Anahi Machado Tironi presenta i vantaggi dei green bond per finanziare progetti con impatto ambientale e l'importanza di
investire nella decarbonizzazione e nelle nuove tecnologie. Contenuto sponsorizzato da DPAM.
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CONTRIBUTO a cura di Anahi Machado Tironi, Fixed Income fund manager, DPAM. Contenuto sponsorizzato da DPAM.
Non ci sono dubbi sul fatto che le obbligazioni verdi abbiano, secondo noi, un potenziale notevole nel finanziare progetti con un concreto impatto ambientale positivo. In questo senso essi sono stati, e continueranno ad essere una storia di successo. Dobbiamo però essere realisti e riconoscere, dati alla mano, che il livello e la quantità di investimenti necessari per finanziare la transizione verso uno scenario a emissioni zero vanno oltre la struttura di mercato passata e attuale dei green bond.
Abbiamo infatti bisogno di cinque a 10 volte più investimenti annuali rispetto alle emissioni annuali di green bond. Noi di DPAM pensiamo però che, oltre ai green bond, sia necessario, in questo frangente storico, investire anche, e soprattutto nella decarbonizzazione e nelle nuove tecnologie adottate da entità che non sono ancora pronte, ad oggi, a rientrare pienamente in un quadro di obbligazioni verdi. Ciò può essere dovuto alle dimensioni, alla capacità di bilancio o ai profili di attività.
Questa è una verità scomoda, ma vogliamo essere chiari e realisti. Attenzione però: ciò non significa investire in aziende inquinanti ma espandere l’universo d’investimento selezionabile ad emittenti che, seppur ancora non pienamente decarbonizzati, si sono posti KPI ambientali e obiettivi di decarbonizzazione chiari ma soprattutto credibili e misurabili.
Attraverso questo ampliamento dell'universo ammissibile, consentiamo da un lato di permettere agli emittenti davvero impegnati nella lotta al cambiamento climatico di finanziare i propri progetti di decarbonizzazione. Dall’altro, aumentiamo il potenziale di diversificazione del portafoglio, evitando al contempo pregiudizi ingiustificati che potrebbero ostacolarne il potenziale rendimento.
Alcuni esempi di emittenti societari
Una valutazione climatica è all’inizio e al centro del processo d’investimento della nostra strategia obbligazionaria climatica sostenibile. Gli specialisti ESG interni operano una selezione di quello che può essere considerato un universo d’investimento idoneo, studiando le specificità dei vari strumenti, permettendoci di operare in maniera consapevole riguardo alle credenziali verdi di qualsiasi investimento. Nella fase successiva i nostri analisti creditizi settoriali forniscono la loro opinione fondamentale sull’attrattiva finanziaria di un determinato titolo.
Nella fase finale, i gestori di portafoglio decidono sull'idoneità e sulla portata dell’investimento, considerando le prospettive macroeconomiche, le valutazioni, la volatilità e i vantaggi di diversificazione dello strumento. Attualmente il portafoglio del fondo conta circa 150 emittenti piuttosto ben diversificati, tra cui diversi nomi italiani. Dai tipici emittenti di green bond come l’Unione Europea, KfW, Orsted e Banco BPM, alle obbligazioni legate alla sostenibilità di Enel, aeroporti del Regno Unito e fornitori automobilistici.
Le aziende che noi consideriamo climate challengers, sono quelle al momento attive nei settori ad alte emissioni ed impegnate concretamente nella decarbonizzazione, mentre tra i promotori climatici (climate enablers) troviamo aziende come DSM o Signify, che, tramite i loro prodotti e servizi, possono consentire ad altri di decarbonizzarsi.
Come aiutare gli emittenti tramite l’attività di engagement?
Il nostro approccio adotta una valutazione climatica proprietaria per determinare le obbligazioni con etichetta ESG. Essa si basa su una metodologia che identifica le migliori pratiche di mercato e delinea obiettivi climatici basati su percorsi settoriali con fondamenti scientifici.
Quando un'obbligazione con etichetta ESG non è conforme al nostro quadro interno, DPAM si impegnerà con l'emittente per sollevare domande chiave sulle conseguenze della nostra attività di investimento. Spesso, riceviamo informazioni aggiuntive che soddisfano le nostre domande iniziali. Per noi, infatti, i principi di materialità, intenzionalità e addizionalità sono fondamentali e devono essere chiaramente definiti.
Chiariamo con due esempi concreti. Una banca britannica ha emesso un quadro di obbligazioni verdi che includeva un obiettivo meno ambizioso di quanto richiesto dai criteri di vaglio tecnico dell’UE per il trasporto pulito. In seguito alla nostra attività di engagement, l’emittente ha confermato che tutti i proventi rispetteranno i criteri di vaglio tecnico di 50gCO2/p-km per i veicoli passeggeri, dato successivamente aggiornato anche nel quadro sui green bond.
Un secondo esempio è legato all’importanza del principio di addizionalità. Dopo aver esaminato e interagito con un operatore stradale spagnolo, abbiamo deciso di astenerci dall’investire in sue obbligazioni legate alla sostenibilità. La documentazione dell’obbligazione conteneva un KPI che misura le emissioni dell’ambito tre dell’azienda per milione di km percorsi.
Sebbene questo KPI sia rilevante per l’azienda, poiché queste emissioni rappresentano il contributo maggiore alla sua impronta di carbonio, grazie alla nostra attività di engagement abbiamo determinato che il principio di addizionalità non era stato rispettato. In pratica, il denominatore del KPI probabilmente aumenterebbe a causa del maggior numero di km percorsi sulle strade di nuova costruzione, e quindi l’obiettivo di prestazione di sostenibilità potrebbe essere raggiunto ma solo per il fatto che verrebbero percorsi più km, e non perché vengano ridotte le emissioni assolute.
Le nuove emissioni incorporano obiettivi legati al clima?
Ogni volta che sul mercato appare un nuovo emittente di green bond, effettuiamo un’analisi completa del quadro normativo di tali obbligazioni e del profilo climatico dell’emittente. Sia le credenziali ecologiche, che l’idoneità finanziaria, dovrebbero essere presenti prima di investire.
All’inizio del 2024 siamo stati più attivi sul mercato primario grazie agli interessanti premi di nuova emissione offerti per tali strumenti. Tutte le operazioni menzionate sono obbligazioni verdi di emittenti che hanno già emesso nell’ambito dello stesso quadro e quindi sono già stati esaminati da una prospettiva ambientale e finanziaria.
Tuttavia, è fuor di dubbio che gli emittenti dell’area euro sono più attivi rispetto ad altre regioni: l’accettazione e la disponibilità verso gli investimenti ESG sono infatti maggiori qui che oltreoceano. Sicuramente, la concentrazione settoriale rimane una limitazione all’interno del mercato dei green bond, anche se la situazione è leggermente migliorata. Siamo lieti notare che i nuovi emittenti presenti sul mercato propongano green bond ben strutturati che integrano, ove possibile, i criteri di vaglio tecnico della tassonomia dell’UE.
É anche vero che i volumi delle emissioni di obbligazioni legate alla sostenibilità stanno purtroppo diminuendo a causa del controllo accurato di alcuni investitori sulla scia del comportamento opportunistico di un piccolo sottoinsieme di emittenti. È quindi fondamentale valutare ogni singolo tipo di strumento in base al suo livello di ambizione e di impatto sul clima senza affidarsi troppo a etichette, documentazione di marketing fantasiosa o promesse superficiali. In DPAM continuiamo a vedere i potenziali vantaggi delle obbligazioni legate alla sostenibilità e speriamo che una certa standardizzazione e una maggiore trasparenza rilancino presto questo mercato.
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