molti settori del reddito fisso e anche dopo il sell-off di inizio maggio, ampie fasce di mercati dei tassi si attestano su rendimenti negativi”. Secondo il country head di GSAM per l'Italia “la ricerca di rendimento positivo continuerà probabilmente a motivare gli investitori istituzionali, in particolare i gestori di fondi nei comparti previdenziale e assicurativo”.

Quali sono le prospettive sui mercati emergenti?
Nei primi mesi del 2015, i mercati emergenti hanno già messo in scena un drammatico viaggio di andata e ritorno. Una serie di catalizzatori, dalla volatilità dei prezzi del petrolio agli sviluppi politici in Brasile e Russia, hanno causato picchi di spread sul debito sovrano e corporate, solo a fine di aprile tornati ai livelli di gennaio. Gli spread sovrani sull’indice benchmark external debt di JP Morgan (EMBI GD), hanno iniziato l'anno a 358 bp sui titoli del Tesoro USA e sono balzati a 399 bp a febbraio, prima di scendere vertiginosamente a 327 bp a inizio maggio. Gli spread societari sull’indice CEMBI BD di JP Morgan sono saliti dai 395 bp al di sopra dei Treasury di gennaio ai 438 bp il mese successivo, e sono tornati a 354 bp a inizio maggio. I rendimenti locali hanno viaggiato in direzione opposta, cominciando l’anno al 6,5% sull’indice benchmark GBI-EM GD prima di scendere sotto il 5,9% e poi risalendo ai livelli di inizio anno, in linea con il sell-off dei tassi nei mercati sviluppati.

All'interno di questo contesto, come si sono comportate le valute locali?
L'eccezione rispetto a tutto questo saliscendi sono le valute dei mercati emergenti, che hanno continuato a indebolirsi, lasciando l’indice benchmark ELMI ben al di sotto dei livelli osservati durante la crisi finanziaria globale. Tuttavia, questa performance aggregata nasconde una forte divergenza nelle singole valute, con il rublo che è rimbalzato di circa il 18% da inizio anno, mentre la lira turca ha perso oltre il 12%.

Di contro, come sono andati il dollaro e l'euro e quali sono le attese per i prossimi mesi? 
Il rally del 20% registrato dal dollaro americano da inizio anno fino a marzo 2015 è stato a scapito delle valute dei mercati emergenti, e un vento contrario per il debito locale dei mercati emergenti. In quanto tale, la forza del dollaro è tra i top driver di mercato nel nostro radar quest'anno. Due fattori mitigano le nostre preoccupazioni circa l'impatto della forza del dollaro. In primo luogo, la forza del dollaro ha perso spinta da inizio anno e la nostra aspettativa a breve termine è per i guadagni più modesti. In secondo luogo, alcune valute si sono dimostrate meno vulnerabili di altre. Inoltre, alcune valute dei mercati emergenti hanno ottenuto risultati migliori rispetto all'euro, che è stato uno strumento interessante per ottenere un'esposizione volta a migliorare la crescita in Europa senza la pressione al ribasso del quantitative easing della Banca Centrale Europea.

Quali sono i fattori di rischio che potrebbero incidere nella realizzazione dei rendimenti?
Noi vediamo tre fattori chiave per la dispersione nei rendimenti sui mercati emergenti: prezzi del petrolio, quadro geopolitico e rallentamento della Cina. In particolare, i prezzi del petrolio sono in cima alla nostra lista di fattori chiave di mercato per il debito dei mercati emergenti, e per una buona ragione. Analizzando l’andamento del debito degli EM dalla fine del 2014 all’inizio del 2015 si può vedere come questo sia stato fortemente influenzato dagli sviluppi nel mercato delle materie prime. In particolare, tendenzialmente gli spread si sono allargati quando i prezzi del petrolio sono scesi, mentre sono scesi nelle fasi rialziste del mercato petrolifero. Abbiamo notato, inoltre, una forte tendenza tra gli investitori nel prediligere gli importatori di petrolio nei mercati emergenti e nell’evitare gli esportatori di petrolio, che costituiscono una parte sostanziale dell’indice benchmark sull’external debt. Mentre crediamo che quest'anno ci sia potenziale per un'ulteriore volatilità dei prezzi del petrolio, osserviamo driver positivi nel breve termine a seguito della stabilizzazione e del rimbalzo dei prezzi del petrolio nei due mesi passati. Mentre si è molto parlato dell’impatto dannoso del calo dei prezzi del petrolio su Brasile e Malesia, i Paesi e le regioni che invece ne beneficiano (come l'India e i Caraibi) non hanno visto un miglioramento proporzionale nelle valutazioni. Questa asimmetria crea mancanza di omogeneità e, come sempre, opportunità.

Passando invece ad analizzare il quadro geopolitico, potrebbe indicarci alcuni Paesi da tenere sott'occhio?
L'anno scorso, il tema chiave geopolitico nei mercati emergenti è stato la serie di elezioni nei Paesi rappresentati in modo sostanziale negli indici dei mercati emergenti. I risultati del voto perdureranno anche nel corso di quest'anno. Inoltre diversi importanti Paesi dei mercati emergenti andranno alle urne nel 2015. Dopo le elezioni del 2014, per esempio, il Brasile ha introdotto un consiglio dell’economia conservatore sotto il ministro delle Finanze Joaquim Levy, alzando le aspettative per una disciplina più restrittiva sul credito tra le banche del settore pubblico. La Banca Centrale del paese ha aumentato i tassi di 600 bp complessivi dall'inizio del ciclo di politica restrittiva. La Banca Centrale Brasiliana sembra destinata a continuare su questa strada al fine di guidare nuovamente l'inflazione verso il punto medio del target range (2,5-6,5%) entro la fine del 2016.
Passando invece all'India, qui il premier indiano Narendra Modi è stato eletto l'anno scorso per migliorare la produttività e il contesto per gli investimenti. Detto questo, pensiamo che il mercato stia probabilmente sovrastimando la capacità della Reserve Bank of India di tagliare ulteriormente i tassi. E ancora, analizzando la Turchia, i mercati stanno replicando da vicino gli sviluppi relativi alle elezioni turche per l'Assemblea Generale di giugno. La performance decisiva del partito AKP può determinare quanto potere l'ex primo ministro Recep Tayyip Erdogan è in grado di consolidare nel suo nuovo ruolo di Presidente. Ci sono anche preoccupazioni sull’eventualità di una coalizione nel caso in cui l’AKP non raggiungesse una maggioranza. La critica di Erdogan alla politica monetaria della Banca centrale - il Presidente ritiene che i tassi debbano scendere ulteriormente per stimolare la crescita - ha inoltre sollevato delle questioni tra gli investitori circa l'indipendenza della stessa banca.

Nell'ultimo periodo, il rallentamento della Cina sta diventando sempre più evidente, quali sono i rischi e le opportunità di questo Paese?
La più grande discrepanza tra le preoccupazioni degli investitori e le nostre è la priorità relativamente bassa degli sviluppi in Cina. Al contrario, stiamo monitorando attentamente le sfide economiche e le risposte politiche della Cina come potenziali detrattori di performance dei mercati locali e non. Rimaniamo cauti sulle prospettive macroeconomiche per la Cina, e in particolare sulla traiettoria di crescita del Paese. I dati recenti, dagli scambi commerciali alle vendite al dettaglio ai nuovi finanziamenti, hanno sorpreso al ribasso. Inoltre, l’indicatore di inflazione del paese (PPI) è stato negativo per 38 mesi consecutivi, a causa della domanda contenuta e delle continue pressioni disinflazionistiche. In risposta al rallentamento, le autorità cinesi hanno usato un ampio arsenale per stimolare l'economia, da una maggiore spesa pubblica - compresi i progetti infrastrutturali - al reserve requirement ratio (RRR), ai tagli dei tassi d’interesse Se da una parte crediamo che questi passi possano fornire una boccata d'ossigeno all'economia nel breve termine, resta da vedere se riusciranno a invertire la più ampia tendenza di rallentamento della crescita del PIL. Inoltre, pensiamo che una più lenta traiettoria di crescita della Cina abbia implicazioni per quelle economie con modelli di business costruiti sulla domanda cinese, e che i dati sul PIL abbiano deluso in parte del Sud-Est Asiatico negli ultimi anni.