Nuovo rialzo dei tassi di interesse della Fed: le prime reazioni degli esperti

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Come previsto, questo mercoledì la Federal Reserve ha aumentato i tassi di interesse di 25 punti base, fino al range del 2-2,25%, il livello più alto dell’ultimo decennio. Quest’ultimo rappresenta il terzo aumento dell’anno e il mercato si aspetta un quarto in occasione del prossimo meeting di dicembre.

Per la maggior parte degli esperti del settore, il movimento arriva senza sorprendere. Il cammino della Fed nel 2018 è stato chiaro fin dall’inizio, pur con la presenza delle turbolenze in materia commerciale. Secondo Antoine Lesné, head of EMEA Strategy and Research di SPDR ETFs, il FOMC ha riconosciuto l'attuale forte momentum economico e l'aumento dell'inflazione salariale con rischi bilanciati per le prospettive e il potenziale per un ulteriore rialzo. “Tuttavia, è stato anche fatto un chiaro cenno ai rischi di downside a fine 2019 derivanti dalle ‘guerre commerciali’, tenendo sotto controllo l’attuale guidance e concedendo loro il tempo di consolidare un aumento più hawkish per il 2018, già prezzato dal mercato. Ci aspettiamo che il dollaro USA continui la sua piccola e debole tendenza, dal quale dovrebbero beneficiarne in particolare le obbligazioni in valuta locale dei mercati emergenti. I mercati continuano a prezzare altri due o tre aumenti nel 2019, con il 3% come tasso neutrale", afferma l’esperto.

Anche da Lombard Odier IM continuano a credere che la Fed darà luogo ad un ulteriore rialzo in occasione del meeting di dicembre. Tuttavia, secondo l’asset manager, l'attenzione degli investitori per quanto riguarda la politica della Banca centrale si sta spostando verso quella che è la probabilità questa vada troppo oltre nel suo ciclo di inasprimento, e dia inizio alla prossima recessione piuttosto che al timing del prossimo rialzo. “Questo è il motivo per cui, nelle ultime settimane, gli investitori sono stati così concentrati sulla forma della piattezza della curva dei rendimenti e, con la decisione odierna, è probabile che la questione rimanga tale. Tuttavia, siamo ancora lontani dal momento in cui la curva dei rendimenti registri un’inversione, un indicatore affidabile di recessione fin dagli anni '60. In primo luogo, la curva dei rendimenti potrebbe essere stata distorta, ma il QE della Fed e l'Operation Twist spingono l'estremità più lunga verso il basso. In secondo luogo, se consideriamo l'attuale livello dei tassi reali e dei leading indicator, oltre alla curva dei rendimenti, la nostra probabilità stimata di una recessione è prossima allo zero. Riteniamo che la Fed continuerà a restringere la propria politica in risposta al continuo aumento dell'inflazione sottostante. Ma è improbabile che un'inversione della curva si verifichi fino alla metà del 2019; il che significa che una recessione negli Stati Uniti è molto improbabile nei prossimi 12 mesi, salvo uno shock per l'economia statunitense”, dichiara Charles St Arnaud, senior investment strategist della società.