Tre buone ragioni per valutare l’utilizzo dei fondi passivi nel proprio portafoglio

Giovanni Folgori
immagine ceduta

Tutti ormai hanno ben presente l’ETF come strumento d’investimento.

Una vera forza trainante nel panorama dell'investimento mondiale che ha consentito a giganti del settore del risparmio gestito di superare cifre astronomiche, basti pensare a Blackrock con 6,5 triliardi di dollari americani in gestione o a Vanguard con $5 triliardi. Un successo così stupefacente può a molti sembrare strano, come può sembrare strano comprendere come una regola automatica di costruzione del portafoglio superi le performance di stuoli di analisti e gestori, forti di competenze e di risorse e dediti a tempo pieno alla ricerca delle migliori opportunità di investimento.

Ma i numeri parlano chiaro. Nel mercato azionario statunitense, ad esempio, gli ETF a gestione passiva dominano nettamente l'investimento attivo. E lo fanno proprio nell'epicentro della finanza mondiale, dove si concentrano le maggiori risorse investite nella gestione attiva.

Ormai il concetto di ETF ha fatto breccia nei portafogli sia degli investitori istituzionali, che di quelli retail i quali, anche semplicemente tramite un account di trading online, possono accedere a strumenti ultra-efficienti, gli stessi disponibili per il target istituzionale. Detto ciò è importante ricordare che esistono strumenti che, in alcuni mercati, sono ancora più efficienti degli ETF. Sembra impossibile crederlo ma si tratta dei fondi passivi non quotati in Borsa.

Colpisce subito una caratteristica di questi prodotti. Come è possibile che un aspetto positivo come la quotazione sia di fatto uno svantaggio per questo tipo di strumenti? Sono tre i motivi principali:

1) Essendo i fondi passivi destinati esclusivamente ad un pubblico istituzionale ed avendo dei minimi più alti, i costi sono spesso più bassi.Un esempio eclatante: per investire in obbligazioni dei Paesi Emergenti in hard currency si spendono 0,45% con l'ETF e 0,24% nell'equivalente fondo passivo.
2) I fondi passivi si comprano a NAV, quindi non si hanno problematiche di bid/ask (eventualmente lo sbilancio di entranti/uscenti nel fondo è moderato dall'uso di uno swing price che equalizza la situazione tra chi entra/esce dal fondo e chi semplicemente rimane)
3) Non ci sono commissioni di intermediazione da pagare.

Ovviamente non vogliamo sostenere che gli ETF siano inferiori ai fondi passivi. Gli ETF offrono, infatti, una copertura su più mercati o specializzazioni (es. settoriali, factor investing) e consentono all’investitore che lo desidera di fare market timing intraday (una pratica che noi di Euclidea però sconsigliamo, soprattutto agli investitori meno esperti in quanto è un lavoro da professionisti del settore e riservato ai desk delle banche d’ investimento).

Quindi se dovessimo giungere a una conclusione è possibile affermare che l'ETF non è l’ unica/ultima frontiera dell'efficienza in materia di investimento. In alcuni casi sono proprio i fondi passivi a consentire di massimizzare ulteriormente l’efficacia dei portafogli.