Nel 2022 abbiamo assistito a uno dei più rapidi e consistenti aumenti dei tassi di interesse a livello globale degli ultimi trent'anni e conseguenza immediata ne è stata il riaccendersi dell’interesse degli investitori per il comparto obbligazionario. Le incognite relative ai livelli di inflazione ai massimi e alla crescita economica, rendono però lo scenario ancora complesso e in molti si chiedono se sia davvero il momento di tornare a puntare sull’asset class storicamente preferita dagli investitori italiani. E eventualmente, quale sia l’uso più corretto da farne all’interno dei portafogli. È questo il tema che abbiamo affrontato in una tavola rotonda di confronto tra addetti ai lavori.
Obbligazionario in portafoglio, attenzione ai rischi di breve termine
“Siamo rassicurati dall'atteggiamento della Fed, che dopo l'ultimo rialzo dei tassi ha annunciato una fase di pausa di questo processo”, commenta Luca Pagni, head of Fixed income ETF & Index solutions di BNP Paribas Asset Management. “Questo aspetto ci fa pensare che prevedano non necessariamente un’immediata riduzione dell'inflazione core ma potenzialmente un rallentamento dell'economia e una riduzione del volume di prestiti da parte delle banche commerciali. Questo è molto importante per noi perché significa una riduzione del rischio di ulteriori rialzi dei tassi”. Con spread creditizi ancora attraenti, prosegue Pagni, l'investimento nel reddito fisso si conferma oggi interessante, specie sulla parte medio corta della curva: “Mentre la parte high yield potrebbe essere penalizzata da una possibile recessione, la parte investment grade rimane abbastanza isolata anche sul versante del rischio economico”
1/4Si dice d’accordo Gaia Salford, portfolio manager di Banco Posta Fondi SGR: “Ritengo che oggi le banche centrali si trovino in una fase matura della loro azione, quindi molto vicino allo stop o a una pausa della loro attività di restringimento. Attualmente il mercato sembra prezzare non solo una politica monetaria restrittiva in frenata, ma addirittura gli operatori hanno ipotizzato un cambio di atteggiamento che potrebbe portare a uno o più tagli di tassi entro fine anno”. La portfolio manager non crede che le banche centrali taglieranno i tassi entro fine anno, poiché “prevediamo un’inflazione sì in discesa, ma lentamente, soprattutto quella core, e un mercato del lavoro che risulterà ancora piuttosto resiliente. A questi livelli dei tassi, l'asset class obbligazionaria diventa piuttosto attraente, sia per una questione di ritorno generato ma anche perché in un contesto caratterizzato da una certa incertezza sul lato crescita e con un'inflazione, anche se ancora piuttosto vischiosa, in un trend discendente, le obbligazioni rappresentano un attivo interessante di copertura di alcuni rischi finanziari”. Per questi motivi la view di Banco Posta Fondi SGR sull’obbligazionario è “neutrale/positiva, con l’idea di prendere opportunisticamente esposizione all’asset class”.
2/4La view di Marco Gulisano, Fixed Income Asset Allocation per Fideuram AM SGR punta il focus sull’orizzonte temporale: “Gestendo prodotti che tendono ad avere un orizzonte di investimento relativamente ampio, tendiamo a cercare di inquadrare il ciclo economico e finanziario in ottica di medio-lungo termine. Nello specifico, riteniamo che gli episodi di stress sul settore bancario sia in USA che in Europa produrranno significativi impatti sul tool kit delle Banche Centrali”. Sia il ricorso all’espansione di bilancio, che una forward guidance troppo aggressiva, fanno ormai parte del passato secondo Gulisano: “Difficilmente verranno replicati, con effetti a cascata molto importanti sulla redditività delle asset class. A questo aggiungiamo un contesto più viscoso sul fronte inflattivo per ragioni strutturali (deglobalizzazione, transizione energetica, transizione demografica) ed il passaggio nel breve termine da un eccesso di supply a un suo deficit”. Il risultato, spiega allineandosi alle opinioni dei colleghi, sarà probabilmente un’inflazione persistente e Banche Centrali che tenderanno a non comprimere più i rendimenti a lungo termine e i premi al rischio. “Ci aspettiamo di conseguenza una maggiore volatilità sui tassi di breve termine (tornati strumento principe della politica monetaria) e minore invece sulla parte di lungo, dove i rendimenti saranno più ancorati ed i premi al rischio meno compressi rispetto al passato. Ci aspettiamo performance del mondo obbligazionario che saranno in generale meno ricche rispetto ai cicli passati. Approcciamo di conseguenza con una certa cautela l'esposizione sia al rischio di credito che al rischio di tasso, pur riconoscendo che i rischi in questa fase sono correttamente remunerati e che il reddito fisso può tornare ad essere un elemento costitutivo dei portafogli bilanciati”.
3/4“L'asset class obbligazionaria finalmente offre una redditività maggiore rispetto agli ultimi anni, quando veniva utilizzata soprattutto per mitigare il rischio”, ricorda poi Michele Morra, portfolio manager Moneyfarm. “Vanta una volatilità più bassa e correlazioni inferiori, quasi negative, con l'azionario, e permette di diversificare. Vediamo però dei rischi di breve termine a causa della divergenza sostanziale tra le aspettative delle banche centrali e il tasso prezzato dai mercati, ancora spaventati dalla crisi bancaria”. Secondo il portfolio manager, sempre nel breve termine, gli standard del credito rimangono molto stringenti, a causa della crisi bancaria ma anche per i rialzi dei tassi e del quantitative tightening: “Questo potrebbe sfavorire le obbligazioni più rischiose. Nonostante la volatilità dei prossimi mesi, con una visione di lungo termine, tale asset class potrebbe offrire un rapporto rischio rendimento molto più importante che nel recente passato”.
Conclude, prendendo nuovamente la parola, Luca Pagni di BNP Paribas AM: “Ci aspettavamo che la riduzione del quantitative easing, che sicuramente non è ancora significativa, potesse avere un impatto più negativo sul mondo del credito. Così non è stato ed è molto importante da sottolineare, perché vediamo che il mercato del credito ha la forza di andare avanti senza il supporto delle banche centrali. Questo dovrebbe tranquillizzare gli investitori, almeno sul mercato del credito europeo”.
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