MiFID II e il destino delle retrocessioni

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La MiFID ha limitato notevolmente la facoltà delle aziende di ricevere o pagare incentivi con l’obiettivo di rendere il servizio più equo possibile. Ci sono però delle condizioni in cui le retrocessioni sono ancora ammissibili, ma queste devono essere adeguatamente specificate. In questi casi deve migliorare la qualità del servizio prestato. “Già la Direttiva di secondo livello della MiFID I (n. 2006/73/CE) dettava precise indicazioni al riguardo e già in tale sede l’accrescimento della qualità del servizio costituiva una delle condizioni necessarie per l’ammissibilità degli incentivi”, ricorda l’avvocato Grippo. Secondo la direttiva di secondo livello della MiFID (n. 2017/593 UE) gli incentivi sono giustificati: se la prestazione di un servizio aggiuntivo o di livello superiore per il relativo cliente è proporzionale al livello di incentivi ricevuti, se non offrono vantaggi diretti all'impresa beneficiaria, ai suoi azionisti o dipendenti senza beneficio tangibile per il cliente interessato e se giustificate dalla garanzia di un beneficio continuativo per il cliente interessato.

La normativa di secondo livello quindi cerca di entrare nello specifico. E’ però indubbio che sarà necessario creare dei processi che, non facciano solo presumere l’aumento di valore dei servizi offerti agli investitori ma che anche effettivamente lo facciano vedere, anche se non è ancora ben definito come”, spiega l’avvocato Ferrari. “Rimangono poi sempre utilizzabili gli strumenti interpretativi offerti da Assogestioni in tema di inducement”. Le case prodotto, piano piano, si stanno allineando con questa normativa, cercando di definire un quadro di coerenza con alla base il concetto di responsabilità da parte degli organi di controllo. Ciò viene fatto attraverso la definizione delle azioni di controllo sui comportamenti e una struttura di compliance sulle norme da seguire. Tutte regole già anticipate da MiFID I: “Sicuramente la più chiara individuazione delle condizioni di ammissibilità degli incentivi rappresenterà un aiuto per gli intermediari, ma la nuova normativa non costituirà in Italia una rivoluzione copernicana”, commenta l’avvocato Grippo.

Secondo l’avvocato De Andrade ciò che ci si aspetta è “uno sviluppo di funzionalità supplementari per il miglioramento del livello di servizio offerto (valutazione periodica dell’adeguatezza, consulenza sull’allocazione ottimale del portafoglio), maggior ampiezza e diversificazione della gamma prodotti,  incremento delle informazioni da veicolare al cliente e sviluppo della multi-canalità della comunicazione.” Gli operatori che saranno avvantaggiati a tal proposito sono le società internazionali, le quali sono già abituate a gestire processi attraverso l’emanazione di policy, questo “per una questione di mentalità ed esperienza”, commenta Ferrari.

Come cambierà la ditribuzione

Le case di gestione stanno già rivedendo le loro classi di distribuzione per adeguarsi alla normativa MiFID II. “Segnalo che iniziano ad essere presenti sul mercato italiano dei prodotti che hanno già eliminato le commissioni di gestione prevedendo una remunerazione solo in caso di performance. Questi prodotti potrebbero rappresentare l’inizio di un cambiamento di filosofia nell’orizzonte italiano, come già avviene negli Stati Uniti”, nota l’avvocato Ferrari. Inoltre, le case prodotto hanno introdotto delle classi di fondi dedicate al retail, distribuite attraverso la consulenza indipendente, con commissioni di gestione ridotte, molto simili a quelle della clientela istituzionale. “Con l’inasprimento delle norme sugli incentivi, gli operatori sono invitati a rivedere i propri modelli operativi per incrementare la qualità dei servizi a fronte delle nuove regole, lo sviluppo di tecnologia di supporto allo svolgimento delle varie attività. L’investimento in innovazione potrebbero avere un ruolo determinante per gli operatori”, conclude l’avvocato De Andrade.