MiFID II, si scaldano i motori

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foto: autor Niccoló Caranti, creative commons

Sono sempre più caldi i motori della macchina che porterà all’applicazione della MiFID II nelle legislazioni nazionali. Un processo che dovrebbe portare una maggiore trasparenza nelle negoziazioni e, di conseguenza, più tutela per gli investitori retail con misure specifiche sui prodotti finanziari. O almeno si spera. Del resto, è questo l’obiettivo della nuova disciplina europea per la prestazione dei servizi di investimento che sarà recepita dagli Stati membri entro metà 2016 e applicata a decorrere da inizio 2017. Tanto che le reti distributive e le fabbriche prodotto si stanno adeguando per gestire i portafogli modello, migliorare l’informativa, adeguare i prodotti e costruire un impianto di advisory, a cominciare dalla modalità di pricing. Un impianto normativo, quello in arrivo, che inoltre definisce le caratteristiche del servizio di consulenza indipendente e affina le regole sulla valutazione di adeguatezza e gli obblighi di comunicazione alla clientela.

Si punta, dunque, a più responsabilizzazione degli intermediari, a più consapevolezza degli investitori (grazie alla disponibilità di informazioni più dettagliate e più frequenti) e a un rafforzamento dei poteri delle Autorità di vigilanza. Per la prima volta sono contenute misure specifiche in tema di prodotti finanziari. Di particolare interesse sono le disposizioni di product governance, finalizzate a ridurre il rischio che i prodotti finanziari emessi e/o collocati non siano adeguati al cliente finale. Con MiFID II sono introdotte norme esplicite in materia di governance del prodotto, differenziate in base al ruolo dell’impresa di investimento: imprese emittenti e imprese distributrici. Nel dettaglio, le società di investimento devono realizzare prodotti concepiti per rispondere alle esigenze di un target ben definito di clientela e devono adottare una strategia distributiva compatibile con il target di clientela identificato e misure ragionevoli per assicurare che lo strumento finanziario sia distribuito al target identificato.

Contestualmente, alle imprese di investimento è richiesto di garantire e dimostrare alle Autorità che il personale addetto alla prestazione dei servizi di investimento abbia competenze adeguate. Inoltre, si impone alle imprese d’investimento di non adottare disposizioni in materia di remunerazione, target di vendita o d’altro tipo che potrebbero incentivare il personale a raccomandare ai clienti al dettaglio un particolare strumento finanziario qualora la stessa impresa possa offrire uno strumento differente, più adatto alle esigenze del cliente. In scia a MiFID II e, nello specifico, ai poteri di product intervention, si inserisce, in ambito italiano, la consultazione avviata dalla Consob il 28 maggio scorso sulla distribuzione di prodotti complessi ai clienti retail. Con essa si sottopone all’esame del mercato l’ipotesi di introdurre una serie di presidi per il rafforzamento della tutela del risparmio, che comprendono anche la raccomandazione agli intermediari di astenersi dal commercializzare agli investitori retail alcune tipologie di prodotti connotati da più alta complessità e di distribuire prodotti a complessità comunque elevata solo nell’ambito di servizi di consulenza cosiddetta “evoluta”.