Mergoni (Banor Capital): “Brexit? Non è presto per pensarci”

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Unione Europea e Gran Bretagna hanno raggiunto un accordo di massima sul ‘periodo di transizione’ in cui, al termine del negoziato sulla Brexit fissato entro il 29 marzo 2019, tutto resterà com'è ora fino al 31 dicembre 2020, ovvero per quasi altri due anni. Si allunga così il tempo per discutere dei futuri rapporti economici e commerciali fra Londra e l'Europa. Sebbene la strada sia ancora lunga, “non è presto per pensare a Brexit, anzi per qualcuno comincia ad essere tardi”, spiega Giacomo Mergoni, CEO di Banor Capital Ltd, “soprattutto per chi non ha preso delle misure preventive e non sta reagendo in nessun modo”. Il manager confessa che la sua società ha cominciato a prepararsi già da tempo, quando quasi senza volerlo è stata acquisita una licenza europea in Lussemburgo. “Oggi la stiamo espandendo con attività di private equity e real estate, oltre che con gestioni di fondi liquidi, quindi abbiamo un paracadute nel caso estremo di risultati negativi dei negoziati su Brexit”.

Lo scenario più probabile
L’auspicio di Mergoni è quello di non aver bisogno di dover passare da una licenza europea per poter continuare ad operare. “Lo scenario medio, quello più probabile, è che l’UE e il Regno unito trovino un accordo intorno al concetto dell’equivalenza”, spiega il manager. Già Philip Hammond ha proposto all’Europa di non considerarsi solamente equivalenti, il che vorrebbe dire di chiedere al Regno Unito di digerire passivamente ogni decisione presa a Bruxelles per quanto riguarda i servizi finanziari. “Hammond propone di andare oltre questo concetto dell’equivalenza e considerarsi mutualmente riconosciuti, quindi equivalenti da un punto di vista regolamentare. Una sorta di assegno in bianco reciproco”, afferma il CEO. Inizialmente si pensava che Bruxelles, ferma sul no ai passaporti finanziari, fosse orientata almeno all'equivalenza: con essa, d'altronde, l'UE si troverebbe in una posizione di forza, in quanto l'equivalenza può essere ritirata anche con breve preavviso, e anche perché in questo caso il Regno Unito sarebbe comunque costretto a osservare le regole, senza avere voce in capitolo.

Nel frattempo i negoziati continuano ma il “punto è che i tempi sono brevi e quindi nel dubbio, attività pesantemente regolate come la nostra, avranno bisogno di avere certezza e molte si stanno muovendo chiedendo licenze nell’Europa continentale. Penso che ci troveremo comunque a continuare ad operare e ad avere accesso al mercato europeo da Londra, ma sarà più complicato e più costoso di prima”, conclude Mergoni.