Occupazione negli Stati Uniti: come potrebbe incidere sulle prossime decisioni della Fed

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Luke Michael, foto concessa (Unsplash)

Gli ultimi dati sull'occupazione negli Stati Uniti sono al centro dell’attenzione degli investitori. Questo perché possono contribuire ad anticipare le prossime mosse di politica monetaria della Fed. La rilevazione forse più importante è che l'aumento dell'offerta ha contribuito a far salire la disoccupazione al 3,7% dal 3,5% di luglio. Si tratta del livello più alto da febbraio. Scendono invece le buste paga non agricole, che misurano la creazione di nuovi posti di lavoro negli USA: ad agosto si sono attestate a 315.000 dalle 526.000 di luglio. Infine, dopo mesi di calo, l'offerta di posti di lavoro ha registrato un aumento significativo dello 0,5%, con la partecipazione al mercato del lavoro complessiva che è salita nuovamente al 62,4%, il dato più alto da marzo.

Il mercato del lavoro statunitense rallenta

Per David Page, responsabile dell'analisi macroeconomica di AXA IM, si tratta dei primi segnali consistenti di un rallentamento del mercato del lavoro, in linea con l'indebolimento dell'attività economica statunitense. Questi dati, suo avviso, daranno probabilmente all’Istituto centrale la fiducia necessaria per aumentare i tassi di 50 punti base nella riunione di settembre. Ciononostante, secondo l’esperto, “dopo diversi mesi di crescita salariale elevata, la Fed avrà bisogno di molte più prove che le pressioni salariali si stiano attenuando prima di prendere in considerazione un allentamento della politica monetaria", afferma. Secondo l'economista, finché l'inflazione rimarrà alta e i rischi per le aspettative di inflazione saranno elevati, l'autorità monetaria dovrebbe continuare a inasprire la politica. "Tuttavia, la Fed non continuerà ad aumentare i tassi, e certamente non di 75 punti base, finché l'inflazione non tornerà al 2%", afferma Page. L'esperto prevede un ulteriore rallentamento, con le buste paga non agricole che scenderanno a 100.000 unità entro la fine dell'anno. "Riteniamo che questo rallentamento consentirà alla Fed di allentare la stretta nel resto dell'anno e ci aspettiamo che il tasso sui fondi della banca centrale chiuda l'anno al 3,50%".

La decisione sarà presa in base all'IPC

Tiffany Wilding, economista per il Nord America di Pimco, e Allison Boxer, economista di Pimco, ritengono che i responsabili delle politiche della Fed saranno molto soddisfatti delle buone notizie contenute nel report sul lavoro. Tuttavia, in ultima analisi, non pensano che questi dati influenzeranno i funzionari della Fed nel discutere un aumento di 50 o 75 punti base durante la riunione del FOMC di settembre. “Continuiamo a credere che la decisione dipenderà dal prossimo rapporto sull'IPC; riteniamo, a questo punto, che le possibilità di uno dei due esiti siano circa 50/50”, osservano.

Nel frattempo, Silvia Dall'Angelo, economista senior di Federated Hermes, riconosce che il rapporto fornisce un certo sollievo sia alla Fed che ai mercati, ma non modifica le prospettive di inflazione, che rimangono preoccupanti. "Di conseguenza, la Fed continuerà ad aumentare i tassi in modo aggressivo nel breve termine e i prossimi dati sull'inflazione e sulle aspettative di inflazione determineranno probabilmente l'entità esatta del rialzo di settembre (0,5% o 0,75%)", conclude.