Per essere azzerate, le emissioni devono essere ridotte drasticamente nel prossimo decennio. Secondo David Riley, chief investment strategist di Bluebay Asset Management, questo richiederà un incremento notevole del prezzo del carbonio, non ancora riflesso nel pezzo di beni e servizi e nel valore degli asset. Contenuto sponsorizzato.
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CONTRIBUTO a cura di David Riley, chief investment strategist di Bluebay Asset Management. Contenuto sponsorizzato da Bluebay Asset Management.
Limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C sopra i livelli pre-industriali, quindi al livello che gli scienziati reputano necessario per evitare che il cambiamento climatico oltrepassi soglie che potrebbero avere impatti ambientali, sociali ed economici catastrofici, richiede che le emissioni totali di carbonio vengano mantenute entro il cosiddetto ‘carbon budget’ o bilancio del carbonio globale.
Se anche le emissioni venissero azzerate a partire da oggi, l’incremento delle temperature globali dal periodo pre-industriale continuerebbe a causare cambiamenti climatici di lungo termine, incluso l’aumento del livello dei mari. ‘Business as usual’ non è più un’opzione.
Le emissioni devono essere ridotte drasticamente nel prossimo decennio, per essere infine azzerate. E ciò richiederà un incremento notevole del prezzo del carbonio, che non viene ancora riflesso nel pezzo di beni e servizi e nel valore degli asset.
La deforestazione della foresta amazzonica è un esempio estremo del fallimento del mercato a livello di esternalità: vale a dire, quando il prezzo di un’attività non riflette pienamente i suoi costi e benefici. Lì la terra è effettivamente priva di valore economico fino a quando non viene disboscata per uso agricolo. Eppure è vero che il valore economico risiede nella sua funzione di serbatoio di carbonio più importante al mondo.
Il Fondo Monetario Internazionale stima che il ‘business as usual’ esaurirà il budget del carbonio per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5°C entro la fine del decennio. Persino il budget per mantenerlo entro i 2°C verrà esaurito entro il 2050.
Gli impegni per la decarbonizzazione non sono abbastanza ambiziosi
Più della metà del totale delle emissioni annuali di gas serra proviene da Cina, USA, Europa e India. Il calo delle emissioni nelle economie avanzate viene però più che annullato dagli incrementi nei Mercati Emergenti, e in particolare in Cina, India e altre economie asiatiche. Detto questo, il mondo sviluppato è ancora il principale responsabile delle emissioni cumulative di CO2 dall’era pre-industriale e delle emissioni pro-capite annuali.
Tutti i firmatari degli Accordi di Parigi del 2015 si sono impegnati alla neutralità carbonica entro la seconda metà del secolo – una svolta straordinaria. Ma i Paesi avanzati hanno più tempo e flessibilità in base alle loro esigenze di sviluppo socio-economico. L’India, per esempio, ha promesso di tagliare l’intensità di carbonio del Pil entro il 2030, invece di ridurre le emissioni. Il supporto finanziario e tecnico per le economie in via di sviluppo è essenziale affinché raggiungano target più ambiziosi e affrontino il cambiamento climatico, come da obiettivo stabilito alla recente COP26 di Glasgow.
Climate Action Tracker, società di analisi scientifica indipendente, stima che con le politiche attuali l’incremento delle temperature globali potrebbe avvicinarsi ai 3°C entro la fine del secolo. Se anche i Paesi onorassero promesse e target attuali, l’aumento sarebbe comunque di 2,4°C.
Circa tre quarti delle emissioni di gas serra sono legate all’energia, dall’elettricità, al riscaldamento, ai trasporti, mentre circa un quinto deriva dall’agricoltura.
La decarbonizzazione dell’economia globale sarà costosa e molte opzioni comportano incertezza
- La riforestazione assorbirà CO2, ma può essere fatta su una scala sufficiente?
- Le tecnologie di rimozione del carbonio sono piuttosto nuove. Possono crescere al punto da avere un impatto significativo?
- La protezione dei polmoni naturali, come la foresta amazzonica, che assorbono metà delle emissioni globali, comporta effetti economici collaterali
La tassazione sul carbonio è ancora troppo bassa
Il carbon pricing è un modo efficiente sul fronte dei costi per ridurre le emissioni, soprattutto per quanto riguarda i sistemi governativi (ETS, Emission Trading System). Alcuni Paesi potrebbero imporre dei dazi sul carbonio, con il rischio però di innescare una guerra commerciale climatica.
Tasse e mercati del carbonio si stanno diffondendo, ma il prezzo è ancora decisamente troppo basso per riallocare le risorse da attività economiche ad alta intensità verso quelle a bassa intensità, e incentivare la scala di investimenti richiesti per decarbonizzare l’economia. Le resistenze politiche, dovute all’impatto sulle bollette delle famiglie e sui costi di trasporto, imporranno costi ancora più elevati e temperature più alte nel medio termine.
Tuttavia, il Fondo Monetario Internazionale stima che il contraccolpo economico dovuto alla tassazione sul carbonio verrebbe più che compensato dai guadagni economici. Le tasse sul carbonio possono adempiere al compito gravoso di ridurre le emissioni, mentre gli investimenti green possono stimolare l’innovazione tecnologia e creeranno posti di lavoro, compensando i costi della transizione verso lo zero netto.
Affrontare il cambiamento climatico e la transizione verso un’economia a basso carbonio saranno i temi di investimento chiave del prossimo decennio e oltre. Coloro che liquidano il cambiamento climatico come una problematica di lungo periodo che va oltre il loro orizzonte di investimento non riusciranno a trarre beneficio dalle opportunità che si presenteranno, né a individuarne i rischi.
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